di Karim El Sadi
Le mafie straniere in Italia nella relazione del primo semestre 2018
Continua a crescere l’infiltrazione delle organizzazioni criminali straniere in Italia, che assumono sempre più un ruolo di percepibile spessore nel contesto malavitoso nazionale e non solo. La relazione del primo semestre del 2018 della Direzione Investigativa Antimafia ha accertato “una forte e continua interazione tra i sodalizi nazionali e quelli di matrice straniera”. Le mafie estere, attive in particolar modo nel sud del Paese, “tengono ad agire con l’assenso delle organizzazioni mafiose, mentre nelle restanti regioni tendono ad agire autonomamente”. Le attività illecite registrate riguardano a vario titolo “il traffico di stupefacenti, quello delle armi, nonché i reati concernenti l’immigrazione clandestina e la tratta di persone da avviare alla prostituzione e al lavoro nero - attraverso il fenomeno del “caporalato” - la contraffazione, i reati contro il patrimonio e i furti di rame”. I vari gruppi criminali stranieri in esame hanno dimostrato ancora una volta, “uno spiccato interesse per il traffico - a fortissima connotazione transnazionale - e lo spaccio di stupefacenti”.
Altro settore di “elevato interesse” riguarda l’immigrazione clandestina, tema di acceso dibattito negli ultimi periodi, sia nelle sfere della politica che nell’opinione pubblica, “che risulta ancora oggi tra i business criminali più proficui, spesso connesso allo sfruttamento della prostituzione esercitata da giovani donne (perlopiù albanesi, rumene, nigeriane e cinesi) talvolta anche vittime di tratta” si legge nel rapporto. Le organizzazioni criminali in oggetto delineano un chiaro scenario criminale con due chiavi di lettura. “I sodalizi stranieri rappresentano, da un lato, la diretta promanazione di più articolate e vaste organizzazioni transnazionali, dall’altro l’espressione di una presenza sul territorio nazionale consolidatasi nel corso del tempo”. Per questi due motivi si parla “di una criminalità straniera integrata e sempre più transnazionale, in grado di gestire efficacemente le filiere illecite, abbattendone i costi logistici”. Gli analisti della DIA evidenziano come si avverta sempre di più "l’esigenza di una proficua cooperazione tra i Paesi interessati, attraverso l’utilizzo di strumenti di contrasto comuni, che possa rendere più omogenea ed efficace l’azione di contrasto alla criminalità transnazionale”.
Criminalità dei Paesi Balcani ed EX URSS
Si conferma una delle organizzazioni straniere più attive in ambito nazionale, in particolare in Puglia e Calabria, quella albanese. Questa trova la sua forza nel “continuo reclutamento di nuove leve per il rinnovamento delle proprie file” con le quali gli affiliati generano ingenti introiti tramite il narcotraffico e lo sfruttamento della prostituzione che hanno reso questa realtà mafiosa “fra le forme delinquenziali con più stabili e proficui rapporti con le organizzazioni mafiose nazionali”. Per quanto riguarda lo spaccio di droga la relazione della DIA, passando in rassegna le numerose operazioni svoltesi, connota un “forte attivismo sempre più spesso in connessione operativa con trafficanti di altre nazionalità”. Un settore dove la mafia albanese ha ormai saldato uno stretto “legame con le regioni del sud Italia, in particolare con la Puglia e la Calabria. Ne sono testimonianza le numerose operazioni che, oltre alla più volte segnalata operazione “Shefi”, hanno visto coinvolti, nel semestre, cittadini albanesi con soggetti di origine pugliese e calabrese”.
L’altra realtà criminale balcanica presente in tutta Italia è quella romena, che si occupa principalmente di traffico di stupefacenti, anche in concorso con soggetti criminali italiani, sfruttamento della prostituzione, tratta di persone, furti di rame e intermediazione illecita dello sfruttamento della manodopera. Inoltre occorre riportare un ormai instaurato know how “nel mettere a segno sofisticate frodi informatiche bancarie in danno di possessori di carte di pagamento e di conti correnti on line, attraverso l’accesso abusivo alle home banking di alcuni istituti di credito italiani, con la diffusione di codici malevoli (i così detti malware) e/o con credenziali carpite con il cosiddetto phishing”.
In aggiunta si registrano in Italia presenza di associazioni atte a delinquere proveniente dai paesi dell’Ex Unione Sovietica, o più in generale, dalla fascia orientale del continente europeo. Tra le mansioni illecite di queste mafie, oltre ad essere protagoniste anche loro dei reati sopracitati, “viene annotata la spiccata specializzazione dei georgiani nei furti in appartamento”. E soprattutto “risulta, poi, sempre diffuso lo sfruttamento della prostituzione di donne di nazionalità moldava, lettone, estone e bielorussa, gestita da cellule che operano congiuntamente a gruppi criminali locali o di altra nazionalità dell’est-Europa”.
