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toga codice penale 500di  Luciano Armeli Iapichino
Tra le “brillanti riforme” di Governo dell’anno appena trascorso, Buona Scuola, Jobs Act, Riforma Costituzionale, Italicum, una suscita incredulità, pari indignazione, pari sconforto per gli addetti ai lavori e caos nei palazzi. Quelli di giustizia. Per non parlare delle eventuali ricadute sui tempi di definizione dei contenziosi che si allungherebbero oltre misura con buona pace per la prescrizione. Il testo che tanto sta infuocando le Procure è quello della Legge 28 aprile 2016, n. 57 recante "Delega al Governo per la riforma organica della magistratura onoraria e altre disposizioni sui giudici di pace", pubblicato in Gazzetta Ufficiale 29 aprile 2016, n. 99.

In soldoni: il 5 luglio 2016 il Comitato Europeo dei Diritti Sociali del Consiglio d’Europa, accerta all’unanimità che l’Italia viola, a nocumento dei giudici di pace, il principio di non discriminazione previsto dall’articolo E in combinato disposto con l’articolo 12 della Carta Sociale Europea, deliberando che i giudici di pace, sotto il profilo delle funzioni, dei doveri e del lavoro svolto, sono equiparabili ai magistrati professionali, con particolare riguardo al diritto inviolabile ad un trattamento previdenziale ed assistenziale equipollente, anche in materia di tutela della maternità, della paternità e della salute (unionegiudicidipace.it).

In particolare si evidenzia che “l’assimilazione dei giudici di pace ai magistrati di ruolo è progressivamente avvenuta con riguardo al reclutamento, alle competenze, alla fiscalità dei redditi, e che le funzioni di giudice di pace sono, dal punto di vista funzionale, equivalenti ai magistrati di ruolo […] a prescindere dalla loro qualifica di diritto interno come magistrati professionali o onorari".

Il Ministero della Giustizia nostrano ha “accolto” queste e altre “violazioni” rilevate dall’organo europeo con atteggiamento all’italiana, ideando una Riforma che, di fatto, si traduce in una roncola che falcia di netto i diritti della categoria, la loro professionalità, il funzionamento, già farraginoso, del sistema-giustizia.

Tra le novità, quelle contestate e ritenute inaccettabili dai magistrati onorari fanno riferimento ai trasferimenti, alla durata dell’incarico, alle sanzioni disciplinari, all’estensione dell’incompatibilità e alla mortificante limitazione a un solo giorno a settimana d’impegno presso gli Uffici Giudiziari, per udienza o no.

All’orizzonte sembra paventarsi un’altra precarizzazione alla condizione già da qualche tempo precaria e umiliante di questi lavoratori che di contro, nell’abnegazione professionale giornaliera, sorreggono oltre misura un sistema già al collasso, lento e percepito dall’utenza come poco efficace ed efficiente.

Una misura, questa, che va nella direzione opposta a una degna e meritata stabilizzazione che di certo sarebbe più funzionale alla soluzione di ataviche ed endemiche criticità.

Riorganizzare a ribasso la Magistratura Onoraria, in assenza di un potenziamento della pianta organica dei magistrati professionali, è la negazione istituzionale dell’esercizio della legge a tutela del cittadino sull’intero territorio nazionale.

È la morte dello Stato di Diritto, di quello Costituzionale, della dignità del lavoratore e del senso di civiltà percepito da tutti.

Nel concreto: è giusto lobotomizzare la figura del Magistrato Onorario – tra l’altro reclutato attraverso una specifica procedura concorsuale per titoli - ridimensionandone autonomia e competenze, acquisite con anni di chirurgica formazione ed esperienza sul campo?

È giusto condannare, in assenza di delega sui trasferimenti, il Magistrato Onorario che dovesse trovarsi in situazione d’incompatibilità professionale alla “pena” della decadenza o delle dimissioni?

Per un Ministero che si reputi saggio e attento nell’euristica delle soluzioni finalizzate all’efficienza dei servizi e ancor prima all’ossequio della garanzia dei Diritti Costituzionali, è da considerarsi oculata o scellerata la scelta di limitare a un solo giorno la settimana la funzione del Magistrato onorario sia giudicante sia requirente con pesanti ripercussioni nell’evasione dei procedimenti, civili e penali, della produttività dell'Ufficio e del singolo Magistrato Onorario?

A chi sarebbe demandata anche la gravosa funzione concernente le “operazioni di lettura degli atti, predisposizione di bozze di provvedimenti, ricerca del materiale giurisprudenziale, attività istruttoria, che servono solo al Giudice ordinario e che ne alleggeriscono l’impegno quotidiano?”

Si paventano mobilitazioni e reazioni.

Non ultima la preoccupante nota a firma del Presidente del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, Dott. Giovanni De Marco, indirizzata al Ministro di Giustizia e per conoscenza all’Ottava Commissione del Consiglio Superiore della Magistratura, a tutela della funzione e della dignità dei magistrati onorari del tribunale siciliano e della Magistratura Onoraria tutta nell’ambito del sistema giudiziario.

Barcellona Pozzo di Gotto, cittadina attanagliata dallo spettro reale di una malavita di “alto bordo” – infinite le operazioni antimafia, secolari le condanne, fertile la rivitalizzazione criminale, inquietante il sommerso mafioso, camaleontica l’armatura di certi poteri - subirebbe, con l’emanazione dei decreti attuativi sopra citati, di colpo, una vera e propria paralisi nella funzione giurisprudenziale con conseguenze inimmaginabili anche sul fronte della lotta alla criminalità organizzata.

A ragion veduta, De Marco, rileva il prezioso apporto della Magistratura Onoraria il cui carico di lavoro, all’interno degli Uffici Giudiziari italiani, oscilla tra il 15% e il 40%, paventando, altresì, l’impossibilità di evadere anche l’ordinario e quindi le urgenze della gestione degli affari di competenza.

Il limite alle udienze per i magistrati in questione, previsto dalla riforma, si tradurrebbe concretamente in un imprudente bavaglio alla voce dei principi fondamentali della Carta Costituzionale.

La Dott.ssa Maria Impera, magistrato onorario in servizio presso il Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, così si è espressa: “Con la Legge 57 inerente alla riforma della Magistratura Onoraria non speravamo, di certo, in grandi cambiamenti ma nemmeno in una oggettiva mortificazione. Passare da 4/5 udienze settimanali a una è davvero mortificante. Il Ministro non ha ben compreso cosa succede nelle aule dei Tribunali in termini di esigenze e necessità; non ha il polso della situazione. Eppure non volevamo essere equiparati alla Magistratura togata. Dopo 15/20 anni di precariato speravamo in una dignitosa stabilizzazione e nella garanzia dei diritti fondamentali come la maternità, le ferie e uno stipendio decoroso. E ancora: senza la Magistratura Onoraria i tribunali potrebbero chiudere e di questo hanno certezza i Presidenti dei Tribunali della Repubblica e i Procuratori, terrorizzati da queste novità, che hanno inviato al CSM e al Ministro note di solidarietà nei nostri confronti. La verità consiste nel fatto che noi garantiamo la giustizia ai cittadini ma lo Stato non garantisce i nostri diritti fondamentali”.  

Una giustizia ritardata è sempre e comunque una giustizia negata asseriva Montesquieu.

Una giustizia ferma, di certa, è l’antitesi di uno Stato sopra i parametri di civiltà.

Ad Andrea Orlando, Ministro della Giustizia di un Paese che ancora vogliamo considerare civile.

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