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matacena amedeo0Processo Breakfast, l'ex agente dei servizi: dopo l'arresto vollero sapere del suo trattamento
di Miriam Cuccu
Le telefonate dell'ambasciata all'indomani dell'arresto di Amedeo Matacena (in foto) sono state al centro dell'udienza del processo Breakfast. Tra i principali imputati l'ex ministro Claudio Scajola e Chiara Rizzo, moglie di Matacena. Entrambi sono accusati di procurata inosservanza della pena in favore dell'ex deputato di Forza Italia negli Emirati Arabi, dopo essere stato condannato per concorso esterno in associazione mafiosa.
Ad essere esaminato dal pm di Reggio Calabria Giuseppe Lombardo è stato Paolo Costantini, ex agente dei servizi segreti, che ha raccontato alcune vicende accadute negli Emirati Arabi Uniti dove ha prestato servizio all'ambasciata italiana.
L'ex 007 ha raccontato di quando apprese dell'arresto di Matacena, fermato all'aeroporto di Dubai nell'agosto 2013 dalla polizia degli Emirati, in quanto destinatario di un mandato di cattura dell'Interpol in seguito alla condanna per concorso esterno in associazione mafiosa: “Venni informato dalla polizia degli Emirati con cui avevo ottimi rapporti. Mi dissero che l'italiano era un latitante che era stato segnalato dall'Interpol. E per me la storia finì lì”. Quindi l'esame si è concentrato su un episodio accaduto dopo la cattura dell'ex deputato: Costantini ha ricordato di aver ricevuto una telefonata da parte di Giorgio Starace, ambasciatore italiano negli Emirati nonché suo superiore. Storace, ha spiegato il teste, “con un po' di veemenza mi disse 'è mai possibile che io devo venire a sapere dai giornali dell'arresto di un onorevole italiano?'” riferendosi al fermo dell'ex deputato di Forza Italia e aggiungendo di dover sapere “dove si trova e come viene trattato”. Costantini ha precisato che nel caso di Matacena, in quanto latitante, non sussisteva alcuna ragione di essere seguito dall'ambasciata.

“Spiegai all'ambasciatore – ha proseguito – che il mio dovere è quello di fare in modo che l'ex onorevole Matacena venga assicurato alla giustizia italiana nel minor tempo possibile, non di curarmi che sia in determinate condizioni di detenzione”. Nonostante l'insistenza di Storace “affinché mi interessassi presso gli organi di polizia per sapere se era detenuto, in regime di semilibertà, in una cella o in una stanza d'albergo, non feci nulla di tutto questo. Poi mi chiamò anche il console, ma io non mi feci intimidire e informai la mia scala gerarchica con documenti riservati. Era la prima volta che mi succedeva una cosa del genere”.
Costantini ha spiegato che, in materia di estradizione, vige il rapporto di reciprocità tra Emirati e Italia. E che per il reato di associazione di tipo mafioso “non c'è reciprocità” tanto che “il posto migliore dove svernare sono proprio gli Emirati, difficilmente concedono l'estradizione, Io fanno solo per reati di terrorismo, armi e stupefacenti”. Costantini ha poi riferito di aver saputo, dopo l'arrivo di Matacena negli Emirati Arabi, della presenza di Vincenzo Speziali (imprenditore di Catanzaro indagato nel processo, secondo l'accusa punto di riferimento in Libano per il trasferimento di Matacena a Beirut, ndr) nell'ambasciata italiana locale in un periodo che va da agosto a settembre 2013. “Speziali – ha aggiunto l'ex 007 – ci interessava in quanto legato al politico libanese Genayel”.
L'esame del collaboratore di giustizia Nino Fiume è stato invece rimandato al 28 novembre, in aula bunker e non in videoconferenza, su diretta richiesta del pentito. Per il suo esame, ha anticipato Lombardo, saranno necessarie almeno tre udienze piene dato che non è stato prestato il consenso per l'acquisizione di quei verbali che avrebbero consentito all'accusa di far entrare nel dibattimento le dichiarazioni di Fiume, invece di fargliele ripetere integralmente in aula.

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