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de castris cocciolidi Antonio Nicola Pezzuto
Lo scorso 21 aprile il Procuratore Leonardo Leone De Castris si insediava a capo della Procura di Lecce. Durante la cerimonia inaugurale, nel suo discorso, tracciava le linee guida del suo mandato. Tra i temi al centro della sua attenzione figurava quello della tutela ambientale. A distanza di cinque mesi si concretizza il primo importante provvedimento in materia. Le indagini, coordinate dal Sostituto Procuratore della Direzione Distrettuale Antimafia di Lecce, Alessio Coccioli, e condotte dai militari del Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Taranto, hanno permesso di fare luce su un traffico illecito di rifiuti. L’inchiesta, denominata “Araba Fenice”, ha portato all’emissione di un Decreto di sequestro preventivo firmato dal GIP Antonia Martalò.
Nel mirino degli inquirenti la centrale termoelettrica “Federico II” di Cerano, di proprietà della S.p.A. “Enel Produzione”, lo stabilimento di Taranto della “Cementir Italia S.p.A” e i parchi “loppa d’altoforno, nastri trasportatori e tramogge” situati nell’appena citato stabilimento e nel siderurgico Ilva.
L’attività investigativa nasceva cinque anni fa in seguito a un sequestro penale di due aree dello stabilimento “Cementir Italia S.p.A.”, adibite illecitamente a discarica di rifiuti industriali, originati dall’attiguo insediamento siderurgico “Ilva S.p.A.”.
Le intercettazioni telefoniche e ambientali, corroborate da una perizia tecnica disposta dalla Procura e dai risultati delle analisi chimiche, hanno permesso di appurare che le materie prime utilizzate dalla Cementir per la produzione di cemento, acquistate dall’Ilva e dalla centrale Enel di Cerano, non erano conformi agli standard imposti dalle normative vigenti.
«La loppa d’altoforno prodotta e commercializzata da ILVA S.p.A. (ora in A.S.) nello stabilimento di Taranto presenta però delle criticità connesse alla commistione della stessa con scarti eterogenei del tipo: scaglie di ghisa, materiale lapideo, profilati ferrosi, pietrisco e loppa di sopravaglio, che ne inficiano la capacità di impiego allo stato tal quale nell’ambito del ciclo produttivo del cemento. Pertanto, più correttamente dobbiamo parlare di un miscuglio/coacervo di materiali, ove la loppa d’altoforno rappresenta la percentuale maggiore. Alcune delle impurità presenti (scorie, ghisa, ghisetta, refrattari ecc.) traggono origine dal processo produttivo che genera la stessa loppa, a causa di una cattiva separazione, durante le fasi di colata della ghisa. Altre invece (ciottoli e pietre di origine fluviale, profilati e semilavorati metallici, rifiuti in genere) derivano dall’attività di movimentazione effettuata successivamente alla produzione. A causa della presenza di tali materiali estranei la loppa, per poter essere utilizzata nel processo produttivo del cemento, necessita di operazioni di trattamento effettuate, in tempi diversi, sia dal produttore che dal destinatario ed aventi ad oggetto la vagliatura, volta all’eliminazione dei frammenti di dimensioni più consistenti al fine di assicurare un’uniforme granulometria del materiale e la deferrizzazione, volta all’eliminazione dei residui metallici (profilati di ferro e crostoni di ghisa)», si legge nelle 136 pagine del Decreto di sequestro preventivo. «Per le criticità innanzi esposte, la loppa prodotta e commercializzata da ILVA S.p.A. deve essere esclusa dal novero dei sottoprodotti ed inserita in quello dei rifiuti, con l’ovvia conseguenza che la sua gestione, in ogni fase, dallo stoccaggio al trasporto, allo smaltimento e all’eventuale recupero, si sarebbe dovuta effettuare in ossequio alle norme che disciplinano la gestione dei rifiuti», sottolinea il GIP.
Per rendere la loppa utilizzabile nel ciclo produttivo del cemento occorrerebbe effettuare un duplice trattamento, sia presso il produttore ILVA sia presso l’utilizzatore Cementir, finalizzato ad eliminare questi corpi estranei.
La Guardia di Finanza ha prodotto una ricca documentazione fotografica che comprova l’esistenza di cumuli di loppa frammista a materiali di vario tipo come scorie metalliche, blocchi lapidei, frammenti grossolani di loppa la cui presenza non consente l’utilizzo della loppa nel ciclo produttivo del cemento che richiede un materiale avente omogenea consistenza granulosa.
«Per come emerge dal complesso delle indagini, inoltre, non può dirsi che non vi fosse la consapevolezza, in capo ai dirigenti dei due enti della problematica legata alle impurità della loppa ceduta da I.L.V.A spa (ora I.L.V.A. spa in A.S.) e alla necessità che la stessa fosse sottoposta ad un ulteriore trattamento a valle del ciclo produttivo siderurgico volto a renderla concretamente riutilizzabile come componente primario del cemento d’altoforno», sostiene il Giudice per le indagini preliminari.
Appurate le violazioni di legge nella produzione del cemento tramite l’utilizzo della loppa, gli inquirenti si sono concentrati sui quantitativi di ceneri leggere (c.d. “volanti”) che la “Cementir Italia S.p.A.” ha acquistato dallo stabilimento di Cerano appartenente ad “Enel Produzione” S.p.A.
