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Chi ha voluto l’omicidio del generale Carlo Alberto dalla Chiesa, ucciso assieme alla moglie il 3 settembre 1982 a Palermo? La morte di un uomo che, come ha detto ieri il Presidente del Senato Pietro Grasso, “stava innescando una rivoluzione che rischiava di spezzare l'egemonia sub-culturale della mafia e del sistema di potere ad essa collegato”. ‘’Omicidio che - ha evidenziato Grasso intervenendo alla presentazione del libro ''dalla Chiesa'' di Andrea Galli, allo Steri a Palermo - non fu un buon affare per Cosa nostra. Questa valutazione negativa è emersa anche dall'interno dell'organizzazione, tanto che alcuni mafiosi si chiedono ancora oggi quali interessi così importanti avesse potuto toccare il prefetto dalla Chiesa in soli cento giorni da deliberarne l'eliminazione fisica o, di converso, per le finalità di quale potere occulto esterno abbia operato la mafia''.
Un potere occulto che probabilmente lo temeva per le grandi doti e qualità che già dalla Chiesa aveva dimostrato nella lotta al terrorismo ha spiegato ancora Grasso: "Coloro che avevano in precedenza sostenuto e apprezzato dalla Chiesa come il salvatore della patria dal terrorismo, per le stesse ragioni potevano averlo temuto particolarmente. Ne conoscevano l'intuito investigativo, la capacità organizzativa, l'intelligenza, la dedizione, l'impeto, l'incorruttibilità e anche una inveterata indipendenza di giudizio unita ad un indomito coraggio''. "Qualità - ha aggiunto - che unite alla memoria dei segreti di Stato del terrorismo, possono ben aver costituito un'incontrollabile miscela esplosiva, rappresentata da un uomo che non si è mai asservito alla politica e che sul fronte della mafia stava rivelando di averne compreso le evoluzioni in chiave Corleonese, soprattutto sull'asse Palermo-Catania”.
Un uomo che però alla mafia non conveniva colpire in quel momento secondo alcune testimonianze di collaboratori di giustizia. “Deponendo al processo Andreotti, il collaboratore di giustizia Tullio Cannella - ha portato come esempio Grasso - riferì che proprio il feroce killer Pino Greco 'Scarpazzedda', che aveva partecipato all'eccidio del prefetto, gli aveva confidato: 'Quest'omicidio non ci voleva. Ci vorranno almeno dieci anni per riprendere bene la barca, e comunque qua io ho avuto uno scherzetto in quest'omicidio, e questo scherzo me lo fece u Raggiuneri. Cà c'e a manu d'u Raggiuneri, u sap'iddu chiddu ca cummina (lo sa lui quello che combina)' - ha aggiunto Grasso - Secondo Cannella, Greco alludeva al fatto che le vere motivazioni dell'omicidio dalla Chiesa erano diverse da quelle fatte circolare in Cosa nostra e che, comunque, non vi erano state quelle coperture promesse a Provenzano e di cui si era fatto lui stesso garante. Infatti, in pochi giorni venne approvata, dopo anni di attesa, la legge Rognoni-La Torre, che aveva resistito all'omicidio dello stesso La Torre, introducendo l'associazione mafiosa, i controlli bancari sugli enti pubblici e gli appalti, il sequestro e la confisca dei beni. Non solo, quei poteri di coordinamento investigativo sul piano nazionale che egli aveva, ripetutamente e invano, sollecitato sin dal primo momento, e che al di là delle promesse formali e delle dichiarazioni di intenti non gli erano stati concessi, vennero dati al suo successore tramite un Decreto legge, ampliandoli addirittura su tutto il territorio nazionale, anche in materia di camorra e di 'ndrangheta''. Ed è anche in queste promesse mancate che vanno individuate delle responsabilità importanti della morte del generale, perché “accanto alla responsabilità di autori e mandanti, vi è anche la responsabilità morale di chi non l'ha ascoltato o l'ha privato dei mezzi per garantire libertà e democrazia, legalità e giustizia. Come disse il generale pochi giorni prima di essere ucciso a suo figlio Nando: 'Certe cose si fanno per poter guardare in viso i nostri figli e i figli dei nostri figli senza avere la sensazione di doverci rimproverare qualcosa'".
"Non bisogna mai smettere" di cercare la verità, ha concluso Grasso, "su questo omicidio e sugli altri omicidi". "Non bisogna mai stancarsi di aprire nuovi fronti, nuove indagini - ha aggiunto Grasso - Io ho speso una vita per cercare sempre la verità. A tutti i collaboratori che ho sentito ho chiesto se sapessero qualcosa degli omicidi più importanti, proprio perché sono delitti che sono fuori dallo stretto ambito mafioso".

Fonte ANSA

Foto © S. F.

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