di Aaron Pettinari e Miriam Cuccu - 22 maggio 2015
Una speculazione mediatica, giuridica e politica. E' cosi che la difesa Mannino considera il processo trattativa Stato-mafia “sin dal suo primo sviluppo”. Secondo la ricostruzione dell'avvocato di Calogero Mannino, Grazia Volo, la prima problematica è data dalla mancanza della “notitia criminis”, in quanto “le dichiarazioni di Ciancimino non si occupano di Mannino”.
Peccato che l'impostazione dell'accusa non si basi soltanto sulle dichiarazioni del figlio di don Vito ma sull'esame (in cui non mancano prove documentali e testimonianze) di una serie di fatti avvenuti tra il la fine del 1990 ed il 1994. In particolare a Mannino, che ha scelto il rito abbreviato, viene contestato di avere avviato la trattativa con i boss, dando l'input dopo l'omicidio dell'eurodeputato Dc Salvo Lima (marzo 1992). Temendo di essere ucciso, si rivolse ai carabinieri del Ros (tramite il maresciallo Guazzelli e il generale Subranni) che a loro volta si attivarono per contattare l'ex sindaco di Palermo.
La difesa, che ha depositato una memoria assieme ad altri documenti sulla cui acquisizione si discuterà alla prossima udienza del 3 luglio, ha svolto alcune considerazioni sull’impostazione che l’Accusa ha prescelto nel processo ed ha proceduto analizzando alcune fonti di prova, per cui vi sarebbe “un fondato dubbio sulla coerenza del ragionamento proposto e la sua complessiva logicità”. Secondo l'avvocato Volo, quindi l'accusa avrebbe agito “interpretando liberamente” ed “enfatizzando certi argomenti”.
Secondo la difesa tra questi elementi vi sarebbe anche il rapporto con il maresciallo dei Carabinieri Giuliano Guazzelli, ucciso in circostanze mai chiarite, così come i rapporti con Subranni, Contrada e la lettera del corvo. E così anche l'appunto dell'ex colonnello del Ros, Michele Riccio, in cui si parla della morte di Guazzelli, viene indicato come “un semplice appunto”. Poco importa se mettendo in fila gli eventi si evidenzi come proprio il legame tra Mannino e Guazzelli sia stato nodale per comprendere quanto avvenuto in quegli anni. Nella sua requisitoria il pm Roberto Tartaglia ha spiegato i motivi per cui la Procura crede che l’assassinio di Guazzelli sarebbe stato deciso, dopo l’omicidio Lima, per lanciare un ulteriore messaggio di minaccia proprio a Mannino. E l'appunto di Riccio (in cui è scritto “Sinico, confermato Subranni aveva paura della morte di Guazzelli (maresciallo) vicino a Mannino, De Donno fu fatto rientrare di corsa dalla Sicilia - Guazzelli fu avvertimento per Mannino e soci?” non è altro che un ulteriore tassello che si aggiunge alle dichiarazioni di Riccardo Guazzelli, il figlio del maresciallo. La stessa avvocato Volo ha riconosciuto che in merito l'ipotesi della Procura è “frutto di un percorso critico ragionato e ragionevole”.
Parlando dei collaboratori di giustizia, che a suo dire avrebbero ricordato certi temi al di fuori dei 180 giorni (la normativa è stata introdotta nel 2001) la difesa di Mannino ha poi citato erroneamente Brusca, ricordando come quest'ultimo avrebbe parlato solo del “papello” e non della “trattativa” per rappresentare che il tema “sarebbe stato indotto successivamente da altri fattori (“giornali, tv, trasmissioni, convegni, libri, ndr). Peccato che Brusca nel gennaio 1998, durante il processo di Firenze per le autobombe del 1993 aggiunse diversi particolari alle parole di Riina (“Si sono fatti sotto, gli ho presentato un 'papello' di richieste lungo cosi' e ora aspetto una risposta''). ''Non so chi c'era dall' altro lato del tavolo, Riina non me l' ha detto - aveva affermato Brusca -, non so se si tratti di magistrati, poliziotti, carabinieri o massoni. Conoscendo chi gravitava intorno a Riina, posso dire pero' che la persona che puo' aver stilato il papello potrebbe essere il dottor Antonino Cina', forse con Ciancimino o altri''. E poi ancora: “'Dopo le stragi di Falcone e Borsellino Riina mi disse che si erano 'fatti sotto' ed aggiunse: 'Si sono mossi perfino i servizi segreti per la mia cattura'. Ci impose di stare fermi con i progetti di attentati, in attesa di risposte. Ad un certo punto pero', sempre nell' estate del 1992, venne da me Salvatore Biondino (braccio destro di Riina, ndr) e mi disse: 'C' e' bisogno di un' altro colpetto, un' altra spinta alla trattativa'. Cosi' pensammo di uccidere il giudice Pietro Grasso. Preparai io l' attentato, dovevamo farlo a Monreale, dove sta sua suocera, ma poi si fermo' tutto''. Dopo aver chiesto l'assoluzione per il proprio assistito il processo è stato rinviato al prossimo 3 luglio anche se il gip Marina Petruzzella ha già fatto intendere che non sarà quella la data in cui inizierà la Camera di consiglio per emettere la sentenza.
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