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lovoi conf stampa brasca 4zeroVideo e Foto
di Aaron Pettinari
E lancia un appello: “Serve una legge su rapporti mafia-imprenditoria”
“Se volessimo dare un titolo a questa doppia operazione effettuata dal Ros e dal Gruppo Monreale dei Carabinieri di Palermo parleremmo di mafia vecchia, mafia nuova ma sempre mafia”. E' iniziata così il Procuratore Capo di Palermo, Franco Lo Voi, a commentare la doppia operazione che questa mattina ha portato all'arresto di 62 soggetti appartenenti alle famiglie di San Giuseppe Jato e Villagrazia-Santa Maria del Gesù.
“Nel corso delle indagini sono emersi dei collegamenti importanti tra i due mandamenti - ha aggiunto - per cui si è deciso di agire in contemporanea. Per questo ringrazio tutti i militari intervenuti sia in fase di indagine che negli arresti e che ci hanno portato a questo importante risultato. Un'indagine che mette in evidenza il ruolo di personaggi già noti alle forze dell'ordine, nomi antichi che da alcuni decenni operano ed hanno operato all'interno di Cosa nostra. Poi ci sono anche nomi meno noti, ed altri nuovi. Tutto questo sempre all'interno di Cosa nostra”.
Il Procuratore capo, accompagnato dai procuratori aggiunti Vittorio Teresi e Leonardo Agueci, dal comandante del Ros Governale ed il Comandante Provinciale De Riggi, ha sottolineato in particolare alcuni punti cardine emersi con le indagini a cominciare dal valore fondamentale delle regole che sa sempre reggono la consorteria mafiosa. “Cosa nostra - ha detto - continua a reggersi ed operare grazie alle sue regole. Le regole sono un punto di riferimento indefettibile delle attività di Cosa nostra. Quelle regole che sono le medesime di cui parlava Tommaso Buscetta e che poi sono state confermate dai vari pentiti. Dalla segretezza, alla necessità di gestire il territorio secondo determinate regole. Poi altre norme in materia di rapporti tra uomini d’onore ed i diversi mandamenti e territori”.
Nell'operazione, svolta “con una notevole attività investigativa sui luoghi e con l'utilizzo di attività tecniche come le intercettazioni”, emerge chiaramente come Cosa nostra, pur colpita, è perfettamente in grado di rigenerarsi.



Il rapporto mafia-imprenditoria

Lo Voi ha poi fatto sue anche alcune dichiarazioni effettuate dal Procuratore nazionale antimafia Franco Roberti, in materia di rapporti tra mafia ed imprendotira. “Così come c'è stato un intervento per regolare i casi sui rapporti mafia - politica - ha detto - oggi è più che mai necessario un intervento legislativo per inqaudrare i rapporti tra l'organizzazione cirminale e l'imprenditoria. Le normative sono insufficenti. Da questa indagine emerge un rapporto particolare con il mondo degli imprenditori. Alcuni hanno collaborato, a volte non spontaneamente ed altre non direttamente, molti altri però non denunciano ed anzi arrivano ad avvantaggiarsi di questi rapporti con la mafia”.
Quindi ha sottolineato come quelli più disponibili a collaborare siano stati quelli nella zona della Provincia. “Chi non parla, chi fa affari - ha proseguoto - chi cerca prima il contatto e poi sfrutta questo collegamento con Cosa nostra fino anche a inginocchiarsi, probabilmente dovrebbe essere inqaudrato in qualche categoria giuridica che spesso si fatica individuare in profilo del concorso esterno. Quindi come si individua lo scambio politico mafioso si dovrebbe individuare lo scambio imprenditoriale mafioso”.
Sul punto è anche tornato il procuratore aggiunto Vittorio Teresi: “In Sicilia abbiamo una certa specificità. Penso ad una possibile soluzione per arginare queste situazioni come ad esempio, specie in seno agli appalti per le grandi opere, si potrebbe ideare un sistema per cui l'impresa vincitrice dell'appalto sia costretta a rivolgersi in prima battuta, per le forniture, alle imrpese confiscate alla mafia. In modo anche da fornire un nuovo volano alle imprese confiscate per mafia, oltre ad essere una garanzia. Penso alle forniture di calcestruzzi, pietrame, ferro, materie prime. Si deve aprire un dibattito in tal senso”. Sull'operazione Teresi ha poi aggiunto: “Fa seguito a quanto emerso nell'operazione Grande Mandamento dove si evidenziava il contrasto di Gregorio Agrigento nella realizzazione di questo allargamento del mandamento di San Giusepep Jato. Una contrapposizione che avrebbe potuto portare anche ad una nuova guerra di mafia tanto che le famiglie si stavano approvigionando con armi in maniera allarmante”.



A coordinare le indagini nel mandamento di Villagrazia-Santa Maria di Gesà è stato invece l'aggiunto Leonardo Agueci: “Non ci sono stati fatti eclatanti, ma l'operazione è frutto di un'importante e complicata indagine. Emerge chiaramente come il controllo di Cosa nostra sia ancora permanente nei territori. I vecchi capi escono dal carcere e mantengono il controllo della situazione. Emergono anche alcuni contrasti, ci sono accenni ad omicidi come quello di Giuseppe Calascibetta che permetterà di fare anche alcuni accertamenti. Poi si parla dell'episodio di Giovanbattista Tusa, ucciso per questioni che con la mafia non c'entrano ma che aveva creato un certo allarme proprio all'interno della famiglia. E' Marchese a consigliare all'omicida di costituirsi e lo stesso esegue. Poi emerge il controllo delle attività economiche tra Villagrazia e Morreale”.
Nella lista degli arrestati resa nota dagli inquirenti alla conferenza stampa (foto) in procura c'è anche un insospettabile. Si tratta di Alfredo Giordano, il direttore di sala del Teatro Massimo di Palermo, che è finito in manette con l'accusa di associazione mafiosa. Ma la sua attività professionale al teatro non riguarda le contestazioni mosse dalla procura. “Aveva rapporti consolidati con esponenti mafiosi - ha detto il procuratore Lo Voi in conferenza stampa - rapporti che rivendicava anche con un certo orgoglio”.
Non risulta invece indagato il candidato all'Assemblea regionale Vazzana. “Nei suoi confronti - ha detto l'aggiunto Agueci - abbiamo accertato un progetto di sostegno elettorale. Progetto che poi non si concretizzò”. I vecchi padrini mafiosi "usano il loro 'pedigree' per reggere i mandamenti e comandare le nuove leve" spiega ancora il Comandante provinciale dei Carabinieri di Palermo, colonnello Giuseppe De Riggi. "Entrambi sono vecchie conoscenze - aggiunge De Riggi - il nome di Marchese era già emerso durante il maxiprocesso mentre quello di Agrigento nell'operazione Perseo del 2008". Per il colonnello "Cosa Nostra resta ancorata a una organizzazione sul modello passato - spiega - i giovani trovano riferimento nei più anziani. E i vecchi padrini comandano sulle nuove leve". "E' un'operazione importante sul piano operativo, ma anche su quello simbolico - conclude il generale Giuseppe Governale, comandante del Ros - frutto di un'attività durata tre anni. E' stato colpito il mandamento più organizzato: quello di Villagrazia. Quello di san Giuseppe Jato è importante perchè storicamente legato ai Brusca. Cosa nostra - conclude Governale - è in evidente difficoltà, ma tenta di riprendersi e di reggere ai duri colpi che vengono inferti“.

Foto © ACFB

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