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di Karim El Sadi
Acquisiti i verbali dei collaboratori di giustizia

“Montante mi disse che era amico di mio cugino Barbieri e di aver saputo che c’erano delle indagini che riguardavano la famiglia di Piddu Madonia e mi fece un unico nome quello di Barbieri, dicendomi che era stato indagato come braccio destro di Emanuello a Gela”.
Questa è solo una parte delle pesanti dichiarazioni contenute nel verbale di Pietro Riggio, ex agente delle Polizia Penitenziaria e reggente della famiglia mafiosa nissena (oggi collaboratore di giustizia), annunciato ieri dal pm Stefano Bonaccorso nel corso dell’udienza del processo “Double Face” che si celebra con la formula del rito ordinario presso l’aula bunker del carcere Malaspina di Caltanissetta ai danni dell’ex numero uno di confindustria Sicilia Antonello Montante, condannato in primo grado a 14 anni di reclusione per associazione a delinquere finalizzata alla corruzione e accesso abusivo a sistema informatico. Rivelazioni scottanti, queste, rese durante un interrogatorio lo scorso 8 giugno 2018 solo a seguito dell’arresto del Paladino dell’antimafia (avvenuto a metà maggio di quell’anno), perchè a detta dello stesso collaboratore, temeva ritorsioni nei suoi confronti e in quelli dei suoi famigliari. Il colloquio tra Antonello Montante e Riggio, secondo la ricostruzione di quest’ultimo, sarebbe avvenuto mentre sedevano al tavolo di un ristorante di Caltanissetta nel 1998 dopo che i due si erano dati appuntamento dinnanzi ad un noto barbiere della città. Successivamente, ha continuato il collaboratore, “Burgio e Montante mi invitarono a contattare mio cugino per metterlo al corrente di quanto riservatamente appreso, dicendo che, essendo mio cugino, un contatto tra noi non avrebbe destato alcun sospetto tra gli inquirenti”. Riggio a quel punto avrebbe obbedito e si presentò da Barbieri riferendogli della soffiata mentre si trovava in macchina con lui, dopodichè si sarebbe recato da un amico meccanico lavaggista a far bonificare la vettura .
Ma non finisce qui, il pentito ha rivelato altri aspetti eclatanti relativi all’influenza che l’ex Presidente di Confindustria Sicilia era in grado di esercitare su chi lo circondava, e non. Questa volta la vicenda sembra essere alquanto più seria, infatti l’ex agente della penitenziaria, arrestato nel 1996 nell’operazione “Grande Oriente” eseguita contro la cosca Madonia, ha dichiarato a verbale di una “lezione” che si sarebbe dovuta impartire ad Alfonso Cicero, ex stretto collaboratore di Montante. Cicero, oggi Parte civile nel processo nonchè testimone chiave dell’indagine, sarebbe finito nel mirino dell’ex capo di Confindustria Sicilia per aver osteggiato nel 2008 i suoi progetti industriali. In quella circostanza Riggio sarebbe stato convocato da Vincenzo Arnone, compagno di nozze di Montante a capo della famiglia di Serradifalco. “Arnone mi disse che era stato lui insieme a Barbieri che mi voleva parlare e che c’era la necessità di dare una lezione ad Alfonso Cicero perchè stava dando fastidio ad un amico nostro, gli chiesi chi fosse l’amico a cui stava dando fastidio Arnone glissò dicendo che non era importante che lo sapessi”. Solo una volta che Riggio insistette Arnone gli avrebbe rivelato l’identità della persona infastidita da Cicero: “Era Montante e Cicero lo avversava osteggiandolo nelle politiche industriali”. A quel punto il collaboratore dopo aver parlato della delicata questione col cugino fece un’ultima deduzione “mi disse che se avevo bisogno di qualcosa non dovevo fare altro che chiederglielo, la cosa mi lasciò di sasso perchè compresi che intendeva con ciò dirmi che avremmo potuto arrivare alla situazione estrema cioè uccidere Cicero”. Sulla base di queste dichiarazioni la difesa del noto imprenditore nisseno ha replicato che “sono assolutamente non credibili, situazioni che vengono riferite a 10 anni dall’inizio della collaborazione laddove un collaboratore che asserisce di essere stato un capo mafia della città di Caltanissetta, sarebbe stato intimorito dalle ritorsioni del Montante mentre, è dal 2014 che fa dichiarazioni su Montante”. L’avvocato Panepinto ha evidenziato inoltre che “anche da un punto di vista cronologico le dichiarazioni sono assolutamente prive di ogni fondamento fanno riferimento ad un asserito contrasto con Cicero nel 2008 quando lo stesso Cicero ha riferito che nel 2008 neanche conosceva Montante”.

