di AMDuemila
Sospetti su Colt Cobra calibro 38 Special usata per uccidere giudice Amato
Potrebbe esserci un legame tra l'omicidio del Presidente della Regione Sicilia Piersanti Mattarella, avvenuto il 6 gennaio 1980 per ordine di Cosa nostra (gli esecutori materiali sono ancora ignoti), e quello del magistrato Mario Amato, ucciso a Roma il 23 giugno dello stesso anno per mano dei terroristi neri dei Nuclei armati rivoluzionari (Nar).
Secondo quanto riportato nei giorni scorsi dal settimanale L'Espresso ad unire i due delitti potrebbe esservi l'arma del delitto, quantomeno il modello: una Colt Cobra calibro 38 Special.
Allo stato, però, non è possibile dire che Mattarella e il giudice antiterrorismo siano stati assassinati con la stessa pistola.
Allo stato, infatti, l'ipotesi sarebbe ritenuta in ambienti giudiziari come "suggestiva", ma sulla quale non possono esserci i necessari riscontri tecnici, gli unici che potrebbero dare una qualche conferma oggettiva o pressoché oggettiva.
Ad aver aperto il fascicolo d'indagine è da tempo la Procura di Palermo, nel tentativo di dare un volto a quei criminali che spararono al politico Dc.
Sulla morte del fratello dell'attuale Presidente della Repubblica vi sono già state sentenze che hanno decretato la condanna definitiva della Cupola mafiosa, come mandante dell'omicidio, ma anche con l'assoluzione (anch'essa passata in giudicato e non più impugnabile) dei due presunti esecutori materiali, i terroristi neofascisti Giusva Fioravanti e Gilberto Cavallini, quest'ultimo condannato come killer del giudice Amato.
Eppure la "pista nera", basata su un presunto scambio di favori tra Mafia e terrorismo di estrema destra, è da sempre stata al centro delle indagini, sin dai tempi dell'inchiesta aperta da Giovanni Falcone.
Vi era stato il riconoscimento di Fioravanti, fatto dalla vedova Mattarella, Irma Chiazzese, che era col marito in quel tragico 6 gennaio del 1980.
E la pista era già stata seguita a partire dal ritrovamento nel 1982 di spezzoni di targhe in un covo dell'estrema destra a Torino, e che fu ipotizzata già nel 1989 dal giudice Loris D'Ambrosio in un report poi finito alla Procura generale di Bologna che ha avocato a sé l'inchiesta sulla strage della stazione del due agosto 1980.
Al tempo, nonostante i molteplici sospetti ed i dubbi di depistaggio, la prova certa della colpevolezza dei terroristi neri non fu però mai raggiunta.
Secondo quanto si è appreso, nella nuova inchiesta del Ros dei carabinieri, coordinata dal procuratore di Palermo Francesco Lo Voi, qualsiasi comparazione con i proiettili estratti dal corpo di Mattarella, a causa del lunghissimo tempo trascorso dal fatto, sarebbe sostanzialmente impossibile.
Il fatto che a sparare sia stata una Colt Cobra è pressoché certo, perché, sulla base degli accertamenti dell'epoca, emerse che la traccia della filettatura della canna lasciata dalla pistola sul proiettile era sinistrorsa e non destrorsa, come di regola avviene nelle altre armi a tamburo: caratteristica, questa, propria delle Cobra 38 Special.
Quando però si è trattato di effettuare la comparazione con la pistola usata da Cavallini per uccidere il giudice Mario Amato (il 23 giugno 1980, nella Capitale), gli esperti del Racis dei carabinieri si sono ritrovati di fronte a una difficoltà oggettiva: dato che il piombo dei proiettili usati contro Mattarella era deteriorato e ossidato, la comparazione è stata tentata con le foto dell'epoca, realizzate però dai periti balistici (peraltro oggi deceduti) con altri obiettivi, la classica individuazione del tipo di pistola che aveva sparato.
Dalle foto non si evidenziano cioè in maniera adeguata se le particolari striature siano riconducibili proprio alla canna della calibro 38 Special che uccise Amato, né la cosiddetta prova da sparo ha risolto il dubbio.
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