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“Temo per la mia famiglia, lo Stato indaghi”
di AMDuemila
“Sono stato seguito, pedinato da una moto e da una autovettura. Per ben due volte ho denunciato alla locale stazione dei carabinieri di Bivona e alla Prefettura di Agrigento. I due episodi uno risalente al mese di luglio e l'altro non più tardi di qualche giorno fa tutti da me debitamente segnalati e per i quali non ho avuto riscontro da parte dei carabinieri di Bivona né dal prefetto di Agrigento. Non sono sereno anzi sono preoccupato e temo per l'incolumità della mia famiglia”. A parlare è Ignazio Cutrò, testimone di giustizia e presidente della Associazione Nazionale Testimoni di Giustizia. In una nota, Cutrò ha chiesto nuovamente aiuto alle istituzioni in merito ad alcuni pedinamenti che l’imprenditore bivonese, minacciato dalla mafia, ha di recente denunciato alle autorità.
“Se pensano di intimidirmi - ha continuato il testimone di giustizia - sappiano costoro che io non lascio la mia terra e resterò a Bivona perché sono un cittadino fiero e orgoglioso della scelta di denunciare le famiglie mafiose della Bassa Quisquina e di avere promosso e sostenuto l'approvazione di leggi a favore di coloro che denunciano le mafie. Alle istituzioni chiedo semplicemente di avviare le indagini sui due episodi inquietanti da me denunciati”. “Penso sia un mio diritto essere ascoltato e rasserenato visto e considerato che, unitamente alla mia famiglia, viviamo momenti di angoscia sin da quando abbiamo appreso dai giornali del contenuto delle intercettazioni del capomafia di San Biagio Platani Giuseppe Nugara (oggi detenuto al regime del cosiddetto carcere duro)”, ha affermato. Cutrò dice di sentirsi “deluso e amareggiato perché lo Stato sembra non avere il benché minimo riguardo e interesse a proteggere i cittadini che hanno fatto il loro dovere civico”. “Capisco - ha aggiunto - che dopo avere testimoniato nei processi contro Cosa Nostra c'è chi pensa, dentro le istituzioni, che io sia un "vuoto a perdere" e forse è per questo che altri testimoni di giustizia chiedono, ancora oggi, rispetto e tutela da parte dello Stato. Penso a Pietro Ivano Nava, testimone di giustizia dell'omicidio del giudice Livatino, che in una lettera all'allora Presidente della Repubblica Cossiga scrisse di provare "delusione per la chiara inefficienza, incapacità, mancanza di professionalità e a volte goffaggine decisionale di coloro che devono tutelare e assistere un cittadino che ha fatto il suo dovere””. “Se le istituzioni non sono capaci nemmeno di sostituire la batteria dell'allarme che loro stessi hanno installato nella mia abitazione causando, per questo, innumerevoli disagi a tre famiglie che vengono continuamente svegliate e allertate, nel cuore della notte, figuriamoci se le mie denunce possano ricevere la giusta attenzione da parte degli organi competenti”, si legge nella nota. “Sarò pure un ‘signor Nessuno’ - ha concluso - ma da onesto cittadino che ha dato un contributo alla Giustizia chiedo allo Stato di avviare le indagini sui fatti da me denunciati”.

Ad Ignazio Cutrò e alla sua famiglia va tutta la solidarietà della redazione di ANTIMAFIADuemila

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