Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

IMG 7398Fotogallery
di Aaron Pettinari e Francesca Mondin

Alla Caserma Lungaro il ricordo di via d’Amelio
Un lungo applauso per chi non c'è più, come Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina, ma anche per tutti quei ragazzi che, semplicemente nello svolgere il proprio dovere, offrono la propria vita per proteggere un'altra persona. Li chiamano ragazzi delle scorte, ma dietro a quel nome c'è molto di più. C'è il sacrificio e la consapevolezza di chi rischia ogni giorno la propria vita senza sapere se farà o meno ritorno a casa. L'applauso della società civile riecheggia forte nei locali del Reparto Scorte della Caserma Lungaro, da due anni a questa parte luogo di incontro nei giorni di commemorazione delle stragi. Grazie al Siap e alla Questura di Palermo, rappresentanti di Associazioni Antimafia come le Agende Rosse, Scorta civica, 100% in Movimento, Libera ed altre, hanno potuto fare memoria accanto ai familiari delle vittime di mafia e a tutti quei poliziotti che si trovano in prima linea e che, idealmente, hanno raccolto il testimone di chi oggi non c'è più. Una mattinata ricca di significato grazie alle parole ed alle lacrime di Salvatore Borsellino, che ha dedicato questo evento a sua madre, ma anche alla recitazione brivante di Annalisa Insardà, che ha recitato il testo dedicato alle Scorte che verrà ripetuto domani in via d'Amelio.
“Da due anni a questa parte l'incontro a Caserma Lungaro per me è il momento più importante e significativo – ha detto il fratello di Paolo BorsellinoPerché si ricordano quei ragazzi che hanno sacrificato se stessi per mio fratello mentre io ero lontano, distante chilometri. Questa giornata la voglio dedicare a mia madre. Sin dal giorno della morte di Paolo, dopo aver sentito l'esplosione, lei ha voluto essere accompagnata dai genitori di quegli “angeli” che avevano protetto suo figlio. E ad ognuna delle madri si è avvicinata baciando le mani e dicendo che per quel sacrificio dei loro figli lei sarebbe stata per sempre riconoscente. Così ci ha fatto giurare di dire, ogni volta che nominiamo Paolo, anche i nomi dei ragazzi che gli sono stati vicino fino all'ultimo respiro”.
Ragazzi come Vincenzo Li Muli, che alla sua famiglia non aveva detto nulla su chi proteggeva, anche per non mettere in pericolo la vita del giudice.
Al suo funerale, e a quello dei suoi “compagni d'armi”, la gente gridava: “Lasciateci entrare, quelli sono i nostri morti!”. Ed è proprio da questo concetto che il Siap è voluto partire per creare questo evento. “Così come abbiamo fatto il 23 maggio per Vito Schifani, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro anche oggi ricordiamo che questi ragazzi non sono solo i morti della polizia ma di tutta la società civile – ha ricordato Luigi Lombardo, segretario provinciale del Siap, nell'accogliere i presenti – Le forze dell'ordine esistono se esiste la società civile. Noi oggi siamo qui per ricordare ma anche per chiedere ancora una volta verità e giustizia”.

Tra il pubblico, oltre a Salvatore Borsellino, vi erano anche altri familiari di vittime di mafia come Luciano Traina o i genitori di Antonino Agostino, Vincenzo ed Augusta. E' il primo, anch'egli ex poliziotto, a ricordare il sacrificio compiuto per una Sicilia più onesta: “Abbiamo vissuto tante sofferenze in 24 anni. Il Questore Longo, al tempo funzionario, può capire quello che abbiamo vissuto e perso. Ora si può arrivare ad una Sicilia più onesta ma è necessario non solo l'impegno di tutti, ma anche da parte di Roma. E' da là che si può far sì che certe cose non accadano più”.


Se da una parte è evidente il sacrificio di chi oggi non c'è più a volte, anche a causa del silenzio assordante che spesso circonda l'universo di tutti quei ragazzi che fanno la scorta per lavoro e di cui, colpevolmente, non si sa nemmeno il nome, dall'altra c'è chi è sempre in prima linea e, giorno dopo giorno, compie il proprio dovere. Un esempio sono i poliziotti che hanno sventato l'attentato al presidente del Parco dei Nebrodi, Giuseppe Antoci, presenti quest'oggi, che hanno portato una testimonianza viva: “Quel giorno – hanno detto il vice questore Davide Manganaroci siamo trovati in mezzo ad un fuoco maledetto. Da quel 18 maggio ho aperto gli occhi ed un pensiero mi affligge. Se prima il mio pensiero poteva essere dedicato alla risoluzione del problema degli straordinari, delle macchine, degli uffici amministrativi, ora il mio pensiero va totalmente ai ragazzi che ogni giorno escono e non sanno se porteranno a casa la propria pelle. Mi chiedo: 'se quel giorno non fossi tornato quello Stato che amo e che servo con dedizione si sarebbe dedicato ad una donna di trentasette anni e ad una bambina di due anni e mezzo?”. La risposta amara, forse, viene dalle parole ma prima ancora dallo sguardo di chi ha già vissuto un dramma di questo tipo, come Vincenzo Agostino, padre di Antonino, poliziotto e agente del Sisde ucciso assieme e alla moglie il 5 agosto del 1989: “Lo Stato ci usa e ci getta - ha detto fermo - voi siete dei numeri, delle persone usa e getta.” Invece, ha continuato rivolgendosi alla società civile presente, “A queste persone bisogna riconoscere il valore perché loro giurano fedeltà alla nostra patria, alla nostra Costituzione”.
“Il pensiero mio va ai molti ragazzi, che sapevano che erano gli anelli che dovevano andare al martirio, moltissimi di loro lo sapevano ma c’erano anche le mele marce”. Quindi ha invitato i ragazzi delle forze dell’ordine a denunciare il proprio collega che sbaglia: “Denunciatelo ragazzi perchè quello porta il male e noi lo dobbiamo fare per loro, per questi giovani, in modo tale che domani non abbiano paura a camminare in mezzo alla strada.”
Ecco perché “Chiunque sbaglia deve pagare, anche i politici se hanno colpe devono essere puniti, se no non ci sarà mai legge uguale per tutti e non vinceremo mai. Non dobbiamo fare mai più commemorazione - ha concluso - basta”. E dovrebbe essere proprio questo il fine del fare memoria “cioé evitare che certi errori  si ripetano - ha detto il segretario nazionale della Siap Luigi Lombardo - chiedere le giuste attenzioni per chi ogni giorno mette a rischio la propria vita”.
Sebbene da allora sono stati fatti molti miglioramenti sulla sicurezza delle persone a rischio, il questore ha evidenziato un punto fondamentale: “La mafia non è finita, è bene che lo sappiate. La mafia si trasforma”. per questo ha invitato tutti ad essere attenti e vigili ma soprattuto ha invitato alla collaborazione tra Istituzioni e società civile: “Fateci vedere cose che magari noi non riusciamo a vedere, aiutateci perché assieme possiamo difenderci bene e attaccare altrettanto bene e soprattutto pretendiamo la verità perché senza verità non c’è democrazia”.

ANTIMAFIADuemila
Associazione Culturale Falcone e Borsellino
Via Molino I°, 1824 - 63811 Sant'Elpidio a Mare (FM) - P. iva 01734340449
Testata giornalistica iscritta presso il Tribunale di Fermo n.032000 del 15/03/2000
Privacy e Cookie policy

Stock Photos provided by our partner Depositphotos