Il Sostituto Procuratore Alessio Coccioli afferma: «Le ceneri in questione sono conferite a Cementir come rifiuto dalla Centrale termoelettrica ENEL Federico II di Brindisi. Il trasporto è realizzato a mezzo di cisterne, che le scaricano pneumaticamente in un silos di stoccaggio da cui vengono dosate e pneumaticamente inviate ai molini cemento. Le ceneri conferite a Cementir sono costituite dai materiali solidi raccolti nei filtri a manica e negli elettrofiltri posti a valle dell’impianto DENOx, facenti parte del sistema di abbattimento fumi della centrale, denominate da ENEL “ceneri leggere”».
La citata società di produzione di energia elettrica ha classificato le ceneri come provenienti dalla sola combustione di carbone, classificandole come “rifiuto speciale non pericoloso”.
In realtà, Enel ha impiegato, nel ciclo produttivo, combustibili (OCD e gasolio) creando ceneri contaminate da sostanze pericolose derivanti dall’impiego di combustibili diversi dal carbone e dai processi di denitrificazione a base di ammoniaca.
«Con riferimento al funzionamento e alla gestione delle ceneri in termini generali, ciò che emerge a seguito delle indagini condotte su incarico dell’organo di accusa, è il ricorso a forme di gestione di rifiuti in palese contrasto alla disciplina in materia di smaltimento dei rifiuti, nella piena consapevolezza, da parte dei dirigenti Enel. In via di estrema sintesi, le criticità emerse all’esito delle indagini possono così riassumersi: miscelazione dei rifiuti e contaminazione delle ceneri… Secondo l’ipotesi accusatoria, riscontrata dagli accertamenti tecnici eseguiti, è riscontrabile nel sistema di evacuazione delle ceneri una gravissima lacuna strutturale consistente nella totale assenza di dispositivi ed accorgimenti tecnici di alcun genere capaci di evitare la commistione con le sostanze pericolose, in primis l’ammoniaca, che residuano all’esito dei processi chimici di denitrificazione», scrive il GIP Antonia Martalò nel Decreto di sequestro preventivo.
La gestione promiscua delle diverse tipologie di ceneri da parte dello stabilimento Enel di Cerano si è tradotta in un chiaro vantaggio patrimoniale per la società, concretizzatosi nel risparmio dei costi correlati alla separazione e al corretto smaltimento di quei rifiuti, quantificati in circa 2 milioni e 553mila tonnellate.
Con la successiva commercializzazione, Enel ha trovato un espediente alternativo e più economico per smaltire questi rifiuti rispetto alle soluzioni previste dalla normativa vigente. Questa condotta è stata ritenuta particolarmente grave considerato che la centrale è dotata di impianti che avrebbero consentito lo stoccaggio e la separazione delle ceneri e non sono mai stati utilizzati. Enel avrebbe dovuto sopportare costi esponenzialmente più elevati per smaltire le ceneri presso siti autorizzati a trattarli in conformità alla loro reale natura di rifiuti pericolosi anziché classificarli fraudolentemente come rifiuti non pericolosi.
Dalle intercettazioni telefoniche emerge che alcuni indagati fossero perfettamente a conoscenza della pericolosità delle ceneri.
«Hai contaminato tutte le ceneri… già mi immagino i titoli dei giornali», diceva il direttore dello stabilimento Fausto Bassi ad un suo collaboratore in una conversazione captata dagli investigatori, mostrando tutta la sua preoccupazione per i possibili risvolti delle indagini. Gli indagati fanno anche riferimento alla necessità di confondere gli inquirenti presentando loro dati alterati e non veritieri, evitando di comunicare con l’ARPA.
Queste condotte illecite hanno di fatto trasformato una voce di costo aziendale legata allo smaltimento dei rifiuti in una fonte di guadagno per Enel, rappresentata dal prezzo corrisposto da Cementir per la somministrazione delle ceneri.
Per tutto questo risultano indagate 31 persone con l’accusa di traffico illecito di rifiuti ed attività di gestione di rifiuti non autorizzata.
Il GIP ha disposto: il sequestro preventivo della centrale termoelettrica “Federico II” di proprietà di Enel Produzione SpA, situata a Cerano, con provvisoria facoltà d’uso per un termine non superiore a sessanta giorni; il sequestro dello stabilimento di Taranto della “Cementir Italia S.p.A.”, con provvisoria facoltà d’uso, subordinata alla prescrizione di cessare l’approvvigionamento di ceneri dalla predetta centrale termoelettrica di Brindisi e di impiegare nel ciclo produttivo del cemento solo ceneri leggere conformi alla vigente normativa; il sequestro dei parchi loppa comprensivi dei materiali ivi stoccati, dei nastri trasportatori e delle tramogge di pertinenza dello stabilimento siderurgico Ilva di Taranto subordinato alla prescrizione di gestire la loppa come rifiuto secondo gli obblighi previsti dalla normativa in materia ambientale.
In esecuzione del Decreto di sequestro disposto dal GIP, il Nucleo di Polizia Tributaria di Taranto ha sequestrato anche saldi attivi di c/c, quote e/o partecipazioni azionarie anche in altre società, polizze assicurative e/o bancarie, depositi, titoli ed ogni altro prodotto di investimento, crediti, beni mobili registrati ed immobili di “Enel Produzione SpA” per un valore di 523.326.050,00 euro, riferiti al periodo settembre 2011 - settembre 2016, derivanti dal profitto dei reati contestati.

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