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ingroia-c-giorgio-barbagallo-4di Lorenzo Baldo - 1° dicembre 2014
L'ex pm è stato sentito a Viterbo dopo l'avviso di garanzia per calunnia
“Una perdita di tempo”. E’ il lapidario commento dell’ex pm Antonio Ingroia (attuale difensore della famiglia Manca insieme a Fabio Repici) dopo essere stato sentito dal pm di Viterbo Renzo Petroselli a seguito dell’avviso di garanzia inviatogli dalla procura laziale con l’accusa di “calunnia”. Lo scorso 25 novembre durante una conferenza stampa indetta dallo stesso Ingroia era emerso che la Procura di Viterbo aveva iscritto nel registro degli indagati l’ex magistrato palermitano per alcune sue dichiarazioni rilasciate durante l’udienza preliminare al processo per la morte del giovane urologo di Barcellona Pozzo di Gotto. Durante l’incontro con i giornalisti Ingroia aveva sottolineato la “mostruosità giuridica” del suo avviso di garanzia. Di fatto è la prima volta che un avvocato viene incriminato per calunnia per quello che ha dichiarato nel corso di un’udienza.

L’ex pm aveva quindi ribadito che bisognava essere “analfabeti del diritto” per non conoscere che l’art. 598 del codice penale prevedeva una specifica causa di non punibilità per le offese contenute negli scritti e nei discorsi che le parti, pm e difensori, rendono davanti all’Autorità giudiziaria. A distanza di sei giorni l’attuale dirigente di Sicilia e-servizi è stato quindi sentito dal dott. Petroselli in merito alle accuse di falso ideologico rivolte al dirigente della Squadra Mobile di Viterbo, Salvatore Gava, per la sua informativa sulle indagini relative alla morte di Attilio Manca, il giovane urologo barcellonese trovato cadavere nella sua casa di Viterbo nella notte tra l’11 e il 12 febbraio 2004. Nell’avviso di garanzia Petroselli aveva sottolineato che le accuse di Ingroia di “depistaggio” attraverso la costruzione di “prove false” erano state pronunciate durante l’udienza preliminare del 3 febbraio scorso relativa al procedimento penale per la morte del giovane medico che vede come unica imputata la romana Monica Mileti, accusata di aver ceduto la dose fatale di eroina che ha causato la morte del giovane urologo. L’atto di accusa di Ingroia nei confronti di Salvatore Gava si basava sul fatto che Attilio Manca non era in ospedale nei giorni del ricovero di Bernardo Provenzano a Marsiglia. Un fatto innegabile riscontrato dai registri dell’ospedale di Viterbo, in antitesi con la relazione firmata dallo stesso Gava nella quale veniva scritto, invece, che l'urologo siciliano era di turno all'ospedale nei giorni in cui il boss si trovava in Francia per sottoposti ad un'operazione alla prostata. “Il pm di Viterbo non ha alcuna intenzione di fare indagini sull’omicidio di Attilio Manca – ha commentato a caldo Ingroia – e quindi ha deciso di perdere il suo tempo in questo modo. Al dott. Petroselli ho ripetuto le stesse cose che avevo detto in udienza. Ho avuto la possibilità di articolare le mie argomentazioni e di arricchirle ulteriormente attraverso la produzione documentale dimostrando ulteriormente che chi ha redatto l’informativa della Squadra Mobile di Viterbo scriveva dati falsi”. L’ex pm ha spiegato quindi di aver depositato anche un articolo del Corriere della Sera del 2005 che sintetizzava l’esito delle indagini di Palermo sul periodo in cui Provenzano era stato a Marsiglia. “Nell’articolo – ha spiegato l’avvocato della famiglia Manca – veniva evidenziato che i giorni citati dalla Squadra Mobile di Viterbo a mo’ di prova non erano quelli o, quanto meno, non erano soltanto quelli. Non è vero che Provenzano è stato a Marsiglia soltanto 4 giorni e cioè dal 7 al 12 luglio: c’è stato quasi tutto il mese di luglio, almeno dal 7 al 23 luglio, quando aveva fatto una visita di controllo”. “Nel periodo di luglio risultavano le assenze di Attilio Manca da Viterbo il 5 e il 6, ossia nell’immediatezza del ricovero