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di AMDuemila
"Cara Tina, oggi un anno dalla tua morte. Ti è sempre piaciuta la terra e i suoi frutti e i suoi fiori. La grandezza delle montagne, i colori di Colle, e quelli della tua Castelfranco. Amavi la vita, il silenzio della preghiera, le parole che dicono. Radicata nei tuoi affetti, aperta al mondo. Ti voglio bene. Ti devo molto. Molto ti dobbiamo noi italiani, donne e uomini. Sapremo dimostrarlo? Così facile l'oblio, scellerato. Tu sai che l'unico antidoto è l'amore, nelle forme che ci è dato vivere. Un ciao". Le parole di Anna Vinci, nota scrittrice e biografa di Tina Anselmi, spiccano sulla sua bacheca facebook. Era il 1° di novembre del 2016 quando giungeva la notizia della morte di Tina Anselmi, 89 anni, prima donna a diventare ministro in Italia, nonchè presidente della Commissione di indagine parlamentare sulla P2. Ed è esattamente con l'articolo di un anno fa di Anna Vinci che vogliamo ricordare questa grandissima donna nei confronti della quale siamo tutti debitori.




Grazie Tina

anselmi vinciFoto, Video e audio all'interno!
La notizia della scomparsa di Tina Anselmi
lascia un vuoto enorme nell’Italia degli ipocriti e dei buffoni di corte. La staffetta partigiana nata a Castelfranco Veneto il 25 marzo 1927 ha dato al nostro Paese molto di più di quanto abbia ricevuto. Il suo essere integerrima fino alla fine l’ha resa un corpo estraneo a un sistema di potere da lei individuato e combattuto senza indugi. Quello stesso sistema criminale che ha saputo trasformarsi negli anni cambiando il volto dei suoi rappresentanti e ipotecando sempre di più il nostro futuro. L’eredità che  lascia a chiunque abbia a cuore il destino della nostra democrazia è immensa. A ognuno di noi resta il compito di difendere quella Costituzione che Tina Anselmi ha difeso in tutta la sua vita. “La nostalgia va presa a piccole dosi”, diceva l’ex presidente della Commissione sulla P2, perché se no corrode l’anima. Oggi, però, è difficile riuscire a non provarla pensando a lei mentre assistiamo a indegni spettacoli di ominicchi e quaquaraquà che rivestono ruoli di primo piano ai vertici delle nostre istituzioni.
Nelle parole intense e accorate della sua biografa ufficiale, Anna Vinci, ritroviamo tutto l’amore e la dedizione di chi ha colto l’essenza più profonda di Tina Anselmi ed è riuscita a farla risplendere nei libri e nei documentari dedicati all’opera di questa grande donna.
Ciao, Tina.
Grazie.
La Redazione di Antimafia Duemila


GRAZIE TINA
di Anna Vinci - 1° Novembre 2016
Ci sono persone che diventano quello che devono. Detto così sembra un po’ criptico, ma cercherò di definire il mio pensiero.
Anche perché ho conosciuto una di queste persone.
Da poche ore ha intrapreso l’ultimo viaggio, io che le voglio bene e credo di conoscerla, non tremo per lei. Con l’immaginazione la vedo andare, seguendo il vento, allerta non di meno nell’incertezza del percorso, nelle nebbie dell’approdo.
Il tempo al presente, nel dichiararle il mio amore, non tragga in inganno. Ci sono persone che nell’assenza confermano la loro presenza.

