Ilaria Cucchi: "Questo processo ci riavvicina allo Stato”
di AMDuemila
Nell'aula bunker di Rebibbia stamani si è tenuto l’ultimo giorno di requisitoria del processo Cucchi bis, a carico di 5 carabinieri accusati a vario titolo del pestaggio e della morte del geometra romano Stefano Cucchi nel 2009. Il pm Giovanni Musarò ha chiesto pesantissime condanne a 18 anni di detenzione per due dei carabinieri della Stazione Roma Appia accusati di omicidio preterintenzionale, Alessio Di Bernardo e Raffaele D'Alessandro. Cosa diversa per il carabiniere Francesco Tedesco, l'imputato-testimone che con le sue dichiarazioni ha fatto piena luce su quel violento pestaggio: per lui, chiesta l'assoluzione "per non aver commesso il fatto" dall'omicidio preterintenzionale, e tre anni e mezzo di reclusione per l'accusa di falso. E poi, 8 anni di reclusione per falso sono stati richiesti per il maresciallo Roberto Mandolini, all'epoca dei fatti comandante interinare della Stazione dei carabinieri Roma Appia. Alla fine, restava anche un'ulteriore imputazione, quella di calunnia - contestata al carabiniere Vincenzo Nicolardi e ai colleghi Tedesco e Mandolini - per la quale il pm ha sollecitato una sentenza di non procedibilità per prescrizione. I giudici si pronunceranno il prossimo 14 novembre per dare spazio ai numerosi avvocati difensori degli imputati che dovranno intervenire e per permettere eventuali repliche. "Questo è un processo contro cinque esponenti dell'Arma dei Carabinieri che come altri esponenti dell'Arma oggi imputati in altro procedimento penale, violarono il giuramento di fedeltà alle leggi e alla Costituzione, tradendo innanzitutto l'Istituzione di cui facevano e fanno parte" ha esordito il pm Musarò in aula.
Il pm Giovanni Musarò © Imagoeconomica
Stefano Cucchi “venne fatto passare per un sieropositivo e tossicodipendente in fase avanzata. Nulla era vero. Stefano Cucchi stava bene prima del pestaggio, ma altro venne fatto credere al Paese, insieme alle accuse agli agenti della polizia penitenziaria”, ha spiegato il pm. Secondo Musarò anche così si tentò di occultare la verità. Quando venne arrestato, ha proseguito Musarò, Cucchi “era un ragazzo che stava bene, lo dicono tutti; però era magro”. Era “complessivamente” in “buone condizioni di salute, però era sottopeso. Pesava 43 chili perché lui stesso diceva che faceva il pugile e aveva la necessità di stare sotto i 44 chili per rientrare nella categoria di appartenenza. Sul tavolo dell’obitorio aveva perso sei chili in sei giorni, perché durante la degenza non mangiava”. Il rappresentante dell’accusa ha puntato il dito contro il sistema di depistaggio, descritto da Musarò come “da film dell’orrore”, instaurato da uomini delle istituzioni nel corso dei dibattimenti. "La responsabilità è stata scientificamente indirizzata verso tre agenti della polizia penitenziaria ma il depistaggio ha riguardato anche un ministro della Repubblica che è andato in Senato e ha dichiarato il falso davanti a tutto il Paese". Il riferimento è al 3 novembre di dieci anni fa, quando nell'aula del Senato il ministro della giustizia, Angelino Alfano, nell'ambito dell'informativa del governo sulla vicenda, venne chiamato a riferire sulle circostanze della morte del giovane. “Un pestaggio violentissimo - ha proseguito l’accusa - in uno stato di minorata difesa. Sono due le persone che lo aggrediscono. Colpito quando era già a terra con calci in faccia, di questo stiamo parlando. La minorata difesa deriva dal suo stato di magrezza". La richiesta di condanna agli uomini dell’Arma è stata accolta con soddisfazione dalla famiglia Cucchi. Ilaria, la sorella del geometra che ha seguito passo passo ogni udienza dei vari processi celebratisi sulla morte del fratello, ha commentato così "Questo processo ci riavvicina allo Stato, riavvicina i cittadini e lo Stato. Non avrei mai creduto di trovarmi in un'aula di giustizia e respirare un'aria così diversa. Sembra qualcosa di così tanto scontato, eppure non è così. Se ci fossero magistrati come il dottor Musarò - ha concluso la Cucchi - non ci sarebbe bisogno di cosiddetti eroi o della sorella della vittima che sacrifica dieci anni della sua vita per portare avanti sulle sue spalle quella che è diventata la battaglia della vita".
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