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lari sergioSu La Sicilia il Procuratore capo Lari a 360° sulle attività della Procura nissena
di AMDuemila
Tra pochi giorni Sergio Lari, dopo sette anni e mezzo, cambierà ufficio e anziché essere Procuratore capo a Caltanissetta vestirà i panni del Procuratore generale. Dovrà coordinare tutti gli uffici requirenti del distretto giudiziario, che comprende anche Enna e Gela. Intervistato dal quotidiano La Sicilia Lari ha tracciato un bilancio delle attività svolte in questi anni. Dalle indagini sulle stragi alle inchieste sulle famiglie nissene, lanciando anche un appello per il mantenimento della Corte d’Appello di Caltanissetta. “Sono preoccupato – dice - Si fa sempre più largo l’idea che quattro Corti d’Appello in Sicilia sono troppe. Mi sembra francamente un metro di giudizio che non tiene conto delle particolari condizioni non solo geografiche, del nostro territorio. Ogni zona ha una criminalità che si contraddistingue per specifiche caratteristiche i successi raggiunti si devono al lavoro di magistrati e uomini delle forse dell’ordine che si sono specializzati grazie all’esperienza e alla conoscenza dettagliata dei singoli territorio. La criminalità nissena ha caratteristiche diverse da quella messinese, quella palermitana è diversa da quella ennese, quella gelese è differente da quella trapanese e via dicendo”.

Altro problema è dato anche dai vuoti di organico che presto la stessa Procura nissena si dovrà ad affrontare con il nuovo incarico di Lari in Procura generale a svolgere il ruolo di coordinatore di una situazione difficile e delicata. Si dovrà nominare un nuovo Procuratore capo, così come da aprile si dovrà fare a Gela (in scadenza ad aprile il mandato di Lucia Lotti, ndr) e ad Enna. Non solo. “In Dda – avvisa Lari – si trasferiranno a breve Onelio Dodero e Giovanni Di Leo e resteranno nella sezione antimafia i soli Stefano Luciani e Gabriele Paci”. Una situazione di emergenza a cui dover porre rimedio.

Le indagini sulle stragi e l'attentato a Nino Di Matteo
Nell'intervista a La Sicilia il neo procuratore generale parla anche delle indagini svolte al suo arrivo a Caltanissetta dopo l'esperienza vissuta prima a Termini Imerese, poi a Trapani e a Palermo dove si è occupato sempre del trapanese, dell'agrigentino e delle Madonie con la cattura di latitanti di spessore come il boss di Caccamo Antonino Giuffré. “Il 10 aprile 2008 – racconta - mi trovai a dover raccogliere le nuove dichiarazioni di Gaspare Spatuzza, che costrinsero me e altri colleghi a dover riscrivere, a distanza di parecchi anni, la storia delle stragi del ’92 e a mettere in discussione sentenze passate in giudicato , soprattutto nel caso della strage di via d’Amelio. Non esito a definire quella nissena l’esperienza dal punto di vista professionale più importante, avendo assunto sulle spalle la responsabilità di ricostruire i segmenti esecutivi di numerosi attentati, compresi i progetti di agguati anche attuali, come quando abbiamo dovuto analizzare le dichiarazioni di Vito Galatolo sul progetto di attentato al collega Nino Di Matteo”.
Sulle stragi del 1992 il Procuratore capo conferma la presenza di “zone d'ombra” anche se “buona parte della verità è stata accertata, anche grazie al lavoro di chi ci ha preceduto. Per quanto riguarda la strage di Capaci siamo di fronte a 36 condanne all’ergastolo su cui non sono state sollevate perplessità e ora si aggiungono quattro condanne in abbreviato in primo grado e il processo in corso con il rito ordinario in Assise sui nuovi mandanti es esecutori di Brancaccio. Su via d’Aemlio ci sono ancora aspetti da analizzare e questioni da chiarire, ma non è facile. Ad esempio l’aspetto riguardo la presenza di via Villasevaglios dove fu preparata l’autobomba per l’attentato a Paolo Borsellino. Non sarà facile ricostruire la provenienza dell’esplosivo e soprattutto capire chi fosse l’uomo non conosciuto da Spatuzza, che potrebbe essere l’artificiere , a quale organizzazione appartenesse e così via”.
Tra le indagini aperte vi è anche quella sul misterioso tragitto della borsa di Paolo Borsellino e la sparizione dell'Agenda Rossa. “Il nostro impegno è massimo – conferma il neo Pg - Le indagini sono ancora aperte ma per portare nuove carte davanti a un giudice dobbiamo avere elementi forti”.
Secondo Lari si può dire che alcuni tra politici, investigatori, compresi personaggi dei servizi segreti, e anche inquirenti non hanno scritto una bella pagina con dichiarazioni omissive, “Solo che finora non abbiamo trovato elementi di prova tali da poter sottoporre al vaglio di un giudice. Poi magari arrivano i solini dell’antimafia che non hanno mai nemmeno letto le carte e ci criticano gratuitamente perché il mio ufficio ha chiest l’archiviazione della posizione dei poliziotti in merito alle indagini sul depistaggio legato alle false dichiarazioni di Scarantino, Candura e Andriotta che sarebbe state indotte. C’è tanta fatica mia e dei miei collaboratori per arrivare alla ricostruzione di quella vicenda, ma se non abbiamo riscontri certi non possiamo giocare con la vita delle persone”.

Il bilancio nisseno
Parlando degli anni a capo della Procura nissena Lari si dice soddisfatto: “Tutti i capi provinciali mafiosi di Caltanissetta ed Enna sono stati arrestati, le articolazioni mafiose sono state disaggregate. Non è un caso che la Procura nissena gestisca 130 collaboratori di giustizia e nel nostro territorio registriamo 50 detenuti con il regime del carcere duro, il 41 bis. Mi sento di aggiungere i sequestri di beni per centinaia di milioni di euro”. Inoltre conferma l'importanza della lotta alla corruzione, senza se e senza ma: “E' un fenomeno che va tenuto sotto controllo. E’ un tipo di lotta, però, che non può essere condotto solo dalla magistratura , ma occorrono controlli da parte della stessa pubblica amministrazione, come tra l’altro previsto dalla legge, che deve quindi vigilare bene al suo interno”.

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