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Dopo aver ospitato gli onori per il compleanno di Paolo Borsellino, il teatro Santa Cecilia di Palermo sabato è tornato ad essere palcoscenico di legalità accogliendo nella sua casa le celebrazioni per la XXII edizione del Premio Mario e Giuseppe Francese. Un riconoscimento assegnato periodicamente dall’Ordine dei Giornalisti di Sicilia e istituito nel 1993 alla memoria delle due vittime di mafia.
Ad aggiudicarsi la ventiduesima edizione del premio “Mario Francese” è stata la giornalista toscana Lucia Goracci, quello intitolato a "Giuseppe Francese" è andato al siciliano Paolo Borrometi, che da 5 anni vive sotto scorta e recentemente ancora vittima di intimidazioni, per avere dato “prova di un impegno concreto capace di colpire quella che ha chiamato la "mafia invisibile". Da quest'anno c'è anche il premio “Giuseppe Francese alla memoria” consegnato alla madre del giornalista calabrese Alessandro Bozzo, suicidatosi dopo la violenza privata subita dal suo editore.
La giuria, inoltre, ha attribuito al Presidente di “Articolo 21” il merito di aver “consentito di individuare anche cosche senza coppole e lupara” e di non essersi “lasciato intimidire nonostante un pestaggio, la frattura di una spalla e uno sventato attentato, scoperto grazie alle intercettate minacce di un malavitoso che ne auspicava la fine perché ogni tanto un morto ci vuole”.
Nel suo intervento di ringraziamento, Borrometi ha ammesso di avere paura ma ha anche detto di ritenere che un giornalista non debba mai fermarsi, applicando non solo il dovere di informare sancito dalla Costituzione ma anche il diritto dei cittadini ad essere informati.
 Dedica il premio a Giulio Regeni e Nino Di Matteo.
 Dell’attivista venuto a mancare tre anni fa, ha evidenziato che “ancora oggi qualcuno dice che chiedere verità e giustizia per Regeni” significhi accontentare una famiglia, mentre invece, si tratta di portare luce “per un cittadino italiano, un ragazzo che come Giuseppe Francese aveva tanti sogni e quei sogni dobbiamo prenderli sulle spalle”.
 Continuando, ha descritto il Procuratore Nazionale aggiunto come “un magistrato che in questa terra sta cercando ed ha cercato verità e giustizia per la nostra vita”, indignandosi verso quegli assessori regionali (ha citato poi Vittorio Sgarbi), che hanno accusato Di Matteo di speculare sulle sue minacce, ed ha evidenziato quanto lavoro ancora ci sia ancora da fare per la politica.
 Raccontando Mario Francese, ha ricordato che il giornalista “ha svelato l’ascesa dei corleonesi, ma soprattutto quella mafia imprenditoriale che investiva e faceva affari” specificando la drammatica analogia con quanto accade ancora oggi. Ha spiegato infatti, che la proporzione del numero degli sportelli bancari con quello degli abitanti della città di Ragusa è addirittura superiore a quella di capoluoghi molto più grandi come Palermo e Milano. 
Sul precariato del lavoro giornalistico, ha criticato l’eliminazione dei contributi all’editoria e ha consigliato alla classe politica odierna di lavorare, invece, sulla giusta retribuzione per i giornalisti affinché siano indipendenti e privi di pressioni da parte dei vertici; trovando vergognoso che un professionista dell’informazione guadagni solo 3,10 euro lordi a pezzo.
Ha choncluso con un invito ai giovani: “non smettete di sognare, sognate, sognate, perché la cosa più bella oggi è continuare a sognare una terra diversa”.
Nella targa consegnata è scritto: “Protagonista di un giornalismo capace di scavare nell’intreccio tra mafia e poteri pubblici, senza mai piegarsi alle minacce”.

 Durante la mattinata sul palco è salito anche il direttore della Dia Giuseppe Governale che nel suo intervento ha detto: "In questo momento qualcuno parla di inabissamento della mafia. Io credo che la mafia non sia inabissata ma sia nascosta. E lo è perché è in difficoltà grazie allo straordinario lavoro delle nostre forze di polizia e dei nostri magistrati. Dobbiamo riprendere la lotta culturale: di mafia non si parla abbastanza".
Prima di lui è intervenuto anche Giulio Francese, oggi presidente dell’Ordine dei giornalisti di Sicilia, che ha ricordato con commozione il giorno del delitto dl padre: "Era il mio primo delitto di mafia e lo stavo affrontando con la freddezza che deve caratterizzare un cronista quando trova una notizia, poi ho alzato il lenzuolo e ho scoperto mio padre. È stato tremendo. Oggi siamo qui per raccontare ai ragazzi quello che è accaduto. Per dire loro che la Sicilia è terra di mafia ma è pure gente che non si è voltata dall’altra parte e ha piuttosto continuato a combattere la buona battaglia”.

Durante la mattinata sono state anche premiate le scolaresche che hanno partecipato ad un concorso sull'informazione per i giovani. Ad aggiudicarsi il primo posto sul podio, il liceo classico Bonaventura Secusio di Caltagirone, seguito ex aequo dal liceo classico Ruggero Settimo di Caltanissetta e dallo scientifico Benedetto Croce di Palermo.

Foto © Nino Pillitteri

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