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csm-targadi Francesca Mondin - 5 marzo 2015
Dopo la bocciatura del pm Di Matteo alla procura nazionale antimafia, alcune voci si sono alzate per esprimere lo sconcerto di tale decisione ed ora il Csm rinvia e prende tempo sulle votazioni dei tre magistrati da trasferire alla procura nazionale antimafia che si sarebbero dovute svolgere ieri. Il dibattito è stato spostato alla prossima settimana perché, come sottolineato da Valerio Fracassi, in Commissione avrebbe preso troppo tempo. La scelta all’unanimità dalla terza Commissione di Palazzo dei marescialli, che ha proposto i tre candidati, ha infatti sollevato una corposa polemica. Dalla rosa di proposte infatti è stato completamente tagliato fuori il pm Nino Di Matteo, relegato all’undicesimo posto, che lo scorso anno aveva chiesto di passare alla procura nazionale antimafia di Franco Roberti. Una scelta questa che conferma come dalle poltrone del Consiglio superiore della magistratura in molti si guardano bene di dare chiari segnali di sostegno al magistrato più esposto d’Italia in prima linea contro la mafia.

La bocciatura di Di Matteo, agli occhi di un normale cittadino, è infatti  inspiegabile in quanto è l’unico magistrato, tra tutti i 46 candidati, con alle spalle oltre vent’anni di inchieste contro la mafia, a partire dal suo primo incarico a Caltanissetta dove si occupò dell’omicidio del giudice Saetta e di suo figlio, ottenendo il primo ergastolo di una lunga serie per Totò Riina. Oltretutto negli ultimi anni ha ricevuto minacce di ogni tipo ed è comprovato da tempo che la mafia si è mossa per portare a termine la sentenza a morte contro di lui lanciata da Totò Riina nel carcere di Opera. Tanto che il pentito Vito Galatolo ha indicato i luoghi possibili dove sarebbe nascosto il tritolo per farlo saltare in aria.

Eppure, alla luce di tutto ciò la Terza Commissione ha scelto all’unanimità altri tre candidati: il pm di Bari, Eugenia Pontassuglia, che si è occupata del processo sulle escort per Berlusconi, il pm di Napoli Marco Del Gaudio e il sostituto procuratore generale di Catanzaro Salvatore Dolce.

Sulla questione sono intervenuti anche i parlamentari del Pd Michele Anzaldi e Federico Gelli ed Ernesto Magorno: “E’ paradossale che nello stesso giorno emergano i nuovi piani di Cosa Nostra che minacciano la vita del pm antimafia Nino Di Matteo e contemporaneamente sia decisa dal Csm la bocciatura del suo nome per sostituto procuratore della Direzione nazionale antimafia. Sarebbe opportuno che il ministero della Giustizia chiedesse chiarimenti da fornire ai cittadini, che in più occasioni hanno espresso solidarietà a Di Matteo”.

Ora all’interno del Csm sembrano esserci pareri discordanti.

Secondo un consigliere, esterno alla Terza Commissione, intervistato sotto anonimato da ‘Il Fatto Quotidiano’ i candidati scelti: “Hanno un profilo basso e meno carriera rispetto a Di Matteo e rispetto al procuratore aggiunto di Roma Capaldo, responsabile dell’antiterrorismo”. Inoltre dietro la bocciatura, secondo lui ci sarebbe anche “l’invidia per il lavoro e indifferenza rispetto a quanto il pm sta vivendo a Palermo. E questo nonostante la sua richiesta di andare alla Dna sia un’altra assunzione di responsabilità in prima linea”.

Si fa strada quindi l’ipotesi che questo slittamento sia dovuto al fatto che alcuni consiglieri togati del Csm, che non appartengono alla Terza Commissione, stiano cercando di convincere la maggior parte dei commissari sulla necessità di reinserire Nino Di Matteo tra i candidati. È stato anche presentato un emendamento che elenca l’importante lavoro fatto dal pm e che lo pone, anche per qualità, davanti agli altri candidati. All’interno del Csm c’è quindi chi auspica la possibilità che il magistrato che rappresenta la pubblica accusa sul processo trattativa Stato mafia (insieme ai colleghi Teresi, Tartaglia e Del Bene), venga spostato alla Dna entro poche settimane per coprire un quarto posto vacante, oppure in autunno quando andrà in pensione Giusto Sciacchitano.

Eppure finora questi consiglieri non sono stati ascoltati dalla Terza Commissione.

Esemplare è la dichiarazione, riportata stamani dal “Fatto Quotidiano” di un componente della Terza Commissione sotto anonimato: “Ragiono con la mia testa sono convinto di quei candidati che hanno un alto profilo”. Alla obiezione della cronista sul fatto che Di Matteo presenta un esperienza di gran lunga più estesa in ambito antimafia e che è minacciato di morte risponde: “La valutazione professionale e il problema sicurezza sono due ambiti diversi la sicurezza va affrontata immediatamente. Di Matteo avrà un riconoscimento in seguito. Ci sono altri due posti che si liberano nel giro di mesi e altri ancora più in là perché devono essere nominati in Dna due procuratori aggiunti”.

Non sarebbe quindi da stupirsi se alla fine questo ritardo si dimostrerà essere solo un modo come un altro per prendere tempo e far sgonfiare la polemica.

Quello che è certo è che in un Paese “normale” un magistrato su cui incombe una condanna a morte, con un curriculum e una storia come quelli di Nino Di Matteo, avrebbe ricevuto subito una risposta positiva. Ma, fino a prova contraria, questo non è un Paese per uomini giusti.

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