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CAMBIO DI GUARDIA
Fatta questa parentesi in merito al ruolo di Maurizio Cavedo, è molto interessante analizzare cosa accade all’interno dell’organizzazione subito dopo l’arresto di Romolo Villirillo. Come detto, in primo luogo viene meno la “verginità” dell’uomo. In secondo luogo, proprio attraverso il primo arresto (nel luglio 2011) ed in seguito al secondo arresto (ottobre dello stesso anno), Nicolino Grande Aracri verrà a conoscenza del tradimento subito dal suo uomo al nord, che ha incassato un’enorme somma di denaro senza renderlo partecipe di tali “investimenti economici”. A questo punto, dunque, Villirillo non gode più della massima fiducia del boss. In questo scenario, è di fondamentale importanza la figura di Antonio Gualtieri e, in particolar modo, un incontro che avviene tra l’uomo e Nicolino Grande Aracri all’interno della sua auto, una Maserati, dove sono però presenti le cimici installate dai carabinieri. La conversazione intercettata è importantissima per comprendere come stanno cambiando gli equilibri tra i personaggi in gioco: Gualtieri dice infatti che “doveva essere vergine per noi” e i due uomini parlano di come risolvere “la questione Villirillo”. Da questo momento in poi, sarà proprio Gualtieri a “sostituire parzialmente” il ruolo di Villirillo, e piano piano entrerà nelle grazie di Nicolino Grande Aracri che lo incarica di “investigare” per capire dove sono finiti i soldi della cosca investiti al nord ma della cui presenza Villirillo non aveva informato il boss.

CACCIA AL TESORO
Grande Aracri, attraverso Gualtieri, cerca dunque persone vicine a Villirillo che possano dargli informazioni. Il primo ad essere chiamato al cospetto del boss è Pasquale Battaglia, braccio destro di Villirillo, che viene convocato a casa di Grande Aracri. Circostanza in cui sono presenti, oltre a Battaglia, Gualtieri, Lamanna e, appunto, Grande Aracri. Per capire “l’aria che tira” è importante analizzare un dialogo intercettato tra Battaglia e Mancuso, personaggio vicino sia a Villirillo che a Gualtieri. Durante una telefonata, Battaglia e Mancuso si mettono in guardia a vicenda, parlando delle “malefatte” di Villirillo. In un passaggio di quella intercettazione, si sente Battaglia dire a Mancuso (riferendosi appunto a Villirillo): “Tu arrivi carico e a me mi fai fare l’elemosina. Non è per i soldi, io non sono attaccato ai soldi. Lui però la verità a volte non la dice. Lui questo difetto ce l’ha e poi si ritrova male”. Questa conversazione si registra dopo che Battaglia è stato convocato da Grande Aracri. Dopo questo incontro, Battaglia decide infatti di avvisare Mancuso di ciò che sta accadendo. Ma l’uomo non si ferma qui, e parla anche con Salvatore Cappa, soggetto intercettato dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Modena. Anche in questa circostanza, Battaglia dice “ha chiuso con tutti. Quello che ha fatto con me l’ha fatto pure là. Là gli hanno chiuso i viveri. Sono solo guai poi. Bugiardo, bugiardo. Quando ci vediamo ti racconto, era troppo convinto che la palla girava sempre come diceva lui”. Con queste parole Battaglia si riferisce, naturalmente, nuovamente a Villirillo. Continua, nel frattempo, la “caccia al tesoro” nascosto da Villirillo. Anche Alfonso Paolini viene convocato da Grande Aracri e, intercettato mentre conversa con Gaetano Blasco, dirà: “un casino là, ha sbagliato assai. Non le sai le ultime cose?” (parlando sempre di Villirillo). Vengono chieste informazioni anche a Nicolino Sarcone ma soprattutto a due cognati di Romolo Villirillo: Antonio Colacino e Domenico Olivo. Successivamente a questo incontro, si registra una conversazione in carcere in cui Villirillo dice a Olivo di andare “da Stefano di Verona” e recuperare 55.000 euro. 5.000 sarebbero andati alla moglie di Villirillo. Gli altri 50.000 doveva tenerli Olivo e “quando esco ne riparliamo”, dice Villirillo. Proprio in questo periodo avvengono atti intimidatori ed incendiari nei confronti di personaggi vicini a Romolo Villirillo (Michele e Nicola Colacino, Luigi Villirillo e lo stesso Romolo). Questi eventi sono collegabili alla strategia usata da Grande Aracri per colpire determinate persone, non in qualità di parenti di Villirillo, ma come personaggi interposti per risolvere la “questione dei soldi al nord”. Ultimo tassello per completare il quadro, è un dialogo tra Gualtieri e Lamanna, in cui Gualtieri dice: “queste sono le cazzate che combina”. In questo momento, per colmare il debito che Villirillo ha contratto con l’intera organizzazione, si ipotizza di “appropriarsi” di alcuni appartamenti di Villirillo a Reggio Emilia.

