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carabinieri-op-pizzo-albadi AMDuemila - 21 aprile 2015
Palermo. Operazione “Pizzo” è il nuovo blitz antimafia scattato per opera dei Carabinieri nel mandamento di San Giuseppe Jato. Sono oltre 50 i militari del Gruppo di Monreale, che stanno partecipando con il supporto di un elicottero all'operazione in corso tra i comuni di Camporeale e Montelepre. Le indagini, coordinate dalla Dda di Palermo, interessano gli assetti criminali di Cosa nostra nella famiglia di Camporeale e ricostruiscono alcuni casi di estorsione, anche grazie alla collaborazione di tre imprenditori che si sono ribellati. Gli investigatori avrebbero ricostruito anche movente e dinamiche di un omicidio di mafia.
Gli imprenditori hanno rifiutato di pagare un pizzo del tre per cento sugli appalti. Due di loro sono impegnati a Camporeale in provincia di Palermo in un appalto pubblico (la costruzione di una strada) e in un cantiere privato (la realizzazione di alcune villette a Montelepre). Quindici e diecimila euro le somme pagate dai due titolari delle imprese edili che alla fine, messi alle strette, hanno ammesso di essersi piegati al racket. Scattati all'alba quattro arresti nei confronti di soggetti di Camporeale e Montelepre, indagati per associazione a delinquere di stampo mafioso, estorsione aggravata dal metodo mafioso e occultamento di cadavere. Le indagini hanno ricevuto il contributo del collaboratore di giustizia Giuseppe Micalizzi che raccontò ai pubblici ministeri Francesco Del Bene, Sergio Demontis e Daniele Paci i retroscena dell'omicidio di Giuseppe Billitteri, al quale avrebbe partecipato un quinto uomo, oggi arrestato con l'accusa di avere occultato il cadavere del venditore ambulante assassinato durante le guerra di mafia a Camporeale. Gli arresti nascosto dall'operazione "Grande mandamento” scattata ad aprile 2013, con la quale i carabinieri avevano arrestato 61 tra boss e gregari, e scaturite dall'operazione "Nuovo mandamento", con cui venivano ricostruiti gli assetti dei mandamenti di San Giuseppe Jato e Partinico.

I nomi degli arrestati
I quattro fermati nell’operazione “Pizzo” sono Giuseppe Tarantino, 62 anni, di Camporeale; Antonino Cusumano, 55 anni, di Palermo; Vincenzo Carlo Lombardo, 43 anni, di Montelepre; Raimondo Liotta, 48 anni, di Camporeale.

Fonte ANSA


AGGIORNAMENTO - Ore 14:04
Le indagini sulla famiglia di Monreale hanno permesso di fotografare una mafia che, nonostante le varie operazioni di polizia, riesce sempre a riorganizzare le proprie fila individuando nuovi affiliati.
Accertato ancora una volta, come uno dei principali canali di sostentamento, il sistema delle estorsioni commesse nei confronti di attività imprenditoriali private. Un’azione pressante che continua a ripercuotersi sullo sviluppo economico delle comunità dell’entroterra palermitano.
Un prezioso aiuto, però, è giunto dall’intervento dell’associazione antiracket Addiopizzo nel portare gli imprenditori a collaborare con gli inquirenti.

Le estorsioni e gli assetti criminali
L’operazione “Nuovo Mandamento” aveva tra l’altro disarticolato la famiglia mafiosa di Camporeale con l’arresto di Antonino Sciortino (considerato capo del supermandamento, poi assolto con sentenza di primo grado) e Francesco Lo Cascio (uomo d’onore e favoreggiatore del latitante Domenico Raccuglia, condannato per mafia e per l’omicidio di Giuseppe Billitteri).
Le indagini su altri indagati, proseguite dopo l’operazione, hanno consentito di ricostruire alcune importanti dinamiche dal ‘99 ad oggi, fotografando così gli assetti della famiglia di Camporeale nel periodo di detenzione di Sciortino, già condannato a 12 anni di reclusione per associazione mafiosa in un altro processo. Emerso, nel corso dell’indagine, la direzione della famiglia di Camporeale dal ’99 al 2011, quando Sciortino era in carcere, da parte di Rosario Mulè e Giuseppe Tarantino. I due si erano spartiti il controllo del territorio: il primo nel settore agricolo e l’altro in quello edile.
Contestate, inoltre, alcune condotte estorsive ad Antonino Cusumano, tra il 2007 e il 2008. Nello specifico, l’estorsione a un imprenditore agrigentino, impegnato nell’esecuzione dei lavori di un appalto concesso dal Comune di Camporeale, costretto a pagare 15mila euro, pari al 3% dell’appalto, e a subire l’infiltrazione nell’appalto da parte dell’impresa edile gestita da Cusumano, la S.C. Costruzioni Srl. Ma anche un altro imprenditore agrigentino è finito nelle mani della famiglia di Camporeale: quest’ultimo si era aggiudicato l’appalto pubblico della Provincia Regionale di Palermo per i lavori di sistemazione del piano viario e la costruzione delle opere di corredo della Strada-ex Consortile n. 39 di “Sirignano”, che collega il Comune di Camporeale con quello di Alcamo. L’imprenditore venne costretto ad assumere operai imposti e a rifornirsi di calcestruzzo presso un impianto locale.
Approfondito, poi, il ruolo di Vincenzo Carlo Lombardo (già arrestato nell’operazione “Perseo” del 2008), accusato di estorsione aggravata nei confronti dei legali rappresentanti di una ditta di Giardinello impegnata nella realizzazione di cinque edifici privati in contrada Paterna di Terrasini. Fondamentale per la ricostruzione della vicenda un pizzino rinvenuto nel covo dei Lo Piccolo in cui si faceva riferimento alla “messa a posto” dell’imprenditore.

L’omicidio Billitteri
Finito tra gli indagati anche Raimondo Liotta, già imputato in “Nuovo Mandamento” per il reato di coltivazione di sostanze stupefacenti ai fini di spaccio aggravato dalla finalità mafiosa, (assolto in primo grado) considerato responsabile dell’occultamento del cadavere di Giuseppe Billitteri, omicidio inserito nel contesto delle tensioni tra Altofonte e Monreale a febbraio e marzo 2012. Billitteri, incensurato, venditore ambulante, era legato da vincolo di parentela a Sergio Damiani, uomo d’onore della famiglia mafiosa di Monreale (già condannato per mafia) e ugualmente ritenuto appartenente ad un gruppo della famiglia mafiosa di Monreale. All’interno degli ambienti criminali era maturata la decisione di eliminarlo perché si voleva contrapporre alla riorganizzazione territoriale di Cosa nostra, in quanto contrario alla decisione di riconoscere Vincenzo Madonia (condannato in primo grado in abbreviato per associazione mafiosa) come nuovo rappresentante della famiglia. L’omicidio, secondo la ricostruzione investigativa di “Nuovo mandamento”, è stato messo in atto con il metodo della “lupara bianca” ed avvenuto il 22 marzo 2012 sotto la regia di Giuseppe Lucido Libranti, eseguito ad Altofonte presso l’abitazione di Giuseppe Antonio Vassallo con lo strangolamento.

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