di AMDuemila
L’ex sottosegretario alle Riforme della Regione Calabria, imputato, interrogato da Lombardo
"Il 'decreto Reggio?' La sua gestione smuoveva interessi enormi. Cifre imponenti che finivano a imprese non tutte prive da problematiche mafiose. Ecco perché Giuseppe Scopelliti volle guidare la partita in prima persona nel momento in cui si candidò alla presidenza della Regione, tanto da estromettere dalla gestione anche il sindaco pro-tempore Giuseppe Raffa perché questi si rifiutava di firmare atti e documenti che gli venivano sottoposti da consulenti del comune fedeli allo stesso Scopelliti". Il processo Gotha, in corso al Tribunale di Reggio Calabria, è ripartito dall'esame dell'ex sottosegretario alle Riforme della Regione Calabria, l'avvocato Alberto Sarra, oggi imputato perché considerato uno degli strumenti politici attraverso cui la masso-'Ndrangheta avrebbe infiltrato le Istituzioni. Rispondendo alle domande del Procuratore aggiunto della Dda, Giuseppe Lombardo, ha allontanato le accuse nei suoi riguardi, ma è tornato a puntare il dito a sua volta nei confronti dell'ex Governatore.
"La carriera di Scopelliti senza Paolo Romeo non ci sarebbe stata. Come non ci sarebbero state quelle di Umberto Pirilli, Pietro Fuda, Gianni Bilardi e Antonio Caridi" ha ribadito in aula.
E rispetto al "decreto Reggio" ha affermato che attorno ad esso si "condensavano enormi poteri". Del resto "impegnava una consistente struttura di consulenti e professionisti, un’occasione per preparare le elezioni comunali, quando fu indicato da Scopelliti come successore, e fu eletto, Demetrio Arena".
Poi ha proseguito riportando alcuni fatti su quanto avvenne in quella calda estate in cui il sindaco facente funzioni Giuseppe Raffa si trova a dover gestire una situazione particolarmente complessa. Il nodo era sempre il "decreto Reggio": "Credo che Raffa avesse tutti i requisiti, anche culturali, per essere all’altezza di gestire questa cosa. Ma gli deve essere sottratta tutta la gestione delle dinamiche sottese alla gestione del decreto Reggio. Deve rimanere a Scopelliti sia come persona fisica, sia come espressione di un certo mondo. Ci sono delle persone che vanno da Raffa e gli dicono 'firma'. E non è qualcuno di non identificabile". Questi elementi Sarra dice di averli appresi "perché sono stati chiamati tutti i consiglieri comunali per redigere una lettera che doveva essere indirizzata al presidente Raffa. Sono stati chiamati da persone dell’entourage di Scopelliti". "Si apprende - ha proseguito Sarra durante la deposizione - che la mancata partecipazione alle riunioni del Consiglio comunale e a quelle della Giunta erano da riconnettere alle problematiche afferenti la questione del decreto Reggio. Si voleva mettere Raffa in un angolo e condurlo a più miti consigli".
Secondo Sarra, però, tra Raffa e Scopelliti vi sarebbe stato un accordo di tipo politico. Il problema è esploso quando "Raffa capisce la situazione e non l’accetta più. Era di fatto una persona 'messa lì' e spogliata anche all’esterno. Del resto, Raffa non è un decisionista. È stato sempre tranquillo e non attaccato al ruolo". Alla domanda del pm sul perché Scopelliti voleva mantenere il controllo del Decreto, ha risposto: "C’erano procedure che voleva seguire fino in fondo. Il Decreto prevedeva una struttura di consulenti. Aveva una squadra e riteneva di dover dar vita alla stessa. Ma anche per un fatto di ego. Scopelliti doveva preparare le elezioni successive, dove, infatti, si candidò Demetrio Arena. Bisogna considerare che Raffa non è uomo di Scopelliti, in quanto proviene da Forza Italia. Non è di estrazione scopellitiana".
Successivamente, su domanda della presidente del collegio, Silvia Capone, ha spiegato ancor più approfonditamente quelli che potevano essere gli interessi in ballo: "C’erano interessi importanti. Non è solo una questione di pagamenti, ma di un potere gestionale enorme. Ci sono cifre importanti. Ma vi sono anche rapporti differenti, poiché i soldi venivano dati alle imprese e non tutte erano scevre da problematiche afferenti questioni antimafia". Quindi ha affermato che Scopelliti "aveva la preoccupazione di alcune situazioni e voleva quindi presidiare la cosa".
Il processo Gotha, diviso in due tronconi, è scaturito dalla riunificazione di cinque diverse inchieste (Mammasantissima, Sistema Reggio, Fata Morgana, Rhegion e Alchemia) coordinate dalla Procura distrettuale di Reggio Calabria, rappresentata in dibattimento dal Procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo e dai sostituti Stefano Musolino e Walter Ignazitto. Gli imputati sono accusati di turbativa d’asta, e di fare parte di "una struttura segreta legata alla massoneria che ponendosi al vertice della piramide ‘ndranghetista, interagiva sistematicamente e riservatamente con la politica, le istituzioni, mondo imprenditoriale e mondo bancario, condizionando ogni tipo di elezione nella provincia di Reggio Calabria".
Nel dibattimento in corso con il rito ordinario, con Alberto Sarra sono imputati, tra gli altri, l’ex senatore del Pdl Antonio Caridi, l’ex parlamentare Paolo Romeo, l’ex rettore del Santuario della Madonna di Polsi, don Pino Strangio, l’ex presidente della Provincia Giuseppe Raffa, l’avvocato Antonio Marra, la giornalista Teresa Munari, lo psichiatra Rocco Zoccali, l’ex dirigente del settore Lavori Pubblici del comune di Reggio Calabria, Marcello Cammera, e Francesco Chirico, ex dirigente della Regione Calabria, cognato dei boss di ‘Ndrangheta Giorgio, Paolo, Giovanni e Orazio De Stefano.
Nel troncone del processo con il rito abbreviato, approdato già nella fase d’appello, 34 persone sono già state condannate e quattro assolte dal gup Pasquale Laganà. La condanna più alta, venti anni di reclusione, è stata inflitta a Giorgio De Stefano, indicato come uno dei capi dell’omonima cosca. Stessa pena anche per i fratelli Mario e Domenico Stillitano. Diciotto anni di reclusione, invece, per Antonino Nicolò e Roberto Franco; quindici anni per Dimitri De Stefano, figlio del defunto boss Paolo De Stefano.
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