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gdf auto c imagoeconomicadi Emiliano Federico Caruso
Confiscati altri pezzi di un impero mafioso nel litorale: bar, ristoranti, attività commerciali, beni immobiliari e conti correnti riconducibili a uno dei clan più potenti di Ostia.
Su richiesta della Direzione distrettuale antimafia di Roma, i militari della Guardia di finanza hanno eseguito oggi un decreto di confisca di 18 milioni di euro in beni nei confronti del clan Fasciani di Ostia, emesso dalla Sezione misure di prevenzione del tribunale.
L'operazione, chiamata "Medusa", si ricollega direttamente alle due precedenti del 2013/14, "Nuova alba" e "Tramonto", e ha coinvolto in particolare il patrimonio dei fratelli Terenzio e Carmine Fasciani, ora sottoposti per 4 anni a sorveglianza speciale di pubblica sicurezza.
Quando si parla dei Fasciani, si parla di un vero e proprio clan mafioso, tra i più potenti e pericolosi di Ostia. Fu proprio la Corte di Cassazione, con le sentenze relative alle operazioni "Nuova alba" e "Tramonto", a riconoscerne la natura mafiosa.
Leader storico e indiscusso dei Fasciani, tra i clan egemoni di Ostia insieme ai vari Di Silvio-Casamonica, Spada, Triassi e Guarnera, fu l'abruzzese don Carmine Fasciani, settantenne boss della vecchia scuola, presente praticamente in tutte le relazioni antimafia sin da giovanissimo.
Negli anni '70, pur parandosi dietro un'insospettabile attività di panettiere, don Carmine era già dedito ad attività di usura, anche per conto della Banda della Magliana. Negli anni '80, dopo una parabola di estorsioni, legami con i NAR (Nuclei Armati Rivoluzionari, che riportano a un altro nome immancabile nella storia della mala capitolina: Massimo "Er Cecato" Carminati) traffici vari (inclusa droga) e violenza, tenta la strada dell'imprenditoria acquisendo il "Village" di Ostia, stabilimento balneare alla moda, solo il primo di una serie di attività litoranee che negli anni successivi sarebbero diventate un marchio di fabbrica del clan.
Ma don Carmine, che tra l'altro vantava anche un'amicizia stretta con Gennaro Mokbel, il faccendiere poi condannato nel 2013 a 15 anni per il riciclaggio dei fondi neri di Fastweb e Telecom, sapeva anche essere strategico: fu lui a far da paciere per alcuni contrasti nati tra il clan Triassi e Michele "'o Pazzo" Senese (ruolo già ricoperto in passato da Francesco "Ciccio" D'Agati), boss di Afragola trapiantato a Roma, che strinse poi con i Fasciani un accordo per gestire lo spaccio di droga a Ostia e Tor Bella Monaca.
Un accordo necessario: nel 2013 Tor Bella Monaca era stata teatro di alcuni regolamenti di conti e omicidi per il controllo del traffico di droga, tra qui quello del barista Serafino Maurizio Cordaro. Droga che partiva dal Sudamerica e passava per la Spagna, dove i Fasciani avevano affiliati a Barcellona e Malaga incaricati della gestione del traffico fino in Italia.
Spiagge di Ostia, stabilimenti balneari, chioschi, droga, estorsioni, gestione abusiva delle case popolari, attività commerciali e beni immobili diventati quindi il regno criminale dei Fasciani, un regno spesso gestito insieme agli altri clan di Ostia in una rete di alleanze precarie che si sfaldano e si ricompongono.
Ma qualsiasi impero ha le sue crepe e qualcosa, col tempo, va storto: don Carmine viene condannato nell'ottobre del 2015 a 10 anni di carcere (gli Spada cercheranno poi di prendersi porzioni del territorio controllato dai Fasciani) e iniziano a uscire allo scoperto i primi collaboratori di giustizia. In particolare Michael Cardoni, giovane ex spacciatore ed ex vedetta per conto dei clan di Ostia, e la moglie Tamara Ianni (poi coinvolti nel programma di protezione testimoni), parenti di Giovanni "Baficchio" Galleoni, boss della vecchia scuola ucciso a Ostia il 22 novembre 2011 insieme al suo braccio destro Francesco "Sorcanera" Antonini, iniziano a parlare e a ricostruire per gli investigatori quel complesso sistema di fragili alleanze, estorsioni e traffico di droga.
Partono le operazioni "Nuova alba" nel luglio 2013, e "Tramonto" a febbraio dell'anno successivo, che portano a decine di arresti, sequestri per milioni di euro, e ricostruiscono il sistema mafioso del litorale, in particolare quello gestito dall'asse Fasciani-Triassi (questi ultimi legati anche ai Caruana-Cuntrera), che coinvolgeva numerose attività balneari nel litorale, ristoranti, case popolari, traffico di droga e armi, estorsioni, gioco d'azzardo e l'immancabile pizzo, imposto ai commercianti di Ostia. Questi, per trovare il denaro per pagare i clan, erano paradossalmente costretti a rivolgersi proprio a Carmine Fasciani, che con fare bonario e gentile proponeva loro dei prestiti a strozzo con interessi altissimi che costringevano poi i commercianti a cedere le loro attività a prestanome collegati ai clan.
Questa terza operazione, "Medusa", dopo gli accertamenti del GICO (Gruppo di investigazione sulla criminalità organizzata, reparto d'élite della Guardia di Finanza), ha confermato tutto un sistema di inquinamento dell'economia legale del litorale di Ostia, ha ricostruito il patrimonio economico del clan Fasciani, del tutto sproporzionato rispetto ai guadagni legali degli esponenti, e ha confiscato (dopo il sequestro dal tribunale nell'estate del 2016) 18 milioni di euro in beni divisi in 12 unità immobiliari e un terreno situati a Roma e in provincia de L'Aquila, 8 società e una ditta individuale (divise tra bar, ristoranti, panetterie, stabilimenti balneari e agenzie immobiliari a Ostia) in gran parte utilizzate come paravento per attività illegali, oltre a vari rapporti bancari, postali, assicurativi e azioni in borsa.

Foto © Imagoeconomica

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