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Diritto di replica

Carissimo Direttore,
è noto che ormai da parecchi anni nel dibattito pubblico si faccia un gran parlare del dito e si trascuri completamente il satellite indicato da quel dito.
Qualche giorno fa ho letto le parole del capomafia siracusano Alessio Attanasio, che dalla apparente segregazione del 41 bis parlava sul caso Antoci (cioè un attentato a fucilate contro l'ex presidente del parco dei Nebrodi) con le parole dell'onorevole Fava, presidente della Commissione antimafia regionale, e del giornalista Attilio Bolzoni.
A me è sembrata una cosa gigantesca.
Immagino cosa sarebbe successo se un capomafia dal 41 bis avesse parlato con le parole, giusto a titolo di esempio, di Giuseppe Antoci o di Paolo Borrometi.
Ci sarebbe stato, ai loro danni, l'ennesimo linciaggio squadrista di piazza.
Invece, a parte il sottoscritto, nessuno sembra ci abbia badato. Perché fare finta di essere distratti è la più comoda giustificazione per rimanere in silenzio. Ti chiedo: come la mettiamo con questa Sicilia in cui il boss dal 41 bis plaude al presidente della Commissione regionale antimafia (lasciamo perdere le barzellette di coloro che parlano di decisioni della commissione Fava prese all'unanimità: al più parlano dell'unanimità di Fava con i suoi consulenti e collaboratori) e ad altre istituzioni ufficialmente (anzi, istituzionalmente) “Antimafia”.
La mafia che sta con l'Antimafia, con quella buona, come ho detto, sarebbe stato un ottimo spunto per Umberto Eco sul piano filosofico. Ma, su un piano intellettualmente meno elevato, è un macigno che non può essere tacitato con l'esercizio facile della distrazione.
Perché quella distrazione crea una voragine non rimarginabile nel dibattito pubblico siciliano: ci sarebbero argomenti macroscopici destinati per sortilegio (o peggio) a essere relegati al campo dell'indicibile o dell'inaffrontabile.
Io che sono un vostro assiduo lettore vorrei sapere cosa pensate voi su quel caso («Il paradosso del boss Attanasio che plaude all'Antimafia di Fava»), quale sia la riflessione tua e del tuo giornale. C'è qualcosa che vi induce a non esprimervi? Ritenete che si tratti di cosa senza importanza?
Era del tutto eccentrica la difesa della mia modestissima persona, che non vale nulla, su un articolo della testata “Italy Flash”, che vale ancor meno di me. Vi sono grato della considerazione rivolta a me, ma non sono io il caso. Il mio era il dito, la luna era altro.
Su quella luna deve calare il silenzio? Sarebbe un pessimo segnale. Il segnale che, sotto le nere lune (appunto) d'Italia di questo tempo sbandato, la Sicilia sia sprofondata nel più bieco oscurantismo, in cui i chierici, non più contenti di solo tradire, ormai bestemmiano pubblicamente. E che fra mafia e Antimafia ormai ci sia un “anti” di troppo o un “anti” in più. E che, invero, Attanasio plauda all'Anti-anti-mafia. Cosicché il corto circuito, grazie al silenzio di troppi, si sia eretto a pensiero dominante e che non può essere contestato, tanto meno contrastato.
Perché c'è, direttore, ti confesso in tutta sincerità e con affetto, un altro errore di prospettiva in quello che hai scritto pensando che la questione fosse difendere la mia insignificante persona. Io ho citato alla lettera le parole del boss Attanasio riportate dalla testata «Diario1984». Se Fava o Bolzoni (o la Procura di Caltanissetta o il quotidiano La Repubblica o la Squadra mobile di Caltanissetta o il Commissariato di Ceraolopoli) hanno qualcosa di cui risentirsi, è all'indirizzo del boss Attanasio e di «Diario1984» che devono rivolgersi.
Quanto a quell'altra testata, «Italy Flash», il cui attore protagonista è Salvatore Petrotto, davvero i commenti sono superflui, sulla testata e su Petrotto. Basta leggere quel che sono capaci di pubblicare o conoscere la storia di Petrotto. Che pure Fava e Bolzoni immagino conoscano.
Fabio Repici


Caro Avvocato,
per prima cosa ti ringraziamo per l'attenzione che dedichi al nostro giornale e per il tuo costante impegno nella ricerca della verità su stragi delitti e misteri che, purtroppo, hanno contraddistinto, e ancora oggi attanagliano, la nostra Repubblica.
Le tue riflessioni offrono sempre importanti spunti di confronto.
Condivido molto di quello che hai detto, ma non tutto.
Permettimi di dissentire su quanto dici rispetto alla difesa della tua persona, tutt'altro che eccentrica.
Qualcuno potrà dire che il sito internet che ti ha attaccato non era importante o che così facendo gli si offre più visibilità di quella che merita.
Però, vedi, la difesa alla tua persona la reputo di valore etico.
Io credo che l'Essere di una persona trova la sua essenza nella manifestazione delle idee e quando difendo qualcuno non lo faccio per la sua figura fisica, il corpo, il cuore, la mente o le gambe, il nome o il cognome che porta. Io difendo le persone nelle loro idee e nei valori etici che essi incarnano.
E la tua persona, a mio parere, così come dimostra la tua storia, incarna idee e valori di altissimo valore etico e filosofico. Valori importanti per ogni uomo. Per questo motivo ritornerei, e ritornerò se necessario, a difenderti per poi, eventualmente, aprire il dibattito sugli argomenti di discussione.
Proprio per rispondere alla tua curiosità rispetto la posizione mia e di ANTIMAFIADuemila sul caso che hai evidenziato nell'articolo "Il paradosso del boss Attanasio che plaude all'antimafia di Fava", che abbiamo riportato in calce all'articolo scritto in tua difesa, dico che già con la pubblicazione si può ricavare la risposta.
Condividiamo l'analisi su "corti circuiti" e paradossi che si stanno manifestando nel nostro Paese.
Ed è sicuramente un aspetto grave che nessuno dica nulla rispetto ad un boss mafioso, detenuto, che nelle sue propalazioni sostiene i medesimi concetti espressi dal Presidente della Commissione Parlamentare Antimafia Claudio Fava o di un giornalista storico come Attilio Bolzoni.
Lo abbiamo detto e lo ripetiamo, le parole del boss Attanasio sono notizia ed è ovvio che non possono essere trascurate in un mondo come quello odierno in cui possono bastare poche parole per isolare, delegittimare e mettere in pericolo di vita le persone.
E a nostro avviso è grave, come giustamente ha evidenziato nel primo articolo, che non vi siano state smentite, rettifiche o prese di distanze.
Rispetto alla vicenda dell'attentato subito da Giuseppe Antoci il 18 maggio 2016, noi non abbiamo dubbi che sia un attentato di tipo mafioso. Ci atteniamo, sul punto, a quanto espresso dalla Procura di Messina. Abbiamo preso atto delle considerazioni di Fava e Bolzoni nel momento in cui si ricalcano le parole della relazione della Commissione Regionale Antimafia, in cui si parla di "messinscena" e si indica l'attentato mafioso come il "meno plausibile". Considerazioni che non condividiamo.

Con la stima di sempre.
Giorgio Bongiovanni

Foto © Imagoeconomica

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