di AMDuemila
"Arginati fenomeni criminali visibili ma non assolutamente sconfitti quelli sommersi"
Nella lotta alla mafia “non siamo ancora riusciti a entrare in quella che potrebbe essere l’operazione più pericolosa: e cioè la riconversione su altri territori e settori, caratterizzati dall’espansione della mafia al nord che non è affatto un fenomeno contingente legato alla presenza di uomini dal soggiorno obbligato come, banalmente, si è voluto far credere. E’, invece, una questione molto più complessa con volontà specifiche.
Vi sono capitali che dal sud vengono trasferiti al nord con uomini che fanno join venture con Cosa Nostra”. E’ questa l’idea che si è fatto dell’attuale “Mafia 2.0” il Procuratore aggiunto Sebastiano Ardita, intervistato dalla testata Live Sicilia. Una mafia cambiata che nel corso degli anni ha abbandonato “sempre più il ricorso alla violenza”, interessandosi all’”aggressione di beni collettivi”. “Un’aggressione”, ha spiegato il giudice, nata “non solo da consorterie mafiose ma anche politiche”, e dalla necessità “di reinvestire il denaro sporco di Cosa Nostra negli anni che furono e naturalmente - ha aggiunto - c’è anche il bisogno di aggredire il patrimoni pubblico legato ai tanti contributi che piovono da Enti pubblici: dalla Regione o dall’Unione Europea”. Grazie a questa ricerca di investimento di denaro a livello nazionale, e non solo, le organizzazioni criminali sono riuscite a diventare via via sempre meno riconoscibili. “Oggi le mafie sono un tema molto vasto nel quale troviamo settori diversi ed una sempre minore riconoscibilità. I fenomeni rurali hanno, forse, caratteristiche più tradizionali e possono essere meglio perseguiti. Quelli imprenditoriali non hanno questo tipo di sorte e vanno attenzionati in modo molto più qualificato nei rapporti che esistono col potere che conta, anche istituzionale”. Per questo motivo “siamo riusciti ad arginare i fenomeni visibili, quelli più sconcertanti ma non abbiamo assolutamente sconfitto i fenomeni criminali sommersi: quei rapporti che esistono, tuttora, tra mafia e potere a livello elevato”. Inoltre Sebastiano Ardita ha parlato di una condizione, nella lotta alla mafia, in cui “si è fatto molto contrasto militare ma si è fatta, forse, poca prevenzione”. Il magistrato ha infine parlato della realtà Catanese dove è nato e dove ha portato a compimento numerose indagini scottanti contro Cosa nostra e i suoi legami con le alte sfere del potere. In particolare si è espresso sui giovani che da Catania sono spesso costretti ad emigrare: “Io penso che i giovani debbano rimanere qua con la consapevolezza che occorra ripartire dai quartieri a rischio. A loro dico di avere voglia di sconfiggere la mafia partendo da un presupposto sociale e non per forza militare. Il riscatto della nostra terra parte indiscutibilmente dall’impegno”.
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