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ddl intercettazioni manifdi AMDuemila - 21 maggio 2015
Dopo due anni e cinquantuno giorni di rinvii, discussioni, modifiche, e polemiche (tanto è passato dal 15 marzo 2013, data in cui il non ancora eletto presidente del Senato Pietro Grasso depositò il disegno di legge) alla fine per il Ddl anticorruzione è giunto il via libera definitivo della Camera. I sì sono stati 280 (Pd, Ap, Pi, Alternativa libera, Sel), 53 i voti contrari (Forza Italia e M5s), 11 gli astenuti (Lega). Non sono mancate le esultanze a colpi di tweet dello stesso Grasso (È arrivato Godot. Sono felice che il ddl anticorruzione ora sia legge”), del premier Renzi (Anticorruzione e falso in bilancio sono legge. Quasi nessuno ci credeva. Noi sì. Questo paese lo cambiamo, costi quel che costi. #lavoltabuona) ed il ministro Orlando (Corrotti e corruttori tradiscono il Paese. La nuova legge #anticorruzione da oggi rende più forte l'Italia. Il Governo mantiene gli impegni).
Tuttavia vi siano ancora delle cose da migliorare (ad esempio non è stata introdotta la figura dell’agente provocatore) e se in alcuni casi c’è l’aumento delle pene per i reati di falso in bilancio, corruzione per induzione e quella in atti giudiziari, peculato, è da registrare solo qualche variazione sulla concussione che era stata “spacchettata” con la legge Severino e che di fatto ha permesso anche assoluzioni eccellenti (la più eclatante quella di Berlusconi al processo Ruby). Anche Libera sottolinea in una nota che si tratta di “una riforma che non poteva più attendere ma da completare: più nettezza per rescindere i legami tra mafia, corruzione e politica. Si tratta di un testo che presenta aspetti positivi ma lacunoso in altri. Finalmente torna a essere perseguibile penalmente il falso in bilancio senza prevedere soglie e con la procedibilità d’ufficio, ma sarebbe stato bene accogliere l’emendamento che innalzava fino a sei anni le pene per le società non quotate, per permettere le intercettazioni”. Più duro il commento del Movimento 5 stelle che invece parla di “occasione persa, anzi sprecata con pervicace volontà” spiegando che il “voto contrario è stata la conseguenza di una totale chiusura della maggioranza e del Governo”. “Potevamo avere il Daspo per i corrotti, un vero falso in bilancio, e una prescrizione che garantiva la certezza della pena - hanno commentato i deputati della commissione Giustizia alla Camera – Potevamo infliggere un duro colpo agli accordi mafia politica. Nulla di tutto questo è accettabile per chi governa l’Italia, e pagano i cittadini onesti come sempre”.

Come cambia la legge, il falso in bilancio
Uno dei punti più rilevanti è l’articolo 10 relativo al nuovo falso in bilancio che annulla la legge ad personam approvata dal centrodestra durante il governo di Silvio Berlusconi. Spariscono le soglie di non punibilità per trucchi contabili inferiori al 5% dell’utile annuale o all’1% del patrimonio netto. In base al testo approvato, uguale a quello licenziato da Palazzo Madama, se i fatti sono di lieve entità la pena va da un minimo di 6 mesi a un massimo di 3 anni. La lieve entità viene valutata dal giudice, in base alla natura e alle dimensioni della società e alle modalità o gli effetti della condotta dolosa.
La stessa pena ridotta, (da 6 mesi a 3 anni) si applica nel caso in cui il falso in bilancio riguardi le società che non possono fallire (quelle che non superano i limiti indicati dal secondo comma dell’articolo 1 della legge fallimentare). In questo caso, il reato è perseguibile a querela di parte (della società, dei soci, dei creditori o degli altri destinatari della comunicazione sociale) e non d’ufficio.
Nel codice civile è stato introdotto un nuovo articolo, il 2621-ter, per cui si prevede un’ipotesi di non punibilità per particolare tenuità del falso in bilancio. Toccherà il giudice a valutare l’entità dell’eventuale danno cagionato alla società, ai soci o ai creditori.
Oltre alle pene più alte per il falso in bilancio e più poteri di controllo per l’Authority anticorruzione, sono state aumentate anche le pene per alcuni reati di corruzione: in atti giudiziari, per induzione, peculato e corruzione propria. Inoltre in un emendamento del governo è stato aumentato – fino a un massimo di 26 – il carcere perché chi commette il reato di associazione mafiosa.

