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"Siamo qui per denunciare una censura". E’ quanto ha detto il regista Franco Maresco, nel corso della conferenza stampa che si è tenuta a Palermo (ma è stata trasmessa anche su Facebook) alla vigilia della programmazione del suo ultimo film 'La mafia non è più quella di una volta' (presentato in concorso alla Mostra del cinema di Venezia 2019, dove si è aggiudicato il Premio Speciale della Giuria, e uscito nelle sale il 12 settembre scorso) sulla piattaforma MioCinema. Il regista ha espresso la volontà di fare causa a Rai Cinema per la decisione della consociata Rai di ritirare il logo dal suo film. La Rai, però, ha detto in una nota di "respingere fermamente ogni accusa di censura" rivolta alla società e che il film "non ha subito alcun blocco né danno".
Il documentario è incentrato sull'attività dell'impresario dello spettacolo Ciccio Mira (che dichiara di nutrire "simpatia per la mafia di una volta"), alle prese con l'organizzazione di iniziative per il venticinquesimo anniversario della strage di via d'Amelio. Un racconto grottesco, in cui Mira e la sua corte di cantanti neomelodici s'inoltrano nella Palermo delle periferie e finiscono per esibirsi in una desolata piazza con un solo spettatore. "La Rai - ha detto Maresco - ha ritenuto che il mio lavoro fosse irrispettoso nei confronti del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, per un paio di stravaganti aneddoti raccontati da Mira, e nonostante due tagli che abbiamo effettuato alla vigilia della proiezione a Venezia. Del Brocco è stato più realista del re: Mattarella non ha avuto nulla da ridire sul film, che domani sera sarà proiettato in un'iniziativa dell'Anm di Trapani proprio in occasione dell'anniversario della strage di via d'Amelio" e da domani sarà visibile sulla piattaforma "MioCinema" per la rassegna "Ridere è Cosa nostra".
Il film che ruota tutta intorno alla fatica che ancora molti palermitani fanno a dichiarare la loro distanza dalla mafia e all'omertà che regna sovrana, nel dare conto ad un certo punto della sentenza del processo sulla cosiddetta 'trattativa' Stato-Mafia, sottolinea il silenzio sull'argomento del capo dello Stato. In occasione della presentazione veneziana, a chiudere la polemica arrivò anche un comunicato del consigliere per la stampa e la comunicazione del Presidente della Repubblica che sottolineava: ''Tra le cose che il Presidente della Repubblica non può fare vi è, ovviamente, quella di commentare i processi e le sentenze della Magistratura’’. Rai Cinema spiegò poi la sua decisione con il fatto che il film conteneva elementi non prospettati e non condivisi in fase progettuale.
Nel corso della conferenza stampa, Maresco ha spiegato di non comprendere la decisione che "danneggia il film". Il regista ha sottolineato che l'unica reazione al film da parte del Quirinale è stato sottolineare "che le sentenze non si commentano" ma - ha aggiunto - "nessuno ha mai detto che questo film mancava di rispetto al presidente della repubblica". "Solo il dottor Del Brocco (Paolo Del Brocco, ad di Rai Cinema, ndr) ha deciso che questo film non può passare". In ballo c'è infatti non solo il logo della Rai sulla pellicola ma anche il passaggio sulle reti Rai del film, dopo lo sfruttamento in sala e sulle piattaforme a pagamento. "Censurare questo film è cancellare 35 anni di storia del mio cinema, in cui anche con Rai Cinema ho raccontato cose ben più forti. Ma Del Brocco dov'era in quegli anni?", ha chiesto il regista. Maresco ha rivendicato il suo lavoro di regista che propone una "visione grottesca" della realtà. "Io non faccio il giornalista d'inchiesta", ha sottolineato. Il regista ha quindi chiesto alla Rai di "tornare sui suoi passi", "sennò - ha aggiunto - io non mi fermerò". Tre le azioni prospettate dall'avvocato Ingroia: "La richiesta di intervento da parte della commissione di Vigilanza Rai, che potrebbe agire anche motu proprio, o un'azione legale civile e/o penale". Il regista si è rivolto allo stesso presidente della Repubblica: "Ma mi rivolgo direttamente a Mattarella, pietra dello scandalo involontaria di questo film. Mi rivolgo a lui per chiedere alla Rai il rispetto dell'art. 21 della Costituzione di cui è garante".
Maresco ha poi deciso di inserire una coprotagonista che faccia da contraltare con la sua passione civile e politica, Letizia Battaglia, la fotografa che con i suoi scatti ha raccontato le guerre di mafia, definita dal New York Times una delle ''undici donne che hanno segnato il nostro tempo'' e sulla quale il regista ha recentemente realizzato un documentario più tradizionale. Maresco, con la sua voce fuoricampo sempre vocata al disincanto, guida lo spettatore in questo duetto tra i palermitani che non vogliono in alcun modo parlare male della mafia (non riuscendo a far dire a nessuno 'io dico no alla mafia) e la Battaglia. Dopo aver citato il silenzio di Mattarella sulla sentenza della 'trattativa', Maresco lo chiama in causa anche raccontando che Ciccio Mira vorrebbe chiedere al presidente la grazia per un suo nipote detenuto in regime di 41bis (ma l'impresario anche qui ammetterà solo di volergli chiedere un favore per una persona carissima e opporrà il silenzio sull'identità del detenuto). Per questo nel finale del film, il regista immagina che Mira organizzi allo Zen un altro evento: ''I neomelodici per Sergio Mattarella''.
Nel corso della conferenza stampa è anche intervenuto il legale di Maresco, Antonio Ingroia, che ha spiegato che “in qualsiasi altra parte del mondo, sarebbe impensabile quello che è accaduto. Ci sarebbero state delle reazioni a questo intervento tecnicamente censorio. La Rai si comporta come una madre che non vuole riconoscere il figlio".
In conclusione, la fotografa Letizia Battaglia, intervenuta durante la conferenza stampa, ha detto: “Come si fa a bloccare un artista? Questo non si può fare”. “La Rai non può bloccarti. - ha concluso la fotografa - Voi non vi immaginate gli applausi a Venezia e non si fermava mai. Quindi come facciamo a bloccare un film che ha emozionato. Questo film deve essere riconosciuto”.
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