Per l'editore e direttore de La Sicilia il reato ipotizzato è concorso in associazione mafiosa
di AMDuemila - 11 aprile 2015
La procura di Catania chiede il rinvio a giudizio per l’editore e direttore del quotidiano La Sicilia Mario Ciancio Sanfilippo. Così dopo ben due richieste di archiviazione della Dda (entrambe respinte dai giudici, ndr) la procura di Catania tenta di portare in aula l’imprenditore tra i più potenti della Sicilia, affinchè venga processato per concorso in associazione mafiosa. Secondo i pm titolari dell’inchiesta (il procuratore Giovanni Salvi, l'aggiunto Carmelo Zuccaro e il sostituto Antonino Fanara, ndr), Ciancio nell’arco della sua attività imprenditoriale avrebbe partecipato a “iniziative imprenditoriali nelle quali risultano coinvolti forti interessi riconducibili all'organizzazione Cosa Nostra” - si legge nell'avviso di conclusione delle indagini - e in particolare a un centro commerciale. Le vicende a cui fa riferimento l’accusa sarebbero iniziate già “negli anni '70 e si protraggono nel tempo fino ad anni recenti”. "Negli atti sono confluiti anche i documenti provenienti dagli accertamenti condotti in collegamento con le Autorità svizzere - si legge ancora in una nota della Procura - che hanno consentito, attraverso un complesso di atti di indagine, di acquisire la certezza dell'esistenza di diversi conti bancari. In quelli per i quali sono state sin qui ottenute le necessarie informazioni sono risultate depositate ingenti somme di denaro (52.695.031 euro), che non erano state dichiarate in occasione di precedenti scudi fiscali; la successiva indicazione da parte dell'indagato della provenienza delle somme, non documentata, ha trovato smentita negli accertamenti condotti".
Dopo l’astensione del gup Marina Rizza, che ha restituito il fascicolo al presidente dell’ufficio, ora si attende che il presidente, il gip Nunzio Sarpietro, assegni l’incarico a un altro giudice.
Intanto il direttore de La Sicilia si è detto “turbato ed indignato” dichiarando di essere innocente e pronto a difendere l’integrità sua e del giornale in aula.
In contrasto con le dichiarazioni di Ciancio ci sono quelle del collaboratore di giustizia Angelo Siino, secondo il quale l’imprenditore si sarebbe comportato come “un uomo a disposizione” di Cosa Nostra. Così come la linea editoriale de La Sicilia, di cui Ciancio è stato per anni editore ed oggi anche direttore, negli anni ha subito la dura contestazione del giornalista catanese antimafia Pippo Fava, ammazzato da Cosa nostra il 5 febbraio 1984. Fava scriveva “(...) La Sicilia, al di là di ogni pudore, riuscì per molti anni a sopprimere dai propri scritti la parola mafia: usata raramente, e solo per riferirla a cronache di altre città, mai a Catania. Nell'ottobre del 1982, quando tutti i quotidiani italiani dedicheranno i loro titoli di testa all'emissione dei primi mandati di cattura per la strage di via Carini, l'unico giornale a non pubblicare il nome degli incriminati sarà La Sicilia. Un noto boss, scriverà il quotidiano di Ciancio: Nitto Santapaola, spiegheranno tutti gli altri giornali della nazione. Il nome del capomafia catanese resterà assente dalle cronache della sua città per molti anni ancora: e se vi comparirà, sarà solo per dare con dovuto risalto la notizia di una sua assoluzione. O per ricordarne, con compunto trafiletto, la morte del padre”.
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