1Fin da bambina - e da adolescente si riconfermò tale - fu caparbia, vitale, amava la vita e le sfide. Ambiziosa e indipendente, seguiva una sua canzone, non per questo disconoscendo quella del mondo, sapeva ascoltare e cercava, seppur con grazia, di adattarla alla propria.
Intonò una canzone all’amore, era ancora ragazza, una nota stonata, inattesa, interruppe il suo acuto e allora cercò altre melodie.
“Non fu rinuncia, la mia, accadde, ero destinata ad altro”.
La vita offre inattese soluzioni, apre altre porte, il lamento non le si confaceva.
Era capace di scelte azzardate, seguiva l’urgenza del pensiero, aveva tempi giusti nel cuore. Quando fu il momento, scelse la parte giusta, quella che la Storia avrebbe decretato tale. Se avessero vinto i ‘cattivi’, il mondo sarebbe diventato un deserto di odio. Si sa che i cattivi hanno l’ossessione di marcare il territorio, di dividere tra bianco e nero e loro sempre bianchi, e buoni. Possibilmente belli...
Quel mondo che lei tanto amava, sarebbe diventato una terra marcata da recinti e fili spinati: lontani gli ‘altri’. Lei scelse gli altri. Combatté contro la dittatura e la sopraffazione, voleva stare con gli umili, gli oppressi, i puri di cuore. Sarebbe restata sempre tra di loro, per desiderio di libertà, fame di giustizia e pace. Era una di loro, in più quel qualcosa che la rendeva rara, capace un giorno di diventare quella che doveva.
Radicata nella sua terra, tra le montagne e le valli, era in viaggio per seguire la sua stella.
Si sa che una così travolge chi la ama, non chiede loro permesso nelle sue scelte estreme. Anche perché la vita, con gente come lei, bussa spesso e chiede. La vita fa domande giuste, basta saperla ascoltare.
Detestava le domande inutili, destinate ad avere come riposte silenzi o false compiacenze. Detestava il superfluo, lo spreco, lo aveva conosciuto, conosciuto la fame in tempo di guerra. Nei visi della gente, c’era la tristezza della vita agra, c’era la mestizia della miseria. E le donne, le ragazze anche, in più avevano un che di spaesato nello sguardo. I frutti da cogliere, per loro, si trovavano, troppo spesso, nel recinto delle case. Anche per loro, anche con loro, lei avrebbe seminato e raccolto in altri orti.
E seppe seminare e raccogliere.
Il viaggio la portava.
3 ministraLa città grande era il luogo dell’ufficio, la casa era sempre quella dell’infanzia, in famiglia, nella sua terra, tra la sua gente. Il suo vagone era aperto a tutti. Nei momenti delle scelte era solo suo. Il tempo della riflessione le apparteneva.
Si assumeva le responsabilità, specie nella gestione del potere, necessario e da maneggiare con cura.
Fu donna di potere, al servizio dello Stato. Credeva nella buona politica. Conosceva l’arte della mediazione. Aveva il senso dei tempi, educata in quelli della Chiesa, viveva il Carnevale, sapeva che dopo verrà il Mercoledì delle Ceneri, e la Quaresima si scioglierà nella Resurrezione.
Aveva fede profonda, silenziosa, portatrice di speranza.
“Ogni uomo può salvarsi cercando la propria verità. Non per questo, bisogna abdicare, eludere il giudizio”.

