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DSC 0047Il magistrato nominò per primo il “protocollo Farfalla”
di AMDuemila - 10 dicembre 2014
La mancata proroga di 334 decreti di carcere duro all’indomani delle stragi e i contatti tra l'ufficio del Dap e i servizi segreti. Sebastiano Ardita (in foto), oggi procuratore aggiunto a Messina e per dieci anni al Dipartimento di amministrazione penitenziaria, è già stato sentito su questi temi al processo a carico degli ex ufficiali Mori e Obinu (accusati di favoreggiamento a Cosa nostra) ma i pm della trattativa Stato-mafia potrebbero voler approfondire le dinamiche che ruotarono attorno alla soppressione, nel ’93, di centinaia di 41bis nonostante il parere contrario della Procura di Palermo. Il direttore dell’epoca, Nicolò Amato, pochi mesi prima dell’effettiva revoca dei decreti – da più parti registrata come un “segnale di distensione” per Cosa nostra – venne improvvisamente sostituito da Adalberto Capriotti. Pochi giorni dopo il suo insediamento il neodirettore firmerà una nota indirizzata all'allora ministro della Giustizia Giovanni Conso per non prorogare i 41 bis.

“La mancata conferma di 334 di altri decreti – aveva detto Ardita, sentito nel 2011 dai pm Di Matteo e Ingroia – non fu preceduta da alcuna istruttoria e arrivò il primo novembre del '93. Furono consultati alcuni organi di polizia e la procura di Palermo, che ebbe la richiesta di informazioni solo il 29 ottobre, sabato e vigilia di un ponte festivo. L'ufficio palermitano rispose però a vista sconsigliando la 'non proroga'. Gli organi di polizia risposero, invece, molto tempo dopo. Il risultato fu che i 41 bis furono effettivamente revocati".
Sui contatti tra il Dap e l’ex Sisde (Servizio per le informazioni e la sicurezza democratica) Ardita aveva rivelato: “Non conosco i contenuti di questi rapporti, so però che era un rapporto notorio”. E’ il “protocollo Farfalla”, un patto tra i due enti, stipulato all’insaputa dell’autorità giudiziaria, firmato nel 2004 per avere colloqui top secret con i boss detenuti, anche dietro compensi. Proprio Ardita è il primo a nominarlo pubblicamente durante il processo Mori. Da oltre un anno il tema, oltre ad essere argomento del processo in corso a Roma che vede imputati Salvatore Leopardi, in passato funzionario del Dap e oggi sostituto procuratore a Palermo, e Giacinto Siciliano, già direttore del carcere di Sulmona, con l'accusa di aver passato ai servizi informazioni sul pentito di camorra Antonio Cutolo, è stato affrontato dalla Commissione parlamentare antimafia con una serie di audizioni che hanno visto come protagonisti proprio i vertici dei Servizi segreti. La Procura ha da poco depositato al processo sulla trattativa Stato-mafia una serie di documenti riservati che confermano l'esistenza del protocollo, oltre all'elenco dei capimafia che avrebbero ricevuto denaro dal Sisde.

Foto © Giorgio Barbagallo

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