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terreno bruciatoAncora una volta un grave incendio che ha colpito un terreno sottratto a Cosa nostra
di Rino Giacalone

Mai come quest’anno fiamme dolose hanno devastato in ogni dove del nostro Paese boschi, pinete, riserve e parchi naturali. Ingenti danni, davvero incalcolabili. La cronaca dell’estate 2017 è ricca di questi fatti, anche perché in molti casi a rischio è stata messa la vita di tante persone, turisti e residenti, che si sono trovati attorniati dalle fiamme come è successo a un cospicuo numero di ospiti di un residence turistico a San Vito Lo Capo.
Ma nel trapanese il fuoco doloso si è presentato anche come una costante. Ci stiamo riferendo alle fiamme che hanno colpito uliveti confiscati alla mafia nella zona di Castelvetrano, la terra del padrino di Cosa nostra, Matteo Messina Denaro. Puntualmente c’è stato il rogo che ha danneggiato un impianto gestito dalla neonata cooperativa “Rita Atria”. Come accade da tanti anni.
Ad ogni estate ci sono roghi che colpiscono terreni confiscati, qualche volta ancora prima che ci fosse l’assegnazione. Messaggio chiaro: la terra della mafia tolta alla mafia non la si può pensare di gestire in modo facile. Il fuoco è la rappresentazione di come Cosa nostra non intende alzare bandiera bianca dinanzi all’attacco dello Stato. Pochi giorni addietro il fuoco è stato appiccato in diversi punti all’interno di un appezzamento di terreno confiscato in contrada Seggio Torre e assegnato alla cooperativa sociale Rita Atria Libera Terra. Un uliveto malmesso, tanto che era in programma l’espianto di alcuni alberi, ma comunque i lavoratori della cooperativa si erano dati da fare per creare ampie piste cosiddette tagliafuoco attorno all’uliveto, proprio per prevenire gli incendi. I piromani invece hanno aggirato l’ostacolo, sono entrati fin dentro l’impianto agricolo olivicolo e hanno acceso diversi focolai. Sono entrati in azione nelle tarde ore del pomeriggio, così da rendere difficoltoso qualsiasi intervento con l’approssimarsi della sera. In totale 400 alberi bruciati e svariati ettari di terreno attraversati dalle fiamme e inceneriti. Ai danni relativi al valore degli alberi inceneriti vanno assommati quelli legati alla spesa sostenuta dalla cooperativa “Rita Atria” per cominciare a sistemare l’uliveto, in vista di una nuova produzione nella prossima stagione di raccolta del 2018.
Si tratta dell’ennesimo episodio, non certo il primo nella provincia di Trapani, che testimonia come sia importante tenere alta l’attenzione delle istituzioni e della società civile sui beni confiscati e sul valore del loro riuso sociale. In tal senso ancora rimane irrisolta, dopo mesi ormai da quando Libera ha sollevato la questione, la situazione dei terreni confiscati in contrada Inchiusa a Castelvetrano. Si tratta di terreni che dal sequestro sono transitati verso la confisca definitiva. E con la confisca deve scattare l’assegnazione in gestione da parte dell’Agenzia nazionale dei beni confiscati.
Ha dovuto così smobilitare la cooperativa palermitana che durante il sequestro ha curato la gestione di questi terreni, ma considerato che la nuova assegnazione non è stata ancora decisa, il risultato è stato quello di vedere perduto tutto quello che si era fatto, per l’interruzione della gestione delle coltivazioni. È stato impossibile per le istituzioni, Agenzia nazionale beni confiscati, Comune e Prefettura, procedere ad una autorizzazione in favore della cooperativa che gestiva già il bene, nelle more di una assegnazione definitiva. In questo senso nel tempo sono stati numerosi gli allarmi sui danni cui stavano incorrendo i terreni, evidenziati all’Agenzia e al Comune di Castelvetrano, già quando ancora l’amministrazione comunale non era stata commissariata (Dal maggio scorso il Comune di Castelvetrano è stato sciolto per inquinamento mafioso).
Libera ha sollecitato le istituzioni a percorrere tutte le strade possibili, nel rispetto delle leggi e in assoluta trasparenza, per evitare che il bene rimanesse, come è invece accaduto, abbandonato e non gestito, diventando cosi possibile preda di atti vandalici che ne ridurrebbero il valore oltre che diventare motivo per diffondere una pessima immagine dell’operato dello stato in un territorio sicuramente difficile, come quello trapanese. Dalla sua costituzione, avvenuta nel settembre 2014, la cooperativa “Rita Atria” ha fatto diversi investimenti per gli ripristinare la produttività degli uliveti ricevuti in gestione. L’obiettivo nonostante tutto è quello di valorizzare le caratteristiche del territorio e le sue eccellenze a partire dalla coltura tipica della zona la Nocellara del Belice.

Tratto da: liberainformazione.org

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