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riina giuseppe sal2 c marco vasiniIl figlio del Capo dei capi trasferito nel carcere di Vasto
di AMDuemila
Giuseppe Salvatore Riina, al quale il Tribunale di sorveglianza ha revocato ieri la libertà vigilata, ha lasciato Padova, scortato dalla Polizia, per raggiungere il carcere di Vasto (Chieti), dove dovrà trascorrere un anno nella sezione lavoro.
La decisione è stata presa dopo che la Dda di Venezia ha documentato le attività del terzogenito di Totò Riina dimostrando le ripetute violazioni delle misure a cui era sottoposto con contatti con pusher e pregiudicati.
Secondo le indagini e le intercettazioni della Dda e della squadra mobile di Venezia - agli atti i tabulati di 279 telefonate con gli spacciatori - Salvo Riina avrebbe violato sistematicamente il regime di libertà vigilata, mostrando "un palese disinteresse" per le prescrizioni impostegli dopo aver scontato otto anni e dieci mesi per associazione mafiosa. Gli investigatori avrebbero documentato decine di cessioni di cocaina di spacciatori tunisini al figlio dell'ex Capo di Cosa Nostra, alcune avvenute anche in piena notte.
L’inchiesta è andata avanti per circa un anno. Alla fine la relazione della Polizia non ha lasciato dubbi al Tribunale sulla "pericolosità sociale" del figlio di Totò 'u curtu'. Così ieri pomeriggio è stato prelevato dalla sua casa, nel quartiere Arcella, e portato in Questura. Da qui, dopo gli adempimenti legati alla nuova misura di sicurezza, è stato preso in consegna dagli agenti per il trasferimento nell'istituto di pena abruzzese.
Riina junior si trovava a Padova dal 2012, sottoposto ad un regime di sicurezza che lo obbligava a vivere in città restando in casa dalle 22 alle 6 del mattino, e a svolgere attività di volontariato.
Riina jr, sentito dagli inquirenti, ha giustificato con la tardiva ammissione di essere stato un tossicodipendente. “Ma ora non più”, ha spiegato dopo essersi sottoposto a un monitoraggio delle urine (risultato negativo) e dopo essersi dichiarato disponibile a un’analisi dei capelli. Eppure, lo scorso settembre, aveva taciuto sulle sue frequentazioni a suo dire, per non creare dispiaceri al padre e alla famiglia. 
Il giudice Linda Arata ha accolto in parte le richieste della Procura di Padova, che aveva sollecitato per Salvuccio una misura di tre anni in casa di lavoro. “Se obiettivamente si deve prendere atto di un percorso di autocritica di Riina, quanto meno limitato alla propria condotta di vita durante l’esecuzione della misura di sicurezza, - scrive il giudice - non si possono non sottolineare la tardività dell’ammissione di responsabilità, i limiti del riconoscimento delle violazioni e il perdurante atteggiamento di mancanza di lealtà nei confronti degli operatori che l’hanno seguito nel corso della misura”.
Ciò significa che il percorso di recupero del figlio del boss corleonese si è interrotto nel momento in cui ha iniziato ad avere contatti con i pusher e con altri pregiudicati tra cui il cognato Antonio Ciavarello e un tale Gaspare di Corleone, pure lui residente nella città veneta. Per questo il giudice ha deciso di rinchiuderlo per un anno, il minimo previsto dalla legge.

Foto © Marco Vasini

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