di AMDuemila
“Oggi posso dire che la mia lotta ha avuto un senso”. Con queste parole Ignazio Cutrò, presidente dell’associazione testimoni di giustizia, ha annunciato soddisfatto che il prossimo mese inizierà a lavorare presso un ufficio pubblico a Bivona, terra in cui è iniziata la sua lotta contro la mafia e dove con alcune difficoltà vive attualmente. “Verrò assunto dalla Regione Siciliana in seguito alla legge regionale dedicata proprio all'assunzione dei testimoni di giustizia” ha scritto Cutrò nel suo profilo pubblico di Faceboook. Un traguardo significativo per l’ex imprenditore di Bivona che assieme ad altri testimoni di giustizia, tramite l’associazione hanno condotto una vera e propria battaglia per far riconoscere e approvare questa legge, da loro proposta e ideata. Una battaglia che all’inizio ha trovato non pochi ostacoli tanto che nei mesi scorsi dopo l’annuncio delle prime assunzioni sembrava che la legge si fosse in realtà impigliata su questioni burocratiche. Ora invece si può dire sta portando i suoi frutti: “Tutto procede bene – ha spiegato Cutrò ad Antimafiaduemila - i problemi che c’erano all’inizio con le prime assunzioni al momento sono risolti positivamente”.
Molto rappresentativo per il presidente dell’associazione testimoni di giustizia è la scelta del luogo in cui inizierà a lavorare: “Riuscire a lavorare onestamente come impiegato pubblico a Bivona ha tutto un altro sapore- ha sottolineato contento - la mia vittoria è quella di lavorare dove mi hanno fatto chiudere l’azienda, dove sono nate le leggi nazionale e regionale. E’ un punto di partenza molto importante”. Le parole del procuratore aggiunto Vittorio Teresi ricordate da Cutrò su Facebook, trovano oggi una schiacciante conferma: “La scelta di entrare nel programma di protezione testimoni ma di non accettare il trasferimento in località segreta e di dire "no" ad una nuova identità era la scelta giusta per combattere nel territorio la criminalità organizzata. Devono essere i malavitosi ad andare via dai centri abitati”.
Diversamente, dover scappare dal proprio paese, scrive Cutrò “era come se a vincere fossero stati i mafiosi che mi avevano reso la vita difficile”. Per questo i risultati ottenuti sono stati innanzitutto possibili “grazie al pieno sostegno della mia famiglia, che ha scelto assieme a me di rimanere e non lasciare la Sicilia”. Il testimone di giustizia ha ringraziato anche quella parte delle Istituzioni sana: “Mi sento di rivolgere un ringraziamento alla Magistratura, al Prefetto di Agrigento, Nicola Diomede, e al presidente Rosario Crocetta che con la scelta di farmi lavorare in un ufficio regionale con sede nella mia Bivona ha lanciato un chiaro messaggio: le persone oneste e perbene restano libere e vivono dove vogliono. I malavitosi e i mafiosi devono andar via”.
In foto: Rosario Crocetta e Ignazio Cutrò
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