I legali chiedono di spostare il processo a Bologna per competenza territoriale
di AMDuemila - 2 marzo 2015
E' davanti al giudice monocratico di Caltanissetta Marco Sabella che questa mattina ha avuto inizio la prima udienza del processo contro Massimo Ciancimino (in foto), rinviato a giudizio lo scorso ottobre su decisione del Gup Davide Salvucci, per calunnia aggravata nei confronti De Gennaro e del funzionario dei Servizi segreti Lorenzo Narracci, e di una serie di rivelazioni di segreti delle indagini a giornalisti di tutta Italia, da lui informati di dichiarazioni appena rese ai pm di Palermo e del capoluogo nisseno e secretate dai magistrati. Dopo la costituzione delle parti i legali di Ciancimino, Francesca Russo e Roberto D'Agostino, hanno chiesto lo spostamento del processo, per competenza territoriale a Bologna, dove di recente si è conclusa l'indagine, sempre con il reato di calunnia ma con l'aggravante dell'articolo 7 (ossia della volontà di favorire Cosa Nostra), nei confronti del funzionario dei Servizi segreti Rosario Piraino, accusato dal figlio di don Vito di averlo minacciato “a domicilio”, a Bologna, per ridurlo al silenzio e fargli ritrattare le sue accuse a uomini delle istituzioni e di Cosa nostra, coinvolti nella trattativa Stato-mafia. Secondo i difensori di Ciancimino, poiché l'ambito delle dichiarazioni su Piraino è lo stesso di quelle fornite su Narracci e De Gennaro, e poiché a Bologna si procede per un reato più grave diverrebbe necessario unire i fatti di calunnia in un unico processo con la competenza che cadrebbe nel Tribunale che procede contro il reato più grave. Allo spostamento si è opposto il pm Stefano Luciani, così come i legali di De Gennaro e Narracci. Il giudice monocratico si è riservato di decidere il prossimo 23 maggio quando riprenderà il processo.
Secondo l'accusa il figlio dell'ex sindaco mafioso di Palermo, Vito Ciancimino, avrebbe falsificato un documento da cui si evinceva che De Gennaro era una persona avvicinabile dal padre. De Gennaro, in particolare, fu calunniato con le accuse di aver fatto gli interessi del conte Romolo Vaselli, molto legato al padre Vito, e soprattutto con la confidenza, fatta a un funzionario della Dia nissena, con cui Ciancimino junior indicò l'ex capo della polizia e del Cesis come il “signor Franco-Carlo”. Si tratta del misterioso personaggio al confine tra mafia e Servizi, più volte evocato dal teste come protagonista della storia d'Italia dagli anni '60 in poi, ma mai individuato.
Davanti ai pm di Palermo - e di questo Ciancimino risponde al processo sulla trattativa, in corso nel capoluogo dell'Isola - il figlio di don Vito aveva detto che De Gennaro era in una lista di esponenti delle istituzioni disponibili per i boss: il biglietto da lui portato a supporto e riscontro delle sue dichiarazioni era però risultato grossolanamente taroccato.Per la Procura nissena Ciancimino jr (imputato ma anche teste chiave al processo trattativa in corso a Palermo) avrebbe “incolpato, sapendolo innocente, Lorenzo Narracci, nella sua qualità di appartenente al Sisde, di avere illecitamente svolto, nel periodo dal 1992 al 2000, un ruolo di intermediario tra il padre Vito Ciancimino, Bernardo Provenzano, altri appartenenti all'organizzazione Cosa Nostra e un non meglio individuato appartenente ad ambienti istituzionali a nome Carlo o Franco, in particolare facendosi latore di informazioni riservate anche, tra le altre cose, al fine di tutelare gli interessi economici del predetto Vito Ciancimino, nonché consegnando documentazione nel periodo in cui lo stesso Ciancimino era detenuto e quindi accusando Narracci del reato di concorso in associazione mafiosa”.
Davanti al Gup, lo scorso ottobre, era caduta l'aggravante dell'articolo 7 in quanto il giudice aveva ritenuto del tutto insussistente “senza che agli atti vi sia alcun elemento che in qualche modo dimostri una certa contiguità, in tutti questi anni, tra la persona del Ciancimino e gli interessi di Cosa nostra”. Al processo odierno erano presenti diversi esponenti della società civile, giunti da più parti d'Italia, per esprimere la propria vicinanza a Ciancimino. “L’incriminazione per calunnia – hanno ricordato fuori dall'aula – riguarda tutte le dichiarazioni rese dal teste chiave del processo sulla trattativa relativamente a De Gennaro e Narracci. Non importa che non si sia provata in alcun modo la volontà di calunniare, che non esista neanche un minimo di movente. Eppure siamo convinti che non sarà Massimo Ciancimino ad avere da perdere in questo processo ed anche con questo procedimento si potrà avere un grosso contributo a chiarire le pagine più oscure della nostra storia”.
Foto a destra © Giorgio Barbagallo