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"Nessun blocco al film"
di AMDuemila
Rai Cinema "respinge fermamente ogni accusa di censura" rivolta alla società dal regista di 'La mafia non è più quella di una volta' Franco Maresco. "Il film, contrariamente a quanto afferma l'autore, non ha subito alcun blocco né danno", precisa la società, spiegando di aver piuttosto "semplicemente esercitato la propria facoltà di esprimere dissenso rispetto a contenuti non condivisi a priori, non condivisibili e ritenuti potenzialmente offensivi, utilizzando le proprie prerogative contrattuali" e riservandosi "ogni iniziativa anche legale a tutela degli interessi della reputazione della società e dei suoi rappresentanti". "Da mesi la società, e in particolar modo i suoi dirigenti, è sottoposta a continui attacchi da parte del signor Franco Maresco - si legge in una lunga nota - autore con il quale Rai Cinema ha collaborato a lungo, partecipando alla produzione di molti dei suoi lavori. Il signor Maresco, con diverse comunicazioni scritte e verbali dal tono offensivo e velatamente minaccioso, che ci riserviamo di rendere pubbliche, lamenta discriminazioni inesistenti e sostiene di avere subìto una censura da parte di Rai Cinema. Per la realizzazione del film 'La mafia non è più quella di una volta', la società ha assicurato al regista la più ampia autonomia e libertà espressiva nell'ambito del progetto presentato e condiviso. Così come avviene per tutti i film a cui Rai Cinema partecipa". Pertanto Rai Cinema "respinge integralmente ogni accusa di censura o di limitazione della libertà di espressione. Il signor Maresco invoca a sproposito la difesa dell'articolo 21 della Costituzione italiana, ma ha uno strano concetto di libertà, che vale evidentemente solo per se stesso. Esercitare un legittimo dissenso dalle sue idee costituisce per il signor Maresco censura o violazione della libertà di espressione. In realtà è lui che non rispetta l'altrui libertà di idee, espressione, giudizio ed opinione. E' lui che non rispetta l'art. 21 nei nostri confronti mancando di rispetto alla nostra società e a chi vi lavora con grande impegno. Comprendiamo che la libertà è un bene così grande che tutti vogliono avere la propria, ma purtroppo il signor Maresco non si ferma lì ma vuole anche quella degli altri".
Rai Cinema ricostruisce poi così i fatti: "Nel luglio del 2019, Maresco ha di fatto evitato di mostrare il film ai produttori nella sua versione finale, presentandolo di sua iniziativa al festival di Venezia, nella consapevolezza, come lui stesso ha ammesso verbalmente poco dopo, che non sarebbe mai stato approvato. Si rendeva già perfettamente conto del limite superato. Al termine di un lungo e tormentato processo produttivo il film - non ancora visionato da Rai Cinema nella sua versione definitiva - è stato inviato direttamente dal regista al festival di Venezia. Quando Rai Cinema ha potuto finalmente vederne la versione presentata al festival, ha rilevato che il film era rispondente solo in parte al progetto condiviso (specificamente alla parte che coinvolgeva Letizia Battaglia) e che conteneva elementi non condivisi che seminavano dubbi e illazioni potenzialmente offensivi nei confronti della figura del Presidente della Repubblica, alludendo perfino ad un silenzio omertoso del Presidente. Tali elementi hanno indotto Rai Cinema a inibire l'utilizzo del proprio logo aziendale, senza che questo peraltro precludesse in alcun modo la presentazione del film alla Mostra del Cinema di Venezia 2019 e la sua distribuzione nelle sale". Quale censura o limitazione del diritto di manifestazione di pensiero (questo dice l'art. 21) sarebbe stata attuata nei confronti di Maresco visto che il film non è stato bloccato in alcun modo, è stato presentato liberamente al festival di Venezia, non è stato mai criticato pubblicamente da Rai Cinema, ed è stato firmato dalla società il mandato di distribuzione per consentire che il film uscisse nelle sale? La mafia non è più quella di una volta è stato distribuito nelle sale il 12 settembre scorso con un'ampia visibilità. Dunque, la libertà del regista è sempre stata rispettata. Ora semmai è il contrario: è il regista che non rispetta la libertà di Rai Cinema di condividere o meno scelte editoriali discutibili e non condivise preventivamente. Lo stesso produttore maggioritario ha compreso la posizione di Rai Cinema escludendo formalmente qualsiasi atteggiamento censorio". Rai Cinema, conclude la nota, "ha sempre lasciato ai propri autori e registi la più ampia libertà espressiva, in qualsiasi circostanza e, in particolare, rispetto allo sviluppo di progetti su temi sensibili e che incidono sulla coscienza civile, come la violenza, la prevaricazione dei diritti dei cittadini, delle donne e dell'infanzia, oltre che sulla mafia e sulla criminalità organizzata. Non ha mai temuto il pericolo di affrontare temi delicati e spinosi, e non si è mai tirata indietro di fronte alla possibilità di affrontare argomenti complessi e difficili. Lo dimostra, nei fatti, la storia della società. In oltre venti di anni di lavoro, e dopo 852 film e 490 documentari, è la prima volta che Rai Cinema si trova in questa situazione e che le vengono rivolte accuse di questo tono". In conclusione, "confermando la piena correttezza e legittimità del suo operato, Rai Cinema esprime grande rammarico per le esternazioni prive di qualsiasi fondamento del signor Franco Maresco, autore che è stato sempre sostenuto anche in passato attraverso la produzione di molti suoi lavori come Gli uomini di questa città io li conosco - Vita e teatro di Franco Scaldati, Come inguaiammo il cinema italiano - La vera storia di Franco e Ciccio, Il ritorno di Cagliostro, Io sono Tony Scott, l'attivazione de Il regista della mafia. Troviamo risibile e assurdo, dunque, accusare di censura, una società come Rai Cinema che sul tema delle mafie e della criminalità ha realizzato, negli anni, più di 60 tra film e documentari anche se Maresco, con una espressione di cattivo gusto, li ha definiti al 90% delle 'cagate mostruose'". Di qui una lunga lista di titoli, da Placido Rizzotto di Pasquale Scimeca ai Cento Passi di Marco Tullio Giordana, da Gomorra di Matteo Garrone al Traditore di Marco Bellocchio, "opere che hanno raccolto apprezzamenti e riconoscimenti a livello nazionale ed internazionale, non ultima ai recenti Nastri d'Argento, del premio Nastro della Legalità assegnato al film Aspromonte. La terra degli ultimi di Mimmo Calopresti, un riconoscimento nato proprio per sottolineare il valore di denuncia del "cinema civile".

Fonte: Ansa

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