L'avvocato Repici su archiviazione caso Manca: “Certifica lo stupro della giustizia a Viterbo”
di Davide de Bari - Foto
"I dottori Prestipino e Pignatone dicono in questa sentenza, che non possono prendere in considerazione le testimonianze di cinque collaboratori di giustizia, perché sono discordanti. Ecco, io dico che non è vero che sono discordanti, perché Attilio Manca è stato ucciso per aver operato e riconosciuto Bernando Provenzano […] I magistrati se hanno un po' di coscienza, e credo che ne abbiano, dovrebbero aprire un processo per l'omicidio di Attilio, indagando personaggi barcellonesi. E solo allora potremo dire che viviamo in un Paese democratico, dove si può avere giustizia”. E' questo il grido di Angela Manca, nella ricorrenza della morte di suo figlio Attilio, morto in circostanze misteriose l'11 febbraio 2004 a Viterbo. E' alla Procura di Roma che si rivolge, che nei giorni scorsi ha firmato una richiesta d'archiviazione del fascicolo contro ignoti per la morte di Attilio Manca. Una richiesta arrivata proprio a pochi giorni di distanza dalla ricorrenza della morte del urologo barcellonese, ma i familiari in questo giorno nella loro città hanno voluto fare memoria per poter serrare le fila e continuare a lottare per la verità.
Una richiesta difficile da accettare
A intervenire per primo è stato uno dei legali della famiglia Manca, Antonio Ingroia, che ha legato la morte di Manca alla rete di protezione, anche istituzionale, che avrebbe garantito la latitanza del boss Bernardo Provenzano. E sì è domandato “se mai oggi è possibile processare lo Stato”. Ma l'avvocato ha rassicurato che per cercare la verità “utilizzeremo ogni strumento che lo Stato ci mette a disposizione”. Dello stesso avviso è anche l'altro legale, Fabio Repici, che ha detto: “Dobbiamo difendere la memoria e chiedere giustizia”. "La richiesta di archiviazione della procura di Roma - ha evidenziato il legale - dice già delle cose che certificano definitivamente cosa sia stato lo stupro della giustizia a Viterbo. E questo perchè la richiesta di archiviazione della procura di Roma non dice 'Attilio Manca è un eroinomane ed è morto per questo', no! La conclusione della procura di Roma è la seguente: 'è vero che ci sono risultanze acquisite da questo ufficio sull'omicidio di Attilio Manca, ci sono plurime dichiarazioni di collaboratori di giustizia, ma secondo noi si tratta di dichiarazioni che alle volte parzialmente si contraddicono e non consentono di approdare a un processo per ottenere la condanna dei responsabili dell'omicidio di Attilio Manca'. Questa è la certificazione che ciò che era stato fatto a Viterbo era mera menzogna. Paradossalmente è proprio la richiesta di archiviazione della procura di Roma che ci dice questo, arrivando però a delle conclusioni che non possiamo accogliere". Repici ha poi aggiunto che la richiesta di archiviazione non è contro ignoti, perché “i pentiti hanno fatto i nomi” e per questo “dovrebbero essere iscritti nel registro degli indagati”. Per l'avvocato, l'omicidio Manca insieme con quello dell'agente Nino Agostino sono “delitti che hanno visto la compartecipazione di uomini di Stato”. Stando alle dichiarazioni dei pentiti potrebbe essere l'ex poliziotto, morto ad agosto Giovanni Aiello, alias 'faccia da mostro' indicato dai collaboratori di giustizia Carmelo D'Amico e Nino Lo Giudice.
All'evento è anche intervenuta Giulia Sarti, membro della Commissione Parlamentare antimafia, che ha evidenziato come tutto il lavoro svolto dalla Commissione sulla morte di Manca “sarà racchiuso in una relazione per essere una testimonianza ulteriore per continuare a tenere alta l'attenzione e per non sottostare alla vergognosa sentenza di Viterbo”. La Sarti ha anche ribadito che non basta chiedere verità e giustizia, ma bisogna cercarla per “comprendere quali sono le parti dello Stato di cui dobbiamo liberarci e i soggetti che devono essere allontanati dalle istituzioni. Non è capire la singola verità come quella della famiglia Manca, ma comprendere chi l'ha voluto, chi l'ha costruita a tavolino e soprattutto chi ha organizzato i depistaggi”. La storia di Attilio Manca, ha continuato la deputata penta stellata, “ruota attorno alla latitanza di Bernardo Provenzano” e “tutte quelle persone che hanno fatto da cerniera tra i poteri deviati dello Stato e Cosa nostra”. “La Commissione antimafia - ha infine concluso -in questa vicenda può avere un ruolo importante, come in passato”.
