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di Aaron Pettinari - 11 maggio 2015

“Una lotta comune per reprimere il rapporto mafia-istituzioni”
“Per vincere la guerra nella lotta alla mafia non basta solo il contrasto alla mafia militare, che con grande successo si è portato avanti in questi anni. Serve un salto definitivo che porti a recidere i legami che tuttora le mafie consolidano con la politica, con le istituzioni, le imprese, la finanza, la sanità, e le professioni in generale”. E’ questo il grido che si solleva forte dalla città di Messina che si è riunita oggi al Quartiere fieristico per conferire la cittadinanza onoraria al magistrato palermitano che indaga sulla trattativa Stato-mafia, Nino Di Matteo. Un’occasione importante non solo per far sentire la massima vicinanza al pm, condannato a morte dal Capo dei capi Totò Riina, ma anche riflettere con la parte sana del Paese e cercare di riunire le forze e aprire una strada per un cambiamento culturale che si basi sulla difesa della Costituzione. Un cambiamento che passa, soprattutto, dalla speranza e dall’impegno che i giovani sapranno mettere tanto “nel presente” quanto “nel futuro”. Durante la cerimonia diverse classi rappresentanti delle scuole della città erano presenti con cartelli e striscioni. Accanto a loro le istituzioni, con in testa il sindaco di Messina Renato Accorinti, che ha fortemente voluto questa manifestazione, ma anche i rappresentanti delle associazioni antimafia, della società civile e quei familiari vittime di mafia che non hanno mai smesso, dopo aver pagato il prezzo più alto, di chiedere verità e giustizia per la perdita dei propri cari. E’ con grande passione civile che il primo cittadino di Messina ha aperto la manifestazione, ha ricordato come questo “non sia il momento di restare in silenzio, ma di dire ognuno la nostra”. “Basta delegare e demandare - ha detto rivolgendosi ai presenti - Dobbiamo tirare fuori il meglio di ognuno di noi. Nino Di Matteo è un simbolo ma ognuno deve fare la propria parte. Oggi siamo qui per dire che Di Matteo non è solo, che tutti noi vogliamo sapere la verità su quella trattativa Stato-mafia, un’ombra che non fa stare bene nessun cittadino onesto”. E in tanti (da Alex Zanotelli a Don Ciotti, passando per Dario Fo, Salvatore Borsellino, Rita Borsellino, i sindaci di diverse città come Roma, Milano, Reggio Calabria, solo per citare alcuni), hanno voluto partecipare, in qualche modo aderendo all’iniziativa. Sul posto, oltre al presidente dell’Ars, Giovanni Ardizzone, erano anche presenti il procuratore capo del Tribunale di Messina, Guido Lo Forte; il procuratore aggiunto del Tribunale di Messina, Sebastiano Ardita. Proprio quest’ultimo, nel suo breve intervento, ha voluto ricordare come dopo tanti anni rivede ancora oggi in Di Matteo “lo stesso entusiasmo di quando partecipavamo allo stesso corso di formazione, nel ’91”. Poi ha ricordato come la giornata di oggi non sia solo la festa di una città ma che sia anche un giorno di orgoglio per la magistratura, per le istituzioni, per le forze dell’ordine, per tutti i ragazzi delle scorte”.

FOTOGALLERY © Antonella Morelli


Il grido di verità e giustizia

Dalle coste dello stretto si solleva alto un grido con la richiesta di verità e giustizia, grazie alle parole di Piero Campagna, Vincenzo Agostino ed Angela Manca. Tutti si sono rivolti ai giovani, “futuro” ma anche “presente” in questa lotta culturale contro il sistema mafioso che ha infettato il Paese intero. E lo stesso ha fatto lo stesso magistrato: “Sono emozionato e veramente felice, oltre che orgoglioso, di ricevere oggi la cittadinanza onoraria di Messina. Mi colpisce anche il modo col quale è stata organizzata questa manifestazione, perché non si tratta di una consegna formale, ma è un momento di confronto e di riflessione attraverso il coinvolgimento di tutti, dalle istituzioni ai miei colleghi magistrati, dagli studenti e dalla società civile ai parenti delle vittime di mafia. E’ una giornata che interpreto come qualcosa di più importante e sintomatica di un’esigenza di giustizia, verità e di trasparenza che si diffonde in un tessuto siciliano e su quello di Messina dove troppo spesso hanno trovato spazio le lobbie, la mafia, la corruzione, le massonerie che hanno mortificato le risorse di questo territorio ed essere oggi qui è in segnale importante per tutta questa gente, in particolare i giovani”. Il pm palermitano ha ricordato ai ragazzi gli importanti passi avanti fatti negli ultimi trent’anni in particolare nella repressione della mafia militare ma ha anche focalizzato l’attenzione sulla nuova sfida rappresentata “dalla recisione dei legami tra le mafie e la politica, le istituzioni, le imprese, la finanza. Per fare questo serve una svolta culturale. Ci sono forme di collusione con le mafie, come il Concorso esterno o lo scambio di voti tra i politici e la mafia che non sono meno gravi di altri delitti di sangue. Comportamenti che rafforzano il prestigio ed il potere delle mafie, che creano nei mafiosi la possibilità di ricattare, ora ed in futuro, le istituzioni”. “Soprattutto - ha aggiunto Di Matteo - serve una svolta di tipo politico perché è la politica ad avere i mezzi per intervenire anche senza dover aspettare necessariamente l’intervento della magistratura. L’azione antimafia deve essere messa in campo a tutti i livelli e costituisce lo snodo fondamentale per la difesa della democrazia e della Costituzione.

FOTOGALLERY © ACFB

La consapevole contiguità

“La consapevole contiguità - ha evidenziato il pm - anche quando non sfocia in un vero e proprio reato, deve essere sanzionata con altri meccanismi, soprattutto con un meccanismo che faccia valere una responsabilità di tipo politico prima ancora dell’eventuale inchiesta penale, senza aspettare le sentenze definitive. Altra cosa su cui riflettere poi è che mafia, corruzione, e quei reati contro la pubblica amministrazione non sono mondi distinti ma facce del medesimo sistema criminale”. Nel suo intervento Di Matteo ha anche chiesto un intervento sulla prescrizione di certi reati “che troppo spesso consegna a corrotti e a quei funzionari infedeli affamatori del popolo una garanzia di impunità”.

Infine un appello ai ragazzi: “La sconfitta della mafia passa solo da una rivoluzione culturale che solo i giovani potranno portare avanti e che deve partire soprattutto dalla capacità e dalla volontà di essere veramente informati, di conoscere e pretendere la verità. Vi deve essere un’assunzione di responsabilità per impegnarsi in prima persona. La Sicilia è stata terra in cui vi è stato il massimo del male ma anche il massimo del bene proprio su questo impegno e non dobbiamo mai dimenticarlo”.

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