Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

corteo moby princie c ansaI familiari delle vittime: “Vogliamo la verità”
di AMDuemila
"Dopo 27 anni dalla tragedia del Moby Prince, quest'anno la celebrazione dell'anniversario si svolge con uno spirito diverso, grazie alle conclusioni della commissione parlamentare d'inchiesta che hanno portato a un ribaltamento delle verità processuali e dopo le segnalazioni inoltrate alla procura di Livorno noi familiari ora ci aspettiamo di poter giungere finalmente alla verità”. E’ questo il grido forte di Luchino Chessa, presidente dell'associazione 10 aprile, che raduna numerosi familiari vittime della tragedia del Moby Prince, il traghetto che si incendiò in seguito a una collisione con la petroliera Agip Abruzzo alla fonda nella rada livornese la sera del 10 aprile 1991.
Ieri, per ricordare le 140 vittime, centinaia di persone hanno sfilanto in corteo per le principali vie del centro a Livorno. Dopo la commemorazione ufficiale nell'aula del consiglio comunale, decine di amministratori, familiari delle vittime e semplici cittadini si sono incolonnati dietro lo striscione che in questi 27 anni ha sempre aperto il corteo e sul quale campeggia la scritta: "Moby Prince: 140 morti. Nessun colpevole".
La manifestazione, dopo avere attraversato il centro, ha raggiunto l’andana degli anelli, nel porto, dove sono stati letti i nomi delle vittime ricordate da una lapide. In segno di memoria sono anche state gettate in mare 140 rose rosse. Un lancio accompagnato dal suono delle sirene, in segno di lutto, delle navi e dei rimorchiatori ormeggiati in banchina.
Un momento sempre molto toccante.
"La storia ufficiale - ha aggiunto Chessa - che racconta di un banale incidente dato dalla nebbia e per cui dall'errore umano è stata finalmente smentita ipotizzando scenari ben diversi: nebbia inesistente, posizione e orientamento della petroliera diversi da quelli processuali, una turbativa nella rotta del traghetto. Smontata anche la tesi della sopravvivenza a bordo del Moby di meno di mezz'ora, che ha aiutato a sminuire le gravi responsabilità dei soccorsi, tutti diretti alla petroliera, ma inesistenti sul Moby Prince, sopravvivenza che invece è andata avanti per ore". Chessa, a nome dei familiari delle vittime, si è posto anche una serie di interrogativi ai quali chiede risposte definitive: "Perché è stato fatto di tutto per ridurre la tragedia ad un banale incidente? Perché fin dalle prime ore dopo la collisione si è parlato subito di nebbia ed errore umano? Perché l'Agip Abruzzo ha attirato tutti i soccorsi verso di sé e nessuno dalla plancia di comando ha comunicato che c'era un traghetto in collisione?".
Domande alle quali la procura livornese, dopo le conclusioni della commissione parlamentare, dovrà cercare di rispondere con le nuove indagini avviate nei mesi scorsi. "E' stata solo superficialità e incompetenza delle autorità inquirenti e giudicanti dell'epoca - si è chiesto ancora Chessa - e quali scheletri negli armadi hanno portato ad accordi tra le assicurazioni delle compagnie armatoriali di traghetto e petroliera pochi mesi dopo la collisione? Esiste un possibile rapporto tra questi accordi e tanti dubbi sugli scali precedenti l'arrivo a Livorno della petroliera, sulla natura del suo carico, la mancanza di perizie a bordo e il suo dissequestro tre mesi dopo la collisione? Che ruolo ha avuto la compagnia armatoriale del Moby Prince in tali accordi?".
Anche il sindaco di Livorno, Filippo Nogarin, si è accodato nella richiesta di verità, ringraziando il lavoro svolto dalla commissione di inchiesta: “Per anni abbiamo dovuto convivere con un'insopportabile omertà. Abbiamo dovuto digerire il fatto che questo episodio fosse venduto all'esterno come un mero incidente. In tanti, a cominciare dai familiari delle vittime, non si sono mai rassegnati a questa verità ufficiale. Hanno continuato a scavare, a fare domande, a pretendere risposte. Ma questo e' un Paese che ha un'innata capacita' di tenere ermeticamente chiusi per decenni gli armadi della vergogna. E per sconfiggere questa resistenza endemica alla verità, alla forza di ciascun parente delle vittime della strage del Moby Prince, si è dovuta aggiungere qualcosa in più: la volontà politica di fare chiarezza. E in questo caso la politica ha un nome e un cognome: voglio ringraziare il presidente della commissione parlamentare d'inchiesta, Silvio Lai, perché è grazie al suo lavoro e a quello dei commissari se oggi l'unica nebbia che avvolgeva la verità sui fatti di 27 anni fa si è diradata". Quindi ha concluso: “Ora i tempi sono maturi per avere tutte le risposte, tutti i dettagli: per conoscere i nomi di chi poteva controllare e non l'ha fatto, di chi doveva indagare e ha preferito guardare altrove, di chi ha pensato di poter silenziare un'intera comunità diffondendo informazioni fuorvianti se non addirittura false".

Fonte: ANSA

Foto © Ansa

ANTIMAFIADuemila
Associazione Culturale Falcone e Borsellino
Via Molino I°, 1824 - 63811 Sant'Elpidio a Mare (FM) - P. iva 01734340449
Testata giornalistica iscritta presso il Tribunale di Fermo n.032000 del 15/03/2000
Privacy e Cookie policy

Stock Photos provided by our partner Depositphotos