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cantone raffaele 1Il capo dell’Anac parla di “sensazioni”. Ma i parenti delle vittime non ci stanno
di AMDuemila
Riina non era in grado di costruire una strategia così raffinata e particolare come quella della strage dei Georgofili del ‘93 a Firenze”. A dire queste parole è Raffaele Cantone (in foto), presidente dell'Autorità Nazionale Anticorruzione (Anac), intervenuto davanti ad alcuni studenti del liceo fiorentino Salvemini-Duca d'Aosta.
Rispondendo alla domanda di un ragazzo sulla scomparsa dell’agenda rossa che Borsellino portava sempre con sé, Cantone ha svelato i suoi dubbi: “Sono abituato a ragionare sui fatti e non ho nessuna prova, sia ben chiaro. Ma mi sono sempre chiesto come Riina, che era furbissimo ma anche molto ignorante, sia stato in grado di costruire una strategia così raffinata e particolare come quella di colpire l’obiettivo dei Georgofili, tra l’altro considerato una sorta di simbolo massonico”.
Secondo l'ex magistrato, quindi, dietro la strage di Firenze e all'omicidio di Paolo Borsellino, nel luglio 1992, vi potrebbe essere la regia di “un'entità internazionale”.
Perché scegliere un obiettivo così poco conosciuto? Io non credo a chi cerca a tutti i costi di tirare in ballo complotti dei servizi segreti italiani. A volte invece di guardare vicino, in casa nostra, si potrebbe guardare più lontano. - ha aggiunto Cantone - Dico che ci possono essere anche entità internazionali sullo sfondo, come tante volte in Italia abbiamo visto agire... La mia idea è che i messaggi mafiosi hanno una caratteristica ben precisa, quella di essere diretti al soggetto che li deve comprendere e solo a lui. Io sono laico in questo: pensiamo sempre ai servizi segreti italiani ma potrebbe essere anche altro. Prendiamo ad esempio la strage di Bologna: nessuno ha mai capito perché sia stata compiuta. Ma probabilmente quando è stata fatta qualcuno sapeva perché era stata fatta, chi doveva capire capì, questa è la mia idea”.
Sulla strage di via d'Amelio la considerazione del presidente dell'Anac è che fu una sorta di “omicidio-suicidio”. “Perché scegliere di colpirlo nel momento in cui c’era la massima allerta intorno a lui e lui stesso viveva con la sensazione di avere il tempo contato? - si è chiesto l'ex pm - Quella strage ha comportato una stretta senza precedenti nei confronti della mafia, per la criminalità organizzata uccidere Borsellino fu una sorta di 'omicidio suicidio'. Scelta incomprensibile dunque, visto l’effetto paradossale che produsse”.
Sulle considerazioni di Cantone è poi intervenuta Giovanna Maggiani Chelli, presidente dell'Associazione dei familiari delle vittime di via dei Georgofili, criticandole, anche se non nella totalità, senza troppi giri di parole: “Dobbiamo constatare che non passa mai la voglia di cercare i mali di 'casanostra' all’estero. Siamo molto d’accordo sul fatto che Riina in via dei Georgofili non era solo e fu quindi 'preso per la mannina', in quanto ai servizi segreti noi non li nominiamo neppure, ma ancor meno cerchiamo verità all’estero. Troppo precisi i processi e le successive indagini archiviate dal Magistrato Gabriele Chelazzi”. “Quindi – ha proseguito – questa volta ci permettiamo di dirlo noi 'basta con teorie suggestive'. Vista anche la sentenza Taglavia di ieri sera, che molto rafforza la credibilità di Gaspare Spatuzza, anche nelle dichiarazioni dopo i canonici 180 giorni”.

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