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I responsabili morali
A prendere la parola è stato Lorenzo Baldo, vicedirettore di ANTIMAFIADuemila e autore del libro edito da Imprimatur, “La mafia ordina - Suicidate Attilio Manca”, che ha puntato il dito contro i “responsabili morali della mancata verità” sulla storia dell'urologo: “Dalila Ranalletta è una di questi, con la sua autopsia definita “infame” dal vicepresidente della Commissione antimafia; Monica Mileti, la cinquantenne romana condannata in primo grado con l’accusa di aver ceduto l’eroina che ha ucciso Attilio; Il condannato in appello per mafia Rosario Cattafi non ha mai chiarito perché sia stato chiamato in causa da Carmelo D’Amico che lo indica come trait d’union tra mafia massoneria e servizi segreti deviati dietro l’omicidio di Attilio. Così come l’ex procuratore generale di Messina Franco Cassata non ha mai chiarito su alcuni frequentatori del circolo Corda Fratres”. Anche “gli ex amici di Barcellona di Attilio che non hanno mai chiarito le ragioni delle loro improvvise dichiarazioni sulla sua ipotetica tossicodipendenza - ha continuato Baldo - Come anche Ugo Manca che non ha mai chiarito i suoi contatti con Rosario Pio Cattafi, né tanto meno ha mai spiegato come mai si sia fatto operare da suo cugino Attilio a dicembre del 2003 per poi dire che lo stesso Attilio era un tossicodipendente; Stesso discorso per quei frati del convento di Sant’Antonino coinvolti nel mistero della possibile latitanza di Provenzano nel 2005 presso il loro convento, un’indagine confluita in un rapporto del Ros misteriosamente scomparso”. Questi secondo il giornalista non sarebbero i soli, anche “alcuni ex colleghi di Attilio che non hanno avuto il coraggio di raccontare fino in fondo quanto sapevano sugli ultimi giorni di Attilio; Così come il prof. Antonio Rizzotto, ex primario del reparto di urologia dove lavorava Attilio, che si è trincerato dietro un impenetrabile silenzio. Per non parlare del prof. Fabio Centini il cui esame tricologico sul capello di Attilio è stato uno dei pilastri dell’impianto accusatorio della procura di Viterbo per affermare la tossicodipendenza di Attilio. Un esame di cui non c’è traccia negli atti giudiziari”. Anche le Procure che si sono occupate del caso Manca hanno le loro responsabilità. “La Procura di Viterbo, che ha grandissime responsabilità a livello morale per questa mancata verità per le azioni investigative sul caso Manca appiattite sulla tesi del suicidio a base di droga, così come per quanto non è stato fatto - ha aggiunto il vicedirettore di ANTIMAFIADuemila - E in ultimo i magistrati della Procura di Roma che, nonostante l’appello di 30.000 persone tra cui importanti personalità a livello nazionale per fare luce sul caso Manca, hanno deciso di chiedere l’archiviazione”. Infine non possono sottrarsi alla loro responsabilità morale anche “tutti coloro che in questi anni hanno taciuto all’autorità giudiziaria quanto di loro conoscenza sulla morte di Attilio Manca”, ha concluso Lorenzo Baldo.
Il comune denominatore con l'omicidio Rossi
Gli interventi si sono susseguiti uno dopo l'altro, coordinati dal giornalista e scrittore Luciano Armeli Iapichino (autore del libro "Le vene violate"), accompagnato dalle interpretazioni musicali di Oriana Civile, Carlo Mercadante e da alcune letture della poetessa palermitana Lina La Mattina. E poi è arrivato il turno di Carolina Orlandi, figlia della vedova di David Rossi, che ha parlato della morte del responsabile comunicazione della Monte Paschi di Siena, David Rossi e di come quel suicidio in realtà è stato “un omicidio di Stato”. La Orlandi ha ripercorso il tragitto di giustizia, che ha visto ben due archiviazioni da parte delle Procure di Siena e Genova, situazione simili alla vicenda di Attilio Manca. E per questo motivo che bisogna “raccontare queste storie di tutti i personaggi per avere giustizia” ha affermato la Orlandi, per poi concludere: “lottiamo contro la giustizia per la verità”.
La solidarietà tra vittime
All'incontro erano anche presenti i familiari di altre vittime di mafia, come i coniugi Agostino. Vincenzo ha preso la parola per raccontare ciò che è stato il percorso di giustizia per la morte di suo figlio Nino e di Ilda Castelluccio, uccisi in un agguato il 5 agosto 1989. “Possiamo avere giustizia - ha detto Agostino - dobbiamo andare avanti e avere forza”. Era anche presente Luciano Traina, fratello dell'agente Claudio morto nella strage di via D'Amelio il 19 luglio 1992, che ha ricordato in maniera toccante suo fratello. Ma non c'erano solo familiari di vittime, anche membri delle istituzioni come il sindaco di Messina Renato Accorinti che ha ribadito con forza di “elevare la coscienza per diventare maggioranza” e “la qualità della vita si vede da quanto lottiamo per i valori”. E poi ha ricordato come nelle istituzioni bisogna starci “senza compromessi”, perché “le istituzioni sono sacre”. Infine Accorinti si è rivolto ai familiari di Attilio: “Quello che state facendo è qualcosa di rivoluzionario”.
A chiudere l'incontro è stata la famiglia Manca che ha ringraziato tutti i presenti e a chi ha seguito l'evento via streaming. Il fratello Gianluca ha concluso dicendo che di Attilio sì ricordi “la sua bontà d'animo, il suo senso di giustizia e la sua capacità di non odiare nessuno”.
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IL LIBRO Suicidate Attilio Manca
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