Mafia Nigeriana, i riti esoterici e le connessioni con Cosa Nostra
E’ ormai un testa a testa quella tra la mafia albanese e quella nigeriana. Quest’ultima in particolare “si conferma fra le più attive nel traffico di sostanze stupefacenti e nello sfruttamento della prostituzione, reato che spesso vede alla sua base delitti altrettanto gravi come il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, la tratta di esseri umani e la riduzione in schiavitù”. A partire dagli anni ’80 la criminalità nigeriana si è sempre più integrata “nel tessuto criminale del territorio di insediamento, specializzandosi in vari settori criminali ed assumendo, talvolta, modalità operative tipicamente mafiose”. Talvolta queste modalità sono scaturite da “forum” (basi operative) situati in territori già controllati in maniera capillare dalle storiche mafie italiane, con le quali i nigeriani hanno ormai creato un vero e proprio asse criminale. A dimostrazione di ciò un'indagine del 2016 denominata “Black Axe” “che ha colpito una cellula italiana della struttura criminale africana ‘Black Axe Confraternity’, con sede in Nigeria, il cui head zone (capo della dimensione nazionale dell’organizzazione) aveva un forum (base operativa) a Palermo, nel popolare quartiere di Ballarò, territorio controllato in maniera capillare da cosa nostra”.
Le strutture nigeriane più attive in Italia sono “The Black Axe Confraternity” e “The Supreme Eiye Confraternity” (SEC). Entrambe, si apprende, sono organizzazioni verticistiche “ramificate a livello internazionale e caratterizzate da una forte componente esoterica. Vengono, infatti, utilizzati riti di iniziazione chiamati ju-ju, molto simili al voodoo e alla macumba, propri della cultura yoruba, immancabilmente presenti in Nigeria, nella fase del reclutamento delle vittime. Tali riti diventano, poi, funzionali alla 'fidelizzazione' delle connazionali, che una volta giunte in Italia vengono destinate alla prostituzione”. Quest’ultima mansione “costituisce un’importante fonte di guadagno e di finanziamento per la criminalità nigeriana. Si può, ormai, parlare di una collaudata metodologia - si legge nel rapporto della DIA - che interessa l’intera filiera connessa allo sfruttamento della prostituzione, anche minorile, tendenzialmente gestita, nei diversi contesti territoriali, cercando di evitare qualsiasi tipo di conflittualità con la criminalità locale, specie quella mafiosa”. Per quanto concerne, in conclusione, al trasferimento di sostanze illecite dai paesi di produzione, o di transito, verso l’Europa, viene consolidato un flusso via mare, terra e aria. In quest’ultimo caso i narco-corrieri nigeriani sono considerati i più esperti “ovulatori” di droga grazie alla capacità di adattamento nel cambio delle rotte d’ingresso che “di volta in volta vengono diversificate”.
La mafia cinese, "immigrazione clandestina finalizzata a lavoro nero"
In Italia un’altra realtà criminale degna di nota, ma probabilmente meno conosciuta rispetto alle altra già citate, è la mafia cinese. I principali proventi di questa realtà criminale derivano dal favoreggiamento dell’immigrazione clandestina dedita al lavoro “nero”, alla prostituzione, alla tratta degli esseri umani, alla contraffazione di marchi e contrabbando di sigarette. Un sistema criminale con “una fitta rete di rapporti ramificati su buona parte del territorio nazionale, alimentata non solo attraverso legami familiari solidaristici, ma anche dal reclutamento di giovani leve”. La presenza del sodalizio è da registrarsi principalmente nel capoluogo toscano e nella provincia di Prato. Qui le forze dell’ordine sono intervenute all’interno di “laboratori di confezione, ove lavorano, giorno e notte, immigrati clandestini, spesso impiegati in condizioni di schiavitù”. Inoltre si apprende che l’organizzazione concentra i propri sforzi nell’apertura di centri massaggio che producevano “un enorme giro d’affari”. Parlando invece del traffico di droga i cittadini cinesi vengono spesso coinvolti in spaccio di “Cannabis (la cui coltivazione è stata resa legale dalle autorità cinesi) e metanfetaminici, come lo shaboo, sono diverse le operazioni che confermano, soprattutto nel centro e nel nord Italia, tale tendenza. Allo stato, è noto che l’importazione dello shaboo, quasi esclusivamente sintetizzata e quindi in cristalli, avvenga prevalentemente ad opera di cittadini cinesi, che si rivolgono a fornitori presenti nel nord o nell’est Europa. Il successivo smercio avviene sia all’interno della comunità cinese o, in altri casi, la droga viene ceduta a pusher filippini che, a loro volta, riforniscono i propri connazionali”.
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