L’induzione e la corruzione in atti giudiziari
Per quanto riguarda il reato di corruzione per induzione la modifica prevede che la pena minima sia di 6 anni e la massima di 10 anni e 6 mesi. Il testo originario del Codice penale prevede invece una reclusione da tre a otto anni. Se è corruzione in atti giudiziari aumenta la pena che passa da 4 a 10 anni di reclusione a 6 e 12 anni. Inoltre, l’emendamento prevede che se dal fatto deriva l’ingiusta condanna di qualcuno alla reclusione non superiore a 5 anni, la pena prevista va da un minimo di 6 a un massimo di 14 anni di carcere (e non più da 5 a 12); se deriva l’ingiusta condanna superiore a 5 anni o all’ergastolo, la pena della reclusione sarà da 8 a 20 anni (e non più da 5 a 20).

La corruzione propria e il peculato
Durante il passaggio in commissione Giustizia è stato approvato anche un emendamento M5s che aumenta la pena massima – da 5 a 6 anni – per il reato di corruzione per l’esercizio della funzione. Salgono a sei e dieci anni le pene (minima e massima) per i pubblici ufficiali che compiono il reato di corruzione propria. Dunque aumenta il carcere per il reato previsto dall’articolo 319 del codice penale: “Il pubblico ufficiale – si legge nella norma così come modificata – che, per omettere o ritardare o per aver omesso o ritardato un atto del suo ufficio, ovvero per compiere o per aver compiuto un atto contrario ai doveri di ufficio, riceve, per sé o per un terzo, denaro od altra utilità, o ne accetta la promessa” è punito con la reclusione da sei a dieci anni (invece che 4 e 8). Aumenta anche la pena massima per il peculato, che passa da 10 anni a 10 anni e sei mesi.
Inoltre il reato di concussione è stato esteso anche all’incaricato di pubblico servizio. In base al nuovo testo dell’articolo 317 del codice penale si prevede che “Il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, costringe taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilità, è punito con la reclusione da sei a dodici anni”.

Aassociazione mafiosa, pene fino a 26 anni
Il ddl anticorruzione prevede anche pene più severe per chi commette il reato di associazione di tipo mafioso, aumentando la pena massima fino a 26 anni. Per coloro che fanno parte di un’associazione mafiosa è prevista la reclusione da 10 a 15 anni, invece che 7 e 12. Diversamente per coloro che “promuovono, dirigono o organizzano l’associazione” la pena prevista è da 12 a 18 anni (invece che 9 e 14). Se l’associazione è armata si applica la pena della reclusione da 12 a 20 anni (e non più da 9 a 15 anni); per i boss delle associazioni mafiose armate da 15 a 26 anni (invece che da 12 a 20).

Patteggiamento solo con il risarcimento
Inoltre il patteggiamento sarà condizionato alla restituzione “integrale” del prezzo o del profitto del reato. Arriva l’obbligo di corresponsione di una somma a titolo di “riparazione pecuniaria” pari all’ammontare dell’indebito pagamento ricevuto dal pubblico ufficiale o dall’incaricato di pubblico servizio, in favore dell’amministrazione di appartenenza di quest’ultimo. Per i collaboratori di giustizia, per i reati di corruzione, aumenta lo sconto della pena: questa infatti sarà diminuita da un terzo a due terzi. Inoltre chi commette reati di corruzione non potrà “contrarre” con la pubblica amministrazione per 5 anni (e non più per 3). Inoltre le condanne non inferiori a due anni comportano l’estinzione del rapporto di lavoro o di impiego con le Pa e società partecipate.

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