di Francesca Mondin - 23 gennaio 2015
Nuove indicazioni sull’esplosivo per l’attentato contro il pm Di Matteo, “è a Porticello”. L’informazione arriva dall’ennesima lettera anonima, recapitata nei giorni scorsi al procuratore generale Roberto Scarpinato.
La missiva, contenente moltissimi dettagli riguardo i movimenti delle famiglie mafiose di Palermo, è ora in mano alla Procura per le dovute indagini e verifiche.
Da quando il neopentito Vito Galatolo, ex boss dell’Acquasanta, ha svelato il progetto d’attentato, voluto dal superlatitante Matteo Messina Denaro, contro il magistrato Nino Di Matteo, pubblica accusa assieme a Francesco Del Bene, Roberto Tartaglia e Vittorio Teresi del processo Trattativa Stato-mafia, le ricerche per scovare il tritolo si sono concentrate principalmente nella zona di Monreale e oltre che nell’Udinese a Tavagnaccio, dove ha risieduto in passato un soggetto molto vicino alla famiglia del neopentito. Galatolo ha raccontato che il tritolo si trova in un bidone e che i boss fecero una colletta di 600 mila euro circa per comprarlo. La persona incaricata di procurarlo dalla Calabria e conservarlo, secondo le dichiarazioni del pentito, sarebbe stato Vincenzo Graziano, boss di Resuttana, arrestato proprio in seguito alle rivelazioni di Galatolo. Il quale, nel parlare dell’esplosivo aveva indicato di “cercarlo nei piani alti”.
A distanza di mesi dalla collaborazioni di Galatolo non c’è ancora traccia del tritolo e lo stato d’allerta è ai massimi livelli. Un clima di tensione e destabilizzazione alimentato dai continui allarmi bomba, intrusioni sospette e misteriose lettere anonime che da tempo bombardano la Procura di Palermo.
Ora, dopo quest’ultima missiva anonima le ricerche dell’esplosivo si concentrano nella frazione marinara di Santa Flavia. Già lo scorso anno era giunta all’allora procuratore capo Francesco Messineo e all’aggiunto Vittorio Teresi, un'altra missiva anonima, nella quale l’autore avrebbe raccontato di essere stato incaricato di pedinare il pm Di Matteo in vista di un progetto di attentato deciso dalle famiglie di Palermo e Trapani. All’epoca le forze dell’ordine avevano cercato l’esplosivo proprio in alcune zone nel comune di Ficarazzi, non lontano da Porticello ma senza trovare alcun esplosivo.
Dalle acque del porto di Porticello, secondo il racconto del pentito Gaspare Spatuzza, sarebbe stato recuperato anche il tritolo per la strage di Capaci all’epoca. “Ci recammo a Porticello - ha dichiarato più volte a processo il collaboratore di giustizia - dove trovammo un certo Cosimo di circa 30 anni ed assieme a lui andammo su un peschereccio attraccato al molo da dove recuperammo dei cilindri dalle dimensioni di 50 centimetri per un metro legati con delle funi sulle paratie della barca. Successivamente constatai che al loro interno vi erano delle bombe”.
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