Una (vergognosa) giornata al pronto soccorso in un ospedale del sud
di Lorenzo Baldo
“Luca, dovresti vedere come la Regione siciliana tratta i suoi siciliani... questo è un inferno, vieni a controllare e visitare i disgraziati che sono qui dentro...”. Il grido di Letizia Battaglia è rivolto al sindaco di Palermo Leoluca Orlando. Il messaggio di questa donna di 82 anni parte dall’ospedale “Cervello” del capoluogo siciliano. Ma queste sono le battute finali di una terribile domenica trascorsa al pronto soccorso del nosocomio siciliano. Ed è Shobha, una delle tre figlie di Letizia, a raccontare sulla sua pagina facebook le ultime 24 ore trascorse accanto a sua madre, a cui in seguito è stata diagnosticata una polmonite.
“Ore 9:00 ospedale ‘Cervello’, mamma ricoverata, siamo al pronto soccorso e l'attesa è lunghissima”. Passa qualche ora e Shobha scrive ancora: “Reparti pieni, siamo da questa mattina in corridoio, mamma in barella e nulla accade, non respira e tossisce senza pausa… forse tra poco arriva il turno suo. Ma come si fa a lasciare una donna a soffrire così?”.
Un’altra lunga pausa e poi un altro messaggio sulla sua bacheca: “Non chiamatemi, la stanno visitando”. Passano altre ore e Shobha aggiorna il suo status: “Questa notte si rimane qui in corridoio, non ci sono letti, siamo in barella vicino a tanti altri malati, non ci sono stanze libere, ora aspettiamo i risultati dei raggi e delle analisi del sangue, per ora dicono che ha la polmonite”. Il tempo scorre lentissimo e sulla bacheca di questa grande fotografa legata indissolubilmente all’India appare un’altra scritta: “Amore, gentilezza, cura, attenzione, rispetto dove siete?”.
Gli amici di Shobha continuano a cercare di infonderle forza e coraggio, e lei risponde risoluta: “Qui è così da 4 giorni, ci sono persone gravi nei corridori con un bagno in comune per tutti, ho smosso tutti, ma la stanza non c’è!”. Passa altro tempo e questa donna continua ad aggiornare una sorta di bollettino di guerra: “Mamma resterà qui al ‘Cervello’ con me tutta la notte, la polmonite e la tosse la fanno soffrire, sono sicura che ogni vostro pensiero la sta aiutando a superare momenti molto difficili... vi ringrazio tutti... questa notte mamma sulla barella di plastica e ferro ed io in una sedia, intorno a noi il lazzaretto... mi alzo e la sedia è già sparita...”.
Ed è a quel punto che Shobha riporta sulla bacheca l’appello disperato di Letizia rivolto al sindaco Orlando. Passa altro tempo e compare un ulteriore aggiornamento: “Finalmente la visitano. Ore 00:00 Pazzesco!”. Tra i commenti dei suoi tanti amici ce n’è uno di un dirigente medico del “Civico” che, dopo essersi informato con un Commissario del “Cervello” cerca di rassicurarla sul fatto che sua madre ha ricevuto la terapia antibiotica del caso e che lo specialista pneumologo di guardia sta valutando la possibilità di lasciarla tornare a casa, rinviando un ulteriore controllo alla giornata seguente. Poi però ammette la gravità della situazione: “Purtroppo le condizioni logistiche del PS (Pronto soccorso, ndr) del presidio ‘Cervello’ sono inadeguate e per questo la Direzione sta lavorando al progetto del nuovo PS, avendo ottenuto in extremis prima della fine legislatura il finanziamento per questa opera ormai indispensabile e urgente, la Direzione si scusa con i nostri cittadini e con gli operatori sanitari per le grandi difficoltà in cui oggi la attività viene svolta”.
Passa altro tempo e il bollettino viene aggiornato: “Ora si fa la Tac. 00:41”. Altre tre ore di calvario, sono quasi le 5 del mattino, stavolta Shobha non aspetta oltre: “Basta, la porto via”. Quattro ore dopo l’ultimo aggiornamento: “Mamma sta riposando nel suo letto, più tardi si va in clinica dove avrà le cure adeguate. L’amore è la cura. Siete il nostro cuore, grazie a tutti voi”. Oggi Letizia Battaglia, a cui questa città deve molto per tutto ciò che ha fatto in questi anni, è costretta ad andare in una clinica privata per poter affrontare le cure necessarie. Ma quel girone dantesco che ha appena lasciato è sempre affollato. Una moltitudine di persone sofferenti, inghiottite dall’anonimato, che non hanno la possibilità di andare in una clinica privata: vittime della malasanità che si respira nella stragrande maggioranza degli ospedali del sud (e non solo). E mentre la politica resta colpevolmente a guardare, impantanata nella più becera burocrazia - sulla pelle dei malati - quel lazzaretto ingrossa sempre di più le sue fila.
Foto © Shobha