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di AMDuemila
Stamattina sentito in Commissione Parlamentare Antimafia

Il motivo dell’assassinio di Angelo Vassallopenso che sia la droga. Non ho prove ma riporto quanto sentito… Per me è la droga il motivo scatenante". A dirlo è Dario Vassallo, fratello del “sindaco pescatore”, il primo cittadino di Pollica (nel Cilento) assassinato il 5 settembre 2010 ad Acciaroli. Dario Vassallo, dopo la messa in onda del servizio delle Iene sull’omicidio, ieri sera è stato sentito in Commissione Parlamentare Antimafia. “Non parlo come fratello di Angelo Vassallo - ha precisato - ma come presidente della fondazione che rappresenta milioni, credo, di italiani che vogliono sapere la verità”. Il presidente della 'Fondazione Angelo Vassallo, sindaco pescatore’ ha chiesto di mettere agli atti tre importanti fascicoli: uno per il presidente della commissione, Nicola Morra, uno per il senatore Franco Mirabelli, componente della stessa, e uno per la commissione nella sua interezza. In questi Dario Vassallo racconta tutto l’excursus storico fino ad oggi “non solo i comportamenti miserabili ma anche un Paese che si ribella alle infiltrazioni mafiose" ha sottolineato. Nel corso dell’audizione Vassallo ha riportato una sfilza di nomi appartenenti a uomini dell’Arma con i quali in questi nove anni avrebbe avuto scontri. Come Costabile Maffia, all'epoca maresciallo dei carabinieri della stazione di Pollica "che ha avuto il coraggio di querelarmi, e lo stesso hanno fatto altri 7 carabinieri, perchè riferii che Angelo mi ha detto 'i carabinieri del posto sono una nullità”. Insieme a lui ha citato anche Domenico Pisani, ufficiale dei carabinieri, "che mi ha querelato solo due volte". Un altro carabiniere chiamato in causa è stato Lazzaro Cioffi, ma questa parte dell'audizione è stata secretata. Poco prima, in audizione aperta, aveva fatto riferimento anche all'attuale comandante provinciale dell'Arma dei carabinieri a Frosinone, Fabio Cagnazzo, affermando che nelle ore successive al delitto si trovava sul posto dell'agguato e a suo dire senza averne diritto o pertinenza. Vassallo infine ha citato anche Alfredo Greco, che all'epoca del delitto era sostituto procuratore di Vallo della Lucania e pm di turno e quindi titolare dell'inchiesta. Secondo il fratello del sindaco Cagnazzo "mente, e mi attiverò perchè dal punto di vista legale possa pagare" per le sue affermazioni. Come quella in cui disse di aver fatto 'isolare' la zona del delitto contrariamente a quanto dimostrano le immagini dove si vede un via vai di "17 persone" che lì non dovevano esserci durante il sopralluogo, e tra loro appunto Cagnazzo.

Per Ingroia delitto maturato tra ‘amici’ con qualche uniforme
I sospetti e le deduzioni di Dario Vassallo coincidono con quelle dell’avvocato di Parte Civile Antonio Ingroia che con quest’ultimo condivide l’ipotesi della “pista del delitto tra ‘amici’ con qualche uniforme”. In un’intervista rilasciata a Il Fatto Quotidiano Ingroia ha affermato che i capisaldi di questa pista “sono quattro”. “Il movente che da 360 gradi diventa più concreto. Il movente del depistaggio istituzionale, parallelo a quello del delitto. L’anomalia del comportamento di alcuni investigatori e in particolare del colonnello Cagnazzo. Gli elementi nuovi che si incastrano in maniera coerente con gli altri tre - ha poi aggiunto il legale - La presenza di Casillo nelle indagini. La chiave di lettura delle dichiarazioni depistanti del pentito De Simone. Le parole di Giusy Vassallo e di Cagnazzo registrate dalle Iene”. “Un movente - ha continuato Ingroia - coerente con tutte le risultanze è questo: Vassallo, che aveva lanciato una crociata antidroga ad Acciaroli anche perché preoccupato dalle frequentazioni della figlia, incrocia qualcosa di enorme, di simile alle collusioni tra il boss Casillo e i carabinieri torresi, chiede un appuntamento al pm Alfredo Greco perché vuole denunciare, il pm glielo fissa al 6 settembre, nel frattempo, in buona fede, ne parla con qualcuno, e quella è la condanna a morte: Vassallo viene ucciso la sera prima”. L’avvocato di Parte civile ha poi parlato di un possibile depistaggio sul caso del sindaco. “L’indizio più evidente è nel verbale del pentito Ciro De Simone che indica l’assassino nel brasiliano spacciatore Damiani, attribuendogli una relazione con la figlia di Vassallo, dopo che il padre li avrebbe sorpresi mentre consumavano cocaina. Che sia una falsa pista lo dicono i pm che archiviano Damiani, e Giusy che nega davanti alle telecamere, con la stessa sincerità con cui invece rivela la relazione con Cagnazzo, anche lui indagato e poi archiviato. Mi chiedo chi gestiva quel pentito. E se il pentito sia stato imbeccato”. “Gli addetti ai lavori - ha aggiunto Ingroia - sanno che un depistaggio riesce mischiando notizie vere e notizie fasulle, come quando fu imbeccato Scarantino. Se fosse stato fatto anche col pentito De Simone - ha concluso - chissà che il movente non sia, come sospetta persino Giusy, la sua relazione con Cagnazzo, collegata alle scoperte che il padre non fece in tempo a denunciare”.

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