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di Lorenzo Baldo - Video/Foto
La presenza viva della madre di Nino Agostino unisce tutti i manifestanti

“Mamma, tutta l’Italia oggi ti ricorderà per la tua forza e il tuo coraggio. Dal 1996 hai sempre partecipato a questa giornata per ricordare Nino e Ida e continuerai a farlo da lassù. Ti amo mammina”. Dalla pagina facebook di Flora Agostino le parole rivolte a sua madre, Augusta Schiera, volano alto sulla città di Palermo. Che stamattina “ha risposto”, ci dice Flora al telefono. Suo padre, Vincenzo Agostino, sta marciando assieme a tutti gli amici che hanno voluto stringersi a lui per non lasciarlo solo. “Augusta è morta senza avere verità e giustizia, ma non si può vivere sperando che la giustizia arrivi nell’aldilà. Oggi sono qui anche per lei”, dice tutto d’un fiato Vincenzo aprendo il corteo verso il Teatro Massimo. E’ il primo 21 marzo che manca questa madre coraggio, il vuoto che ha lasciato è palpabile. Ma la presenza del suo sguardo e della sua pretesa di giustizia attraversa veloce le distanze e unisce l’Italia da sud a nord.



Dal palco di Padova Don Ciotti ricorda l’insopprimibile richiesta di verità di questa donna straordinaria. Ed è quella stessa pretesa di verità che diventa viva, pulsante, in ogni persona che raccoglie la sua eredità. Che si traduce in un imperativo: continuare a lottare per restituire quello che è stato tolto a Nino, a Ida e a tutte le altre vittime di mafia. Non solo di mafia. C’è anche una parte di Stato che ha trattato con essa, che ha imbastito i fili per favorire stragi e omicidi eccellenti. Un Giano bifronte che continua a negare la verità sugli eccidi che hanno insanguinato la Sicilia e l’Italia intera. E fino a quando l’ultimo dei segreti di Stato, custoditi negli armadi della vergogna dei Palazzi istituzionali, non sarà svelato, non ci sarà giustizia per Augusta, per Vincenzo e per tutti gli altri familiari. Che sono stati traditi da quegli stessi uomini delle istituzioni che si sono venduti ad uno strisciante sistema criminale. Un potere ibrido che viene ugualmente denunciato da Angela Manca, la madre di Attilio Manca, a Capo Milazzo (Me), nella splendida oasi di Gigliopoli, in un collegamento ideale con tutte le altre piazze d’Italia del 21 marzo.


Nel suo intervento davanti a tanti studenti Angelina ricorda appassionatamente Augusta Schiera. C’è qualcosa di incomparabile che unisce tutte le madri a cui viene ucciso un figlio. La soglia del dolore che annienta e distrugge chiunque viva una sofferenza simile viene poi abbondantemente superata da un’energia capace di restituire una forza inaspettata. Quella forza che va oltre loro stesse, capace di animare donne come Augusta, Angelina, ma anche padri come Vincenzo, Gino e tanti altri nella loro instancabile battaglia di vita. Nelle parole di Angelina vibra forte la presenza di suo figlio, ucciso 15 anni fa da uno Stato-mafia che si è macchiato le mani del suo sangue e di quello di tanti altri martiri.

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Vincenzo Agostino, foto © Salvatore Arculeo


Parafrasando l’epitaffio che Augusta Schiera ha chiesto di porre sulla sua lapide (“Qui giace una madre in attesa di giustizia, anche oltre la morte”), Angelina si unisce a quella sua ultima richiesta: “Anch’io spero di non dover aspettare dopo la mia morte per avere giustizia. Purtroppo siamo in un’Italia dove le verità vengono negate... Don Ciotti ci ricorda sempre: ‘i giovani ci sono, ma siamo noi adulti che non dobbiamo deluderli’. Io chiedo agli insegnanti, alle famiglie: cercate di educare i giovani alla legalità, cercate di far capire loro che la mafia c’è e dobbiamo combatterla, con una nuova mentalità, ma soprattutto con il nostro esempio”. Che per essere credibile agli occhi delle nuove generazioni si deve necessariamente tradurre in una coerenza di vita, di impegno civile. Perché, così come aveva detto la madre dell’agente Roberto Antiochia, Saveria: “Quando ti uccidono un figlio sparano anche a te”. Prendere consapevolezza che i proiettili che hanno ucciso tutte le vittime di mafia hanno colpito anche noi è solo la prima azione da compiere per rendere loro giustizia.

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Foto tratte da "Giornale di Sicilia"

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