riggio pietro

Il collaboratore di giustizia Pietro Riggio


I controlli “mirati” della guardia di Finanza nelle ditte “nemiche”
Inoltre ieri mattina durante l’udienza del processo a carico degli altri imputati stralciati coinvolti nell’inchiesta nissena sul “Sistema Montante”, che si tiene davanti al Presidente della Corte d’Appello Francesco D’Arrigo, sono stati sentiti due ex dipendenti di Confindustria Sicilia. Il primo è Maurizio Sapienza il secondo invece è l’ex direttore Giovanni Crescente, entrambi licenziati nel 2013. Protagonisti dell’udienza sono stati episodi ambigui e sospetti come il trasferimento delle carte dalla sede degli industriali, un furto commesso nel 2007 di documenti della sede di Poggio Sant’Elia e la sparizione delle schede dell’adesione delle ditte di Montante all’associazione dei Giovani Industriali. Il primo a parlare sul banco dei testimoni è stato Maurizio Sapienza il quale ha ricordato in aula che, dopo l’elezione di Montante a presidente degli industriali di Caltanissetta avvenuta nel 2005, si decise di fare “pulizia” nei locali di Vicolo Conti, trasferendo in locali di uno degli imputati, Massimo Romano, vecchia documentazione della precedente gestione di Assindustria. “Ci stranimmo per quello spostamento…” ha rammentato Sapienza. Strani spostamenti di documenti dunque tutti compiuti sottobanco. Come la sparizione nel 2007, dalla sede di Poggio Sant’Elia, delle schede di adesione delle ditte di Montante, la Gimon ed Msa. Il teste Crescente invece ha riferito di altri episodi inusuali avvenuti all’interno degli uffici di Confindustria Sicilia. L’ex direttore ha parlato in particolare di un furto di documenti, avvenuto sempre nel 2007, che a suo parere destava più di un sospetto in quanto “è vero che la porta del suo ufficio era stata forzata, ma le carte trovate a terra sembravano 'appoggiate' e la stanza non era a soqquadro". Successivamente Crescente si è soffermato sull’ipotesi di uno scambio di favori del “paladino dell’antimafia” con due ufficiali delle fiamme gialle, l’ex comandante provinciale della Guardia di Finanza di Caltanissetta, Gianfranco Ardizzone e il colonnello Ettore Orfanello. I quali avrebbero effettuato, secondo il teste, verifiche fiscali “mirate” particolarmente rigorose nei confronti di ditte di altri soggetti indicate da Montante e considerate “nemiche” e le assunzioni della figlia del primo e della compagna del secondo nel Cofidi. Sul punto però, a seguito delle domande degli avvocati di Montante, Crescente ha ammesso di non sapere indicare con esattezza da chi apprese tali informazioni, nè lo aveva detto nei verbali di interrogatorio del 2015 in procura.
Intanto è notizia di oggi, per quanto riguarda il colonnello Orfanello, anche lui imputato nel processo per associazione a delinquere e corruzione, che all’alba di questa mattina ha lasciato gli arresti domiciliari dove si trovava da un anno per essere trasferito in carcere. Le manette ai polsi di Orfanello sono scattate perchè gli inquirenti hanno scoperto che l'ufficiale avrebbe utilizzato il telefono cellulare della badante dell'anziana suocera per interloquire con un suo ex collaboratore ed altri amici. L'ordinanza è stata eseguita poco fa dalla dirigente della Squadra mobile di Caltanissetta Marzia Giustolisi. Nel contempo è stata fatta anche una perquisizione nella sua abitazione. La decisione è stata presa dal Tribunale di Caltanissetta che ha accolto la richiesta del pm Maurizio Bonaccorso.

Foto di copertina © Imagoeconomica

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