L’INCONTRO TRA VILLIRILLO E GRANDE ARACRI
Tutti questi fatti avvengono durante il periodo di detenzione di Villirillo, un periodo che va da ottobre 2011 a settembre 2012. Una volta scarcerato, Villirillo si reca da Nicolino Grande Aracri, per confrontarsi con lui e trovare un compromesso per risolvere la delicatissima questione del tradimento e dei “soldi al nord”. La conversazione viene intercettata dai carabinieri ed alcuni passaggi vengono letti in aula dal Maresciallo Calì:
Grande Aracri: Io vorrei sapere tu che stai facendo. Questi problemi tu non li avevi. Tu i soldi te li sei presi. Non è che stiamo cercando una mazzetta. Non ti stiamo cercando una cosa che è tua, ma una cosa che è nostra.
Villirillo: Io ora mi devo cacciare il debito.
Grande Aracri: Allora tu quando lavoravi per noi i soldi te li sei abbuscati. Fino a quando tu lavoravi per noi ed eri onesto i soldi te li abbuscavi. Ora solo che tu per noi non lavori più perché hai dimostrato la cosa più schifosa che un essere ha sulla faccia della terra che non so nemmeno come devo descrivere quello che hai fatto tu. Più di una volta facevo finta di niente e tu hai peggiorato tutto. E invece tu eri convinto che a me mi impapucchiavi. A me non mi può imbrogliare nessuno. Mi ammazzo solo io. Mi prendo due milioni tutti in una volta.
Villirillo: Un’ultima possibilità. Se io sbaglio di nuovo è chiuso il convento.
Grande Aracri: Tu con me meno hai a che fare meglio è.
Villirillo: Mi volete un’ultima volta?
Grande Aracri: io non sono come te.
Villirillo: L’ultima possibilità.
Villirillo tenta spudoratamente di rientrare nelle grazie di Nicolino Grande Aracri.

ALLA RICERCA DEL DENARO PERDUTO
Dopo questo incontro Villirillo torna al nord e si rifugia a Castelvetro Piacentino. In questo periodo Villirillo inizierà una spasmodica ricerca di denaro per sanare il suo debito. L’uomo però non è assolutamente tranquillo, e il suo stato d’animo traspare da numerose conversazioni intercettare dagli investigatori (addirittura in una telefonata Villirillo afferma: “e se mi ammazzano?”). Prova di questo stato di paura e preoccupazione per la propria incolumità è il fatto che Villirillo verrà arrestato, nell’agosto 2014, in possesso di un’arma.

VILLIRILLO, “ABILE FINANZIERE”
“Villirillo si è dimostrato un abile finanziere. Ne sapeva tantissimo di banche e finanze, era una persona che stava sempre al telefono e cercava di far soldi in modo illecito. Gestisce affari illeciti con modalità mafiose. Villirillo lo faceva per conto dell’organizzazione di cui faceva parte. Infatti in una telefonata con Migale, Villirillo dice: “in nome di ciò che sono, ti spiego”. Noi abbiamo intercettato circa 26000 telefonate dell’uomo. Ed è in quelle telefonate che è possibile comprendere come Villirillo si muova tenendo all’oscuro Grande Aracri. Ecco perché avviene l’inghippo: tutti si accorgono di chi è realmente Villirillo”. Sono queste le parole, fortissime, del Maresciallo Calì in aula.

E vogliamo chiudere con queste “parole di fuoco” questo nostro tentativo di ricostruire il quadro, molto contorto, delle modalità con cui la mafia emiliana agiva. Piccoli, piccolissimi tasselli. Ma fondamentali per avere contezza di cosa è stato fatto, da chi e come. Codice d’onore, auto di lusso, tradimenti, vendette. Ma soprattutto “i picciuli”. Tanto, tanto denaro. Che mai bastava ai mafiosi, pronti ad appropriarsene senza tener conto della “famigghia”, dell’“appartenenza”. Un codice d’onore non esiste, in realtà. Esiste la fame di potere. Un’immensa bulimia che ha portato un sistema marcio a diffondersi prepotentemente sul territorio emiliano. Grazie alla complicità di professionisti, avvocati, impiegati di banca, imprenditori, e persino poliziotti. Tutti schiavi del potere. Tutti fagocitati dalla sete di denaro. Tutti. Nessun escluso.

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