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di AMDuemila
“Non ho più intenzione di usufruire del servizio di tutela”. Ecco il cuore della denuncia presentata ieri ai Carabinieri di Bivona (Ag) dal testimone di giustizia Ignazio Cutrò. “Così come riferito al Sig. Prefetto di Agrigento e al Sig. Comandante provinciale dei Carabinieri di Agrigento, preferisco rischiare la mia vita al posto della mia famiglia alla quale dal 9 maggio non è stato più garantito il servizio di tutela anche in considerazione delle intercettazioni dell’operazione Montagna. Voglio precisare che qualora la situazione attuale resti invariata, la mia decisione è irrevocabile”. E’ l’ultimo atto di una tragedia che si sta consumando giorno dopo giorno sulla pelle di un uomo che ha avuto il coraggio di fare quello che ogni cittadino onesto dovrebbe fare: testimoniare la verità. Solo pochi giorni fa, all’auditorium del Tribunale di Enna, Cutrò era intervenuto assieme al Procuratore Massimo Palmieri al festival nazionale della legalità: decisamente un paradosso per tutto quello che sta vivendo questo testimone di giustizia. Eppure, proprio in quella occasione Cutrò si era rivolto ai tanti studenti intervenuti per dare loro un messaggio positivo: “Qualche giorno fa, arrabbiato, ho dichiarato che ciò che ho fatto (far arrestare numerosi boss, ndr) non lo farei più, ma non è così. Lo rifarei cento, mille volte”. Quel grido di speranza si scontra oggi contro un muro di gomma innalzato da uno Stato troppo spesso capace solo di confezionare slogan sulla legalità. Ma di slogan - soprattutto in una terra come la Sicilia - non si vive.

Foto © Mónica Bernabé

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