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moro aldo casimirri alessio brLa Commissione d'inchiesta parlamentare scopre nuovi elementi
di Francesca Mondin
A distanza di quasi quarant'anni dall'omicidio del presidente del Consiglio della Dc Aldo Moro emergono nuove anomalie che riaccendono interrogativi mai risolti, come la rete di protezioni che ha permesso a due ex brigatisti condannati per l'omicidio e la strage di Via Fani, di essere ancora a piede libero.
Tra questi c'è Alessio Casimirri, oggi latitante in Nicaragua, a Managua, dove 'fa la bella vita' e gestisce dei ristoranti italiani assieme alla nuova moglie. L'ex brigatista rosso, come il “collega” Alvaro Lojacono, non ha scontato nemmeno un giorno di pena per quegli omicidi ed ora, Beppe Fioroni, presidente della Commissione parlamentare d'inchiesta sull'omicidio Moro, ha chiesto al governo Gentiloni di intervenire per riportarlo in Italia. “La questione Casimirri – scrive infatti Fioroni nella lettera indirizzata al presidente del Gentiloni ed ai ministri Alfano, Minniti e Orlando – riveste particolare importanza ai fini dell’inchiesta parlamentare, alla luce di numerosi elementi di indagine emersi in relazione al suo ruolo e alle vicende della sua fuga e latitanza”.
Secondo quanto scoperto recentemente Casimirri sarebbe stato arrestato nel maggio del 1982 senza che nessuno lo avesse mai saputo. Un vero e proprio mistero che, come scrive Fioroni, significherebbe che “rimase in Italia più a lungo di quanto comunemente si ritiene”, sottraendosi inoltre alla giustizia probabilmente “grazie al concorso di una rete di complicità che la Commissione sta cercando di ricostruire”.
L'anomalia ruoterebbe attorno al ritrovamento, negli archivi del Comando provinciale dei carabinieri di Roma, di un documento che attesta che nel 1982 l'ex brigatista venne arrestato. Fatto inspiegabile è che non c'è alcuna documentazione giudiziaria che attesti che Casimirri sia entrato in cella.
Il documento ritrovato nelle ricerche, volute dalla commissione presieduta da Fioroni, rende noto il Corriere della Sera, sarebbe un cartellino fotodattiloscopico utilizzato per identificare le persone e la  data risale al 4 maggio 1982. Cartellino che risulta essere come quelli effettivamente utilizzati in quell'anno dalle forze di polizia, di qui la sua presunta autenticità.
Non torna invece la foto, che altro no né che una fototessera messa in sostituzione alle classiche foto su tre lati che vengono scattate negli uffici investigativi.
Ci sono però delle impronta digitali che andrebbero al più presto verificate e confrontate con quelle del latitante oggi a piede libero in Nicaragua.
Sull'origine di questo documento si sollevano molti interrogativi, a partire dal compilatore della cartellina, la cui firma sembra non essere leggibile. Se nel 1982 fu fermato l'ex birgatista, come mai non risulta da nessuna altra parte l'operazione? Forse qualcuno l'ha lasciato scappare nell'immediato? Come mai questo documento è stato ritrovato solo ora? Un falso messo apposta, oppure qualcuno in passato ha cercato di nascondere degli elementi utili alle indagini?
A questi dubbi si somma un'altro fatto singolare che farebbe pensare che ci furono alcune falle nelle prime indagini. Dalle ultime scoperte emerge infatti che documenti e un’agendina telefonica che vennero sequestrati a Casimirri il 3 aprile 1978, durante una perquisizione non sono mai stati oggetto di indagine.
A tutte queste domande l'ultima Commissione parlamentare d'inchiesta sull'omicidio Moro ora vuole dare una risposta e lo fa chiedendo la sua estradizione: "Lo sforzo di ricerca della verità sulla vicenda Moro - conclude il presidente Fioroni nella lettera - non può dunque prescindere da un ulteriore tentativo di porre termine a una latitanza che è offensiva per le vittime e per la giustizia".

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