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dellutri marcello c imagoeconomicaDopo la scarcerazione la protesta delle vittime delle stragi
di AMDuemila
Almeno fino al 28 settembre Dell'Utri sarà ai domiciliari a casa del figlio. Sulla decisione del Tribunale di Sorveglianza, presa a causa delle condizioni di salute dell'ex senatore di Forza Italia condannato a 7 anni per concorso esterno in associazione mafiosa, hanno avuto il loro peso due relazioni mediche datate rispettivamente 28 aprile e 9 giugno. Nella prima, i medici di Rebibbia sostengono che “attualmente il paziente è fragile, presenta dispnea da sforzo e forti fattori di rischio cardiovascolare” ma anche “ansia reattiva, vissuto di sconfitta per l’attuale situazione detentiva, condizioni queste che influiscono negativamente sul sistema cardiovascolare e immunitario”. La relazione aggiunge inoltre che “il medico di reparto unitamente al dirigente sanitario evidenziano che le condizioni del paziente di 76 anni sono mediocri, suscettibili di aggravamento improvviso e imprevedibile” e pertanto vi è “il rischio di arresto cardiocircolatorio improvviso, infarto acuto del miocardio e di ischemia cerebrale”. In conclusione, dicono i medici “le condizioni di salute non risultano compatibili con il regime carcerario”. La relazione del 9 giugno, poi, aggiunge che Dell'Utri si è rifiutato di “eseguire indagini analitiche e strumentali per una migliore valutazione della condizione cardiologo” e di decidere “di essere dimesso” contro “il parere dei sanitari” ai quali l’ex senatore FI chiedeva la riprogrammazione di un ricovero.
Da oltre un anno gli avvocati dell'ex senatore avanzavano la richiesta di scarcerazione, appellandosi alle condizioni di salute dell'ex detenuto. Il 5 dicembre 2017 la richiesta era stata rigettata da un diverso collegio del Tribunale di Sorveglianza, e lo scorso marzo la Cassazione aveva rinviato gli atti per una nuova valutazione del caso. Ora, però, i giudici del Tribunale hanno ribaltato il precedente verdetto. Almeno fino al 28 settembre, giorno in cui in udienza verrà deciso se Dell'Utri potrà scontare il resto della pena ai domiciliari, vale a dire fino all'autunno del 2019. Il Tribunale di Sorveglianza ha intanto deciso che il sistema carcerario non è più adeguato per Dell'Utri che, affetto da una “patologia cardiaca”, ha “subito un recente e significativo aggravamento rispetto alle pregresse condizioni” e per questo vi è “il rischio di una morte improvvisa per eventi cardiologici acuti”.
Ieri l'ex senatore ha raggiunto la casa del figlio a Roma, dove rimarrà fino alla prossima udienza. Potrà avere contatti con i figli, la moglie e i legali, Alessandro De Federicis e Simona Filippi, ma non con il fratello Alberto, anche se gli avvocati presenteranno una richiesta in merito. Le possibilità di uscire di casa sono poi riferite agli accertamenti ed alle cure sanitarie ai quali dovrà sottoporsi, informando gli uffici competenti.
Alla notizia dell'uscita dal carcere di Dell'Utri, sulla quale pesa la condanna in primo grado al processo trattativa Stato-mafia, ma anche un'indagine come mandante esterno delle stragi del '93 insieme a Berlusconi, si leva la voce dei parenti delle vittime delle stragi. “Non è certo la prima volta che un condannato lascia il carcere e torna a casa perché i tribunali ritengono stia male", commenta Giovanna Maggiani Chelli, presidente dell'Associazione tra i familiari delle vittime della strage di via dei Georgofili, "eppure anche per mancanza di giustizia, i nostri sopravvissuti alla strage di via dei Georgofili, hanno una vita difficile, fanno ogni giorno il conto con la causa effetto di 277 chili di tritolo e tanta solerzia intorno a noi non la vediamo, neppure tanti dottori preposti, disposti a capire oltre ogni ragionevole dubbio che la strage terroristica eversiva lascia segni indelebili". "In Italia - aggiunge - il senso di giustizia è molto ampio quando si tratta del reo e finisce là dove iniziano i calvari delle vittime". "Resta però il fatto - prosegue - che sono 25 anni che aspettiamo di sapere chi è 'salito sul carro' di Riina mentre era in corsa per trattare sulla pelle dei nostri figli l'abolizione di norme contro la mafia, come la certezza della pena". A farle eco anche Giulia Sarti (M5S) presidente della commissione Giustizia della Camera, secondo la quale è “un dato di fatto che un personaggio, già stato latitante nel 2014, ritenuto garante ‘decisivo’ dell’accordo tra Berlusconi e Cosa Nostra fino al 1992 e poi ancora portatore del ricatto di Cosa Nostra allo Stato, cinghia di trasmissione tra la mafia e il primo governo Berlusconi del ‘94, ora potrà tornare a scontare il resto della sua pena non in una struttura carceraria, bensì nella propria casa”.

Foto © Imagoeconomica

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