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Lo scrittore: “Gli avvertimenti? Tanti”

Il giornalista Paolo Borrometi ieri mattina ha testimoniato in aula, davanti al giudice monocratico Vincenzo Ignaccolo, presso il Tribunale di Ragusa, per oltre due ore. Gli imputati (Maria Concetta Ventura, Giuseppe Cammelleri, Virginia Gilberto, Giovanni e Salvatore Refano, Andrea Bondì, Emanuela Di Quattro e Cristina Cilenti mentre Alessio Cannella ha chiesto il patteggiamento) devono rispondere per i reati di diffamazione e minacce gravi in continuazione e in concorso nei confronti del giornalista. Un’altra imputata ha chiesto il patteggiamento con una lettera di scuse rivolta a Borrometi.
Il direttore de “laspia.it” durante la sua deposizione ha ripercorso le numerose circostanze in cui gli sono state indirizzate delle minacce e insulti alla sua persona e al giornale sulla pagina Facebook collegata. E su questo, Borrometi ha “puntualizzato sulla identificazione degli imputati”.
Alle numerose domande del pubblico ministero, lo scrittore ha letto quanto Giovanni Refano gli ha scritto: “Scrisse in un commento a un mio articolo: ‘Non temere, io a te non posso arrivarci ma c’è chi di competenza ce la farà ad arrivare a te”. Non solo. Il presidente di Articolo21 ha pure ricordato quando il fratello di Giovanni, Salvatore Refano gli scrisse: “Mi hai rovinato e per di più mi hai sfidato e bene sia che la sfida abbia inizio, tu intoccabile e io per come mi hai descritto tu ‘malacarne’ e ti lascio con queste due parole stai attento al sottoscritto malacarne che sarei io in persona. Non è una minaccia ma un avvertimento”.
Il giornalista, durante la sua deposizione, ha ricordato le numerose denunce presentate nei confronti di Giuseppe Cammalleri: “Commentava sempre. In una occasione, scrisse ‘chi di speranza campa disperato muore, accupa”. “A commento di un articolo, Cristina Cilenti, sosteneva ‘io sono figlia e orgogliosa di esserlo di un malavitoso piuttosto che di uno sbirro di m… come te” ha continuato Borrometi. Un’altra imputata, Maria Concetta Ventura, che su un articolo della relazione della Dia, riguardante “la nuova mappa di Cosa nostra delle famiglie e dei mandamenti della provincia”, ha commentato definendo menzogne quanto scritto dal giornalista. Ventura avrebbe anche preso le distanze dalle dichiarazioni di Avila che, per la cronaca è oggi un collaboratore di giustizia ed era legato, secondo quanto accertato dagli investigatori, con la famiglia Ventura.
L’accusa è stata sostenuta dalla pm Diana Iemmolo, mentre il collegio difensivo dagli avvocati Alessandro Agnello, Lucia Licata e Giovanni Di Pasquale e la parte offesa era rappresentata dall’avvocato Luca Licitra.

Foto © Imagoeconomica

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