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di Davide de Bari - Video
La morte del magistrato Giovanni Falcone non è stata la fine della sua lotta contro la mafia, anzi ha rappresentato un nuovo inizio. Il suo esempio ed il suo sacrificio hanno lasciato nella società intera dei piccoli semi, valori etici e morali, che, generazione dopo generazione, si cerca di far germogliare in particolare nei giovani. E’ proprio da questa constatazione che ha avuto inizio il primo appuntamento del palinsesto "Il Paese di Falcone", in programma dal 18 al 23 maggio 2020, promosso da WikiMafia per ricordare le vittime della Strage di Capaci. Nel giorno del 81° compleanno del magistrato, Nando dalla Chiesa, figlio del generale Carlo Alberto, ucciso dalla mafia in via Carini il 3 settembre 1982, professore ordinario di Sociologia della Criminalità Organizzata all'Università degli Studi di Milano e presidente onorario di Libera, ha parlato degli insegnamenti lasciati dal giudice in un incontro intitolato “Falcone insegna ancora”. “Ci ha lasciato un grande patrimonio intellettuale, culturale tra il più solido e più pensato, e dire anche più sofferto, sul fenomeno mafioso - ha detto dalla Chiesa - Lo ha fatto cercando di uscire dai perimetri ristretti del diritto, perché ha cercato di utilizzarlo per comprendere e ripotarle in esso. Tanto da creare e aiutare la creazione di una nuova giurisprudenza sul sistema mafioso”. Secondo il professore “non bisogna dimenticare l’ordinanza di rinvio a giudizio per il maxi processo con la quale Falcone venne accusato di essere un sociologo e non un giurista, ma in realtà era un giurista che guardava oltre il confine del diritto per rafforzarlo. - ha poi aggiunto - Il suo insegnamento vitale è importante per noi”.
Dalla Chiesa ha ricordato come spesso, per far riferimento al patrimonio investigativo e culturale che Falcone ha lasciato, si utilizzano due frasi celebri (“Follow the money” e “la mafia non è affatto invincibile. È un fatto umano e come tutti i fatti umani ha un inizio, e avrà anche una fine”). Queste, però, non rappresentano in pieno il pensiero del magistrato. “Seguire i soldi è stata una intuizione importante che ha scompaginato la mafia in particolare nel processo contro Spatola. - ha spiegato dalla Chiesa - Fu il primo ad applicare questo principio arrivando a condannare un importante imprenditore edile Rosario Spatola che aveva scalato i vertici dell’economia palermitana avendo dietro la liquidità del narcotraffico”. “Questo metodo - ha proseguito - introduceva delle nuove competenze di un magistrato che sapesse seguire i soldi e non soltanto ancorato per fare bene il magistrato agli articoli del codice. Questo è stato molto importante, introducendo nuove professionalità”.

Il potere della mafia sul territorio
Un altro aspetto importante è quello del controllo che la mafia ha del territorio. “Come Falcone, La Torre e mio padre hanno parlato di mafia come forma di potere e non è dunque una questione di denaro, è un fatto di un potere di un sistema sociale, è un fatto di alleanze consapevoli e inconsapevoli - ha sottolineato dalla Chiesa facendo riferimento a quanto scritto nel libro intervista di Giovanni Falcone “Cose di Cosa nostra” scritto insieme a Marcelle Padovani - Si parla anche dei pochi e grandi cantori, ideologi che arrivano in soccorso delle esigenze mafiose. E’ un sistema sociale che esprime un potere, che esprime dei gruppi sociali che intorno alla mafia si cementano e si alimentano”. Secondo il figlio del generale Carlo Alberto dalla Chiesa “spesso questo non si ricorda, ma solo quelle due frasi. Quando sento dire ‘Follow the money’ sembra che in quella frase ci sia il succo del ragionamento di Falcone, significa fare un torto a questo grande giudice che introdusse una novità, questo insieme a tante altre per comprendere il fenomeno mafioso”. Quando Falcone parla della “fine della mafia”, per dalla Chiesa “fatalisticamente dovremmo metterci ad aspettare la fine della mafia perché l’ha detto lui… ma lui contradice subito questo spirito che spesso viene proposto alla fine delle riunioni o assemblee delle scuole, si ma come? con che tipo di impegno? Con quali capacità di costruire che ci mancano? Nelle stesse pagine di Cose di Cosa nostra in cui compare questa frase, ce ne sono altre che dicono di non rinviare tutto questo alle future generazioni o alla cultura perché questo significa rinviare alle calende greche”. “La cultura - ha poi aggiunto - è importante, ma bisogna contrastarla con molto rigore professionale, visto che loro sono dei professionisti e come tale difficilmente possono essere battuti da dilettanti”.

Non solo due frasi
Secondo Nando dalla Chiesa il ricordo di Falcone, dunque, non si può “ridurre tutto a due formulette ripetute per far vedere che si è letto qualcosa di lui, perché dietro c’è un pensiero complesso”. Il presidente onorario di Libera ha anche evidenziato la "grande capacità di innovazione” del giudice palermitano "che ha introdotto anche il concorso esterno in associazione mafiosa, un chiodo di Falcone quando ricordava che tutti questi imprenditori, politici che se non avessero aiutato ai mafiosi non riuscirebbero a perseguire i propri obbiettivi”.
Altro aspetto su cui ci si è soffermato dalla Chiesa sul dato per cui, in numerose facoltà di Giurisprudenza italiane, l’argomento mafia “non viene alcune volte nemmeno sfiorato”. Un aspetto grave se si considerano gli aspetti sociologici del fenomeno che vanno studiati per poter meglio conoscere ed affrontare il problema come “il controllo del territorio, il potere, la necessità di pensare come loro, di saper interpretare come loro si comporterebbero in certi frangenti”. Secondo il professore “dobbiamo imparare a pensare come loro, solo così si può contrastare e prevedere, come lo è stato la vicenda di Expo a Milano, molte cose sono state previste e contrastate per tempo, come dovrebbe essere oggi il Covid-19".

Gli attacchi a Falcone
Nel corso dell’incontro, dalla Chiesa ha poi ricordato la stagione dei veleni, gli attacchi e le delegittimazioni che il giudice Falcone aveva ricevuto nel corso della propria carriera. “Non ho mai visto - ha detto - funzionari pubblici umiliati, derisi, colpiti per 10 anni mentre loro rischiano per lo Stato, questo non l’ho visto nemmeno su mio padre”. Per dalla Chiesa la vera forza della mafia “è fuori la mafia, bisogna capire come vengono selezionate le voci che parlano, che portano le proprie esperienze. Questo vale anche per gli uomini delle istituzioni”. Molte volte il giudice andava anche in televisione e, come ha ricordato dalla Chiesa, “Falcone ci andava, ma poi si dava voce ai suoi critici che dicevano che nemmeno avrebbe passato il 1° anno di Giurisprudenza. Erano sempre pronti a contrastarlo, ma poi ai convegni nessuno si alzava e mantenevano la mano bassa”. “Quando dico che la vera forza della mafia è fuori da essa è perché se non avessero avuto tutte queste alleanze che sistematicamente fanno i loro interessi, come anche succedeva all’epoca di attaccare Falcone. - ha concluso - Ecco che arrivano i cantori, che lo attaccavano in modo gratuito, che venivano poi anche ricompensati con una compassata televisiva o con qualche editoriale al tempo sul giornale di Sicilia, mi ricordo di un magistrato che aveva spazio tutte le settimane per attaccare Falcone”.

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