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Operazione ''Old Cunning''

Gli uomini della DIA di Roma hanno individuato “l’esistenza di un gruppo organizzato in stretti rapporti con personaggi noti negli ambienti della malavita romana, oltremodo indicativi della caratura criminale dei capi del sodalizio e delle forti capacità di presa sulle vittime dei prestiti usurari”. L’operazione, denominata “Old Cunning”, ha svelato la presenza di un’organizzazione criminale dedita all’usura che vede coinvolte 16  persone, adesso indagate e accusate a  vario titolo di associazione a delinquere finalizzata all’usura, al riciclaggio e all’estorsione. Le indagini, iniziate nel 2012, sono andate avanti con il supporto delle intercettazioni telefoniche e ambientali grazie alle quali la DIA è riuscita a risalire a personaggi ritenuti "di notevole spessore criminale". Gli inquirenti hanno dunque ricostruito l’esistenza, nella Capitale, di un gruppo organizzato non solo dedito all’usura e al riciclaggio ma anche in stretti rapporti con boss della ‘ndrangheta e personaggi noti della malavita romana, che in passato avevano anche fatto parte della Banda della Magliana.

I capi
Al vertice dell’organizzazione gli inquirenti collocano Giovanni Benedetto Stranieri, già arrestato nel gennaio 2015 per concorso esterno in associazione mafiosa su ordine della DDA di Catanzaro nell’ambito dell’inchiesta Aemilia, ex maresciallo dei carabinieri diventato poi avvocato del boss Nicolino Grande Aracri. Stranieri, da quanto emerso dalle indagini, è una figura strettamente collegata a Roberto Castroni e Antonio D’Angeli, con i quali si incontrava quasi giornalmente nel suo studio di avvocato a Roma, e ai quali "dava indicazioni e ordini circa le modalità dell'attività di usura, concordando anche gli interventi nei confronti dei debitori insolventi". Castroni e D’Angeli sono due pensionati con vecchie e consolidate amicizie tra gli ex membri della banda della Magliana. Come esattori, l'organizzazione si avvaleva anche di personaggi di spessore criminale che attraverso minacce e atteggiamenti intimidatori riuscivano ad ottenere la restituzione del debito anche da parte dei più riottosi.

I direttori di banca
Nell’inchiesta sono coinvolti anche due direttori di banca (tra cui Wladimiro Palaia, direttore della filiale della Popolare dell'Emilia Romagna di via Filippo Niccolai) che avrebbero agevolato l’emissione di mutui senza alcuna garanzia nei confronti delle vittime. Indagati anche i gestori di alcuni bar a cui veniva affidato il compito di riscuotere i titoli di credito degli usurati sostituendoli con denaro liquido (di qui l’accusa di riciclaggio).

Vittime
Numerose le vittime: politici, amministratori locali, commercianti, privati cittadini. Il comun denominatore, la difficoltà economica. Le vittime venivano vessate "mediante condotte intimidatorie ed estorsive per ottenere il saldo delle rate concordate per la restituzione del debito, con un tasso usurario compreso tra il 70 e il 150% annuo".

Commenti
Non tarda ad arrivare il commento di Claudio Fava, vicepresidente della Commissione Antimafia: “L’operazione ha colpito un sistema criminale che legava insieme mafie, professionisti e colletti bianchi. Esprimo il mio apprezzamento per il lavoro del centro operativo di Roma, un ulteriore tassello per comprendere la trama di relazioni innominabili che accompagnano da molti anni la presenza della mafia nella capitale. Presenza per troppo tempo colpevolmente negata o sottovalutata”.

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