di Francesca Mondin
“Sono veramente felice oggi per la mia famiglia perché nel pomeriggio alla caserma di Bivona mi notificano il rientro nel programma di protezione”. Ignazio Cutrò da oggi tornerà ad essere a tutti gli effetti un testimone di giustizia. Il Tar del Lazio ha accolto il suo ricorso per l’annullamento della delibera adottata ad ottobre dalla Commissione Centrale. Fino a ieri, da poco più di tre mesi infatti, Ignazio Cutrò non era più formalmente un testimone di giustizia perché non erano state prorogate le speciali misure di protezione nei suoi confronti e del suo nucleo familiare. Un fatto che aveva scosso a tal punto Cutrò che era stato colto da un malore appena venuto a conoscenza della decisione della Commissione del Ministero dell’Interno . Oggi può finalmente tirare un sospiro di sollievo, dopo mesi insonni di ansie e timori per l’incolumità dei famigliari. “Ho creduto e continuo a credere nella giustizia e oggi abbiamo avuto prova che si può fare - ha detto l’ex imprenditore di Bivona contento - non ho rancori verso nessuno ma rimarco che la lotta alla mafia è una lotta di tutti e la dobbiamo fare assieme!”.
Nelle motivazioni del Ministero dell’Interno per la mancata proroga delle misure speciali di protezione, ci sarebbe stato anche un riferimento alle manifestazioni e proteste di Cutrò contro il malfunzionamento del sistema di protezione e quindi il Ministero. “Se io mi sono scatenato o lamentato in tutti questi anni che il nostro sistema non è mai stato applicato in toto, per questioni logistiche o altro, l’ho fatto solo al fin di bene - ha spiegato oggi Cutrò - l’ho fatto anche per chi non poteva parlare perché in località segreta”.
E’ l’Ignazio Cutrò di sempre a parlare oggi, il presidente dell’Associazione nazionale testimoni di giustizia deciso e pronto ad impegnarsi assieme agli altri testimoni di giustizia per far vale i diritti di tutti e continuare la lotta quotidiana alla mafia.
“Con l’associazione siamo riusciti a portare a termine due importanti leggi ed ora molti testimoni sono stati impiegati in un lavoro pubblico e cominciano ad avere una vita normale, noi chiediamo solo questo”. E ancora “Anche se dai vertici ci hanno detto che diamo fastidio noi continueremo sulla nostra linea perché lo Stato siamo noi cittadini e chiedo al Ministero di poter collaborare spalla spalla perché io non sento che lo Stato è mio nemico ma io non devo essere un nemico per lo Stato”.
Da circa un anno Cutrò lavora come impiegato pubblico a Bivona ma è stato costretto a veder fallire la sua azienda edile. Per molti anni Cutrò è riuscito a resistere al fallimento ed ai danni provocati dalla sua scelta e forse ce l’avrebbe fatta se fossero state applicate delle perizie redatte ancora nel 2012 dal Viminale stesso.
Ed è la voce di Salvatore Borsellino, fratello del magistrato Paolo e fondatore del movimento Agende rosse, a ricordare l’importanza di sostenere i testimoni di giustizia nella propria terra: “Non posso che essere felice di questa notizia ma non basta - ha scritto Salvatore Borsellino sul suo profilo Facebook - bisognerebbe che ad Ignazio, così come a tanti altri, fosse permesso di fare l'imprenditore nella sua terra, così come avveniva prima della sua coraggiosa scelta di denunciare e fare processare i suoi estorsori”.
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