Vennero tempi confusi, dove tra i giocatori ci furono troppi bari. Il futuro si perse nelle ombre del presente. Nel suo luogo politico di elezione, dove l’antica idealità si andava stemperando in un eccesso di gesuitici distinguo, alcuni uomini accorti, lungimiranti, donne, tra queste la mia maestra, amica, si assunsero la responsabilità di dare uno scossone a questa pericolosa deriva. Erano uomini di potere, accorti, non certo rivoluzionari, avevano l’impressione di camminare su un precipizio. Trovarono alleati e troppi silenti oppositori. Miopi difensori della propria appartenenza, del proprio effimero potere. Cercatori di prebende, di misere ricompense.
Il loro cammino fu interrotto con violenza, e dopo nulla sarebbe stato più come prima. Mentre progetti eversivi striscianti si muovevano nell’oscurità, premevano per venire allo scoperto, stavano scegliendo i tempi.
2Il rapimento del leader, la strage della scorta, i suoi angeli custodi, infine l’assassinio dello stesso, portarono interrogativi che pur essendo apparentemente quelli che dovevano essere, tuttavia non ebbero risposte o forse...
“Noi dopo quei giorni, non saremmo stati più gli stessi. I tempi del dramma volevano che il passato fosse azzerato, e che ci confrontassimo con ciò che stava accadendo con occhi nuovi. Ma come pretendere che ciò si realizzasse? Alcuni ne furono capaci. Alcuni i meno politici. I più umani. Le risposte da dare non dovevano essere risposte politiche?”.
Quelle domande non la abbandonavano. Non solo, insinuavano dubbi. Non erano sbagliate eppure le risposte, per la prima volta, mancavano.  
Ed ecco che lei non ebbe più tempo per interrogarsi: la ragione di Stato e la certezza della risposta andarono di pari passo.
Incontrerà la Storia. Incontrandosi, scontrandosi con la P2 e Gelli, con quel progetto eversivo, che si annidava tra le Istituzioni, di cui pochi ebbero sentore: già perché pochi?
A tutti è concessa una prova, non tutti hanno il coraggio di affrontarla. Nessuno sa il prezzo che pagherà. Lei lo intuisce, ma non lo può capire fino in fondo. Accetta senza esitare. Incontrerà se stessa e diventerà quella che doveva.
Si mette a lavorare per fare il suo dovere. Per non tralasciare nulla. Per non dare nulla per scontato. È il suo modo di mettersi al servizio delle istituzioni: individuare il marcio, contribuire a isolarlo, eliminarlo per rendere lo Stato migliore, per difendere il suo Paese ancora una volta.
Quello che non può sapere, e che scoprirà nelle indagini, è che il marcio si radica in un progetto eversivo vasto. Che coinvolge il suo luogo di appartenenza, fiancheggia quel sistema. E che in molti, con una trasversalità che ha già inquinato i tanti luoghi dove si decidono i destini del Paese, hanno visto, voltandosi da un’altra parte.
4 quirinaleIl suo lavoro è la scoperta d’illeciti, di connessioni mafiose, di imprese eversive che arrivano fino al cuore dello Stato. Finché non è chiaro che: “…la democrazia è inquinata, è malata”. È chiaro che denunciare, vuol dire disconoscere la propria “famiglia”, perché non è più la famiglia che lei aveva scelto, dove aveva militato, dove era restata nei giorni drammatici della prigionia del leader, dove aveva sempre cercato la sintesi sfiorando il compromesso, evitando di perdersi, e perdere gli ideali per i quali aveva combattuto.
Avrebbe potuto vivere tranquilla con le sue serene abitudini, le sue forti convinzioni, la sua amata montagna, il nipote, le nipotine, sempre piccole pur negli anni che passavano, le sorelle, Gianna e Maria, quest’ultima custode amorevole e attenta. Lei, tanto ha già dato al Paese, e invece, si batte contro un sistema sorretto da forze potenti, palesi e sommerse, per la passione della verità, per la coerenza di una vita che l’ha condotta a quest’appuntamento e l’ha trovata pronta e l’ha resa per sempre a se stessa.
Resta sola ma libera e onesta. Presente, amata, nel cuore della gente, oltre il silenzio della malattia.
Libera di raccontare gli anni del suo lavoro folle e totale, di denunciare, l“altra faccia della luna” che lei ha avuto la forza di guardare e di contrastare.
Tina Anselmi diventa Tina.
Grazie.
Ti voglio bene. Averti incontrato ha cambiato e indirizzato la mia vita.
Anna
(1° Novembre 2016)

P.S.
Un giorno, di oltre dieci anni fa, a casa tua, chiesi: “Tina scriviamo insieme un libro? La tua storia, ne vale la pena”.
Tu non rispondesti subito, avevi il tuo sguardo ironico e il sorriso tenero.
“Sì, dai, che facciamo dispetto a tanti giornalisti affermati che mi cercano. Tanto tu non hai nessuno dietro. Poteri forti. Vai sola”.
Mai dimenticherò la tua voce.

Foto: al tempo del nostro lavoro comune a Castelfranco per il libro 2006 (Anna Vinci)


Biografia di Anna Vinci
Tina Anselmi con Anna Vinci. Storia di una passione politica (Sperling&Kupfer, 2006). La P2 nei diari segreti di Tina Anselmi (Chiarelettere, 2011), sugli appunti inediti tenuti dall’onorevole Anselmi, dal dicembre 1981 all’agosto1984, durante gli anni in cui fu presidente della Commissione bicamerale inquirente sulla loggia massonica P2 di Licio Gelli, prefazione di Dacia Maraini e postfazione di Giuliano Turone; Le notti della democrazia. Tina  Anselmi e Aung San Suu Kyi, due donne per la libertà (Ediesse, 2012), prefazione di Susanna Camusso.
Tra i suoi documentari su Tina Anselmi, l’ultimo trasmesso da Rai Storia il 22 marzo 2016: Tina la grazia della normalità.
Ha adattato e messo in scena tratto dai Diari di Tina Anselmi, lo spettacolo di teatro civile: Tra le pieghe della P2.

VIDEO
Guarda il documentario su Rai Storia: Italiani - Tina Anselmi. La grazia della normalità

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