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carabinieri tribunale togaDurante l'udienza chiesta l'ammissione di ulteriori testimoni
di Adriana Stazio
Si è tenuta ieri mattina davanti al Giudice monocratico del Tribunale di Roma una nuova udienza del processo per diffamazione che vede imputati il maresciallo Saverio Masi e il luogotenente Salvatore Fiducia insieme al loro avvocato Giorgio Carta e ad otto giornalisti, firme importanti del giornalismo italiano: Sigfrido Ranucci, Giuseppe Lo Bianco, Sandra Rizza, Antonio Padellaro, Michele Santoro, Sandro Ruotolo, Dina Lauricella e Walter Molino. I due sottufficiali dell’Arma avevano sporto denunce contro i loro superiori raccontando di ostacoli posti alle loro indagini per la ricerca di latitanti del calibro di Provenzano e Matteo Messina Denaro. Delle loro denunce avevano parlato gli otto giornalisti imputati nonché il loro legale nel corso di una conferenza stampa. Gli ufficiali accusati dai due militari avevano dunque sporto numerose querele tutte riunite dalla procura di Roma in un unico procedimento sfociato nel rinvio a giudizio.

L’udienza di ieri è stata destinata all’audizione del primo teste dell’accusa, la parte civile generale Giammarco Sottili, assistito dall’avvocato di origine messinese Ugo Colonna.

Sottili, che era stato citato come testimone, è stato invece ascoltato, accogliendo la richiesta del difensore di Masi, Fiducia e Carta avvocato Alessandro Grimaldi, come indagato in procedimento connesso, ai sensi dell’art. 210 c.p.p. in quanto è tutt’ora indagato a Palermo nel procedimento scaturito dalle denunce dei due sottufficiali, procedimento su cui pende richiesta di archiviazione a cui però Masi e Fiducia hanno presentato opposizione: la decisione spetterà al gip. Nello stesso procedimento palermitano erano confluite anche le denunce per calunnia e diffamazione di Sottili e degli altri ufficiali, per cui sono indagati anche Masi e Fiducia e alla loro opposizione alla richiesta di archiviazione si somma pure quella del gen. Sottili.

E’ proprio per la contemporanea pendenza di tale procedimento principale (in quanto riguardante le denunce su cui sono stati scritti gli articoli) che lo stesso pm Di Matteo aveva dichiarato a proposito del processo romano per diffamazione: “Mi sembra singolare che mentre a Palermo si cerca di verificare la fondatezza delle sue denunce (di Saverio Masi, ndr), un'altra autorità giudiziaria incrimini per diffamazione gli autori delle suddette denunce e perfino i difensori e i giornalisti che la hanno rese note”. Di certo si tratta di una vicenda singolare, tenuto anche conto che, mentre l’avvocato Carta e i giornalisti esercitavano rispettivamente il diritto di difesa e il diritto di cronaca, appare oscuro in che modo la procura ritenga di provare il concorso di Masi e Fiducia in tali episodi di presunta diffamazione, dato che non hanno rilasciato interviste, né agli atti delle indagini risulta qualche semplice indizio di una loro partecipazione ad essi.  

Interrogato dal pm Nicola Maiorano, il teste ha oscillato tra il tentativo di screditare i due carabinieri che lo hanno denunciato, facendoli passare per una sorta di disturbatori incapaci (cosa smentita dalle note caratteristiche di cui l’avvocato Grimaldi ha chiesto a fine udienza l’acquisizione) e la difesa di se stesso dalle accuse di avere ostacolato la cattura di Provenzano con lunghe digressioni sull’indagine sulle talpe in procura da lui coordinata.

“Questa vicenda - ha esordito Sottili - nasce come un fulmine a ciel sereno per me che ero a Cagliari da pochi mesi, alla fine del 2010, ma già avevo fatto quattro anni al comando provinciale di Avellino, quindi erano quattro anni che ero via da Palermo. All’improvviso, alla fine del 2010, tutta la stampa locale di Palermo e nazionale pubblica delle dichiarazioni del maresciallo Masi che erano state depositate dal pm al procedimento per la mancata cattura di Provenzano a Palermo”. Si è poi dilungato sulle dichiarazioni di Masi riguardanti le confidenze dell’allora capitano Angeli sul mancato sequestro del papello durante una perquisizione a casa di Massimo Ciancimino. Il papello è liquidato con il termine dispregiativo “un fogliettino”. Ha aggiunto Sottili che proprio in questi giorni ha appreso dal processo sulla trattativa in corso a Palermo, che Angeli aveva già smentito queste dichiarazioni di Masi nel 2009 ascoltato dai pm di Palermo. Il teste è stato allora interrotto trattandosi di fatti che non sono oggetto del processo in quanto non rientrano nelle denunce per diffamazione per cui si procede.

Ricordiamo invece che a Palermo al processo sulla trattativa il pm ha chiesto il confronto in aula tra Masi e Angeli. Inoltre Angeli è stato indagato nel fascicolo sulla trattativa e poi archiviato per avvenuta prescrizione, anche se - scrivevano i pm nella richiesta di archiviazione – le dichiarazioni rese dal mar. Masi “hanno trovato parziale, ma pur sempre significativo, riscontro” nelle dichiarazioni dell’appuntato Lecca e del giornalista Lodato e nonché esistesse un ulteriore elemento indiziante a carico di Angeli dato dall’effettiva esistenza di una cassaforte (nella quale Massimo Ciancimino ha dichiarato essersi trovato il papello non sequestrato) di cui non vi è traccia nei verbali e nelle annotazioni di PG riguardanti la perquisizione.

Sottili ha poi dichiarato che il reparto operativo da lui comandato non era interessato alla cattura di Provenzano in quanto la delega a tali indagini l'avevano solo il ROS e lo SCO con la Squadra Mobile, mentre Messina Denaro non era di loro competenza essendo il boss di Trapani e non di Palermo, che era Lo Piccolo.

Poi il giudice ha però insistito con domande specifiche ed è arrivata qualche ammissione. Mentre sembrava che il maresciallo Masi e la sua sezione non avessero mai condotto un tale tipo di indagini sui latitanti, il generale prima dice “Masi mi aveva portato qualcosa su Lo Piccolo”. E poi, incalzato ancora dal giudice, ammette che in effetti c’erano iniziative di indagine su Provenzano che trovò già in atto al suo arrivo a Palermo. Il giudice ha chiesto specificamente se queste iniziative riguardavano Masi o meno e allora Sottili ha dovuto ammettere di sì. “Riguardavano Masi ed erano iniziative autonome avallate dalla scala gerarchica, dai miei predecessori”, precisa. Con ciò contraddicendo quanto diffusamente riferito fino ad allora e cioè che a Palermo all’epoca “iniziative sulla ricerca dei latitanti non si potevano prendere”, indagini che fossero quindi su iniziativa al di fuori della specifica delega della procura.

Al termine dell’esame di Sottili, si è passati a una richiesta di integrazione dei capi d’accusa da parte del pm. In pratica l’accusa aveva chiesto il rinvio a giudizio di Masi, Santoro e altri giornalisti per la puntata di Servizio Pubblico del 23 maggio 2013 e per lo speciale “Cosa Vostra“ del 6 giugno 2013 sulla base di un querela presentata da Sottili il 14 agosto 2013 a Cagliari ma mai arrivata nel fascicolo di Roma. Il gup aveva dunque emesso sentenza di non luogo a procedere relativamente a questi capi d’imputazione essendo il reato di diffamazione punibile su querela della persona offesa. La denuncia in realtà era stata trasmessa a Palermo e si trovava nel fascicolo di cui la procura di Palermo ha chiesto l’archiviazione. In seguito alla decisione del gup romano, il pm ha chiesto alla procura di Palermo la trasmissione della querela. Il gup ha però rigettato la richiesta di revoca della sentenza. Il pm ha chiesto comunque al giudice del dibattimento di far entrare la querela nel processo integrando i capi di imputazione. Le difese si sono opposte eccependo vari motivi di nullità della richiesta del pm.

Infine l’avvocato Grimaldi ha chiesto al giudice di revocare l’ordinanza precedente e di ammettere i quattordici testimoni di cui la stessa difesa aveva chiesto l’escussione non ammessi dal giudice. Si tratta di carabinieri che hanno lavorato con Sottili e gli altri ufficiali e che servirebbero alla difesa per provare la fondatezza delle denunce di Masi e Fiducia: provando la veridicità di quanto affermato, cadrebbe il reato di diffamazione (exceptio veritatis, ai sensi dell’art. 596 c.p. comma 3 n. 1-2).

L’udienza è stata quindi rinviata al 5 dicembre per il controesame di Sottili. In quella udienza il giudice dovrebbe decidere sulle richieste delle parti.

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