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di Karim El Sadi - Video
Le domande dei bimbi al direttore di ANTIMAFIADuemila sulla lotta alla mafia
“Andate avanti, crescete, studiate, cercate di essere fedeli ai grandi ideali della nostra Nazione, ai grandi insegnamenti filosofici, politici, culturali e morali che ci sono nella nostra Costituzione. Approfondite la nostra storia per difendere l'Italia dalla delinquenza, dalla criminalità e cercate la verità per liberare il nostro paese da chi vuole ancora renderlo, se non schiavo, certamente non libero”. E' questo il forte augurio del direttore di ANTIMAFIADuemila Giorgio Bongiovanni ai piccoli bambini che lo hanno intervistato ieri pomeriggio durante la prima trasmissione radiofonica dei "Germogli della Legalità", condotta da Ludovica Di Chiara e Savino Percoco. Il progetto, in onda su RadioAut Marche, Radio Saiuz e Viva Radio, si prefissa l'obbiettivo di dar spazio, in tema di lotta alla mafia, alla curiosità, all'innocenza e alla purezza dei bambini. “La speranza contro il fenomeno mafioso - li definisce così Ludovica Di Chiara - germogli, che se irrigati con costanza e guidati nella giusta direzione crescono forti, incorruttibili, onesti e responsabili edificatori di una società migliore di quella che noi gli abbiamo riservato”. E proprio questi bambini sono stati i veri protagonisti dell'appuntamento radiofonico e dell'intervista. Il primo dei piccoli intervistatori a rompere il ghiaccio è stato Sergio, di 11 anni, che ha chiesto al direttore come ha avuto l'idea di creare il giornale ANTIMAFIADuemila. “E' stata un'ispirazione o vocazione che aveva l'obbiettivo - rammenta Giorgio Bongiovanni - di cercare di dare verità all'Italia e ai famigliari delle vittime di mafia per avere una vera democrazia”. I bambini si sono focalizzati sulla figura del giornalista, come ci si diventa, cosa significa lavorare per una testata giornalistica che si occupa di lotta alla mafia e tanto altro. Un tema, questo, posto da Maria Pia, di 10 anni, del gruppo 3P (con Cristian e Domenico), in collegamento da Torremaggiore (FG). Alla quale Giorgio Bongiovanni ha risposto dicendo che “Per essere giornalista bisogna prima di tutto essere innamorati e avere la passione per la verità. Soprattutto il giornalista antimafia deve avere pazienza - come in amore - perchè nel tema mafia la cosa più brutta è che non si dice mai niente e si occulta la verità”. La parola torna quindi agli alunni dell’Istituto Caporizzi-Lucarelli, Sergio e Denise, i quali in linea da Acquaviva delle Fonti (BA), sono curiosi di sapere quali mezzi concreti ha l'Italia per sconfiggere la mafia. “I mezzi ce li abbiamo - risponde il Direttore - abbiamo uno Stato democratico che con tutti i suoi difetti e peccati risulta settimo al mondo a livello economico (e tra i primi, ndr) a livello culurale, politico e intellettuale. Abbiamo quattro forze dell'ordine, investigatori che si occupano solo di mafia, magistrati straordinari e anche mezzi economici per sconfiggerla. Il problema sono gli uomini del potere soprattutto politico, coloro che devono fare le leggi. La politica - afferma - da quando esiste la mafia, ha sempre convissuto con essa, ha fatto trattative con essa e si è servita di essa per fare lavori sporchi”. Durante l'appuntamento sono intervenuti anche la responsabile del gruppo 3P (Padre Pino Puglisi) Samantha Lamedica e Don Renato Borrelli, Parroco del Gesù Divino Lavoratore, i quali hanno raccontano i progetti e le esperienze come la marcia della legalità, da loro organizzata dal 17 al 21 luglio scorso. A termine della tramissione i bambini hanno letto dei passi di alcuni libri simbolo della lotta al crimine organizzato. Tra questi Denise ha recitato il discorso pronunciato da Salvo Vitale i giorni seguenti alla morte del suo amico e vittima di mafia Peppino Impastato. Mentre Sergio ha letto alcune pagine de “L'Agenda Rossa” scritto dalla redazione de 19 luglio 1992 presieduta da Salvatore Borsellino, fratello del giudice Paolo. Lo stesso Paolo Borsellino che poche ore prima della sua morte inviò una lettera, l'ultima della sua vita, proprio a dei giovani. Considerati dal giudice stesso i più adatti “a sentire subito la bellezza del fresco profumo di libertà che fa rifiutare il puzzo del compromesso morale, dell'indifferenza, della contiguità e quindi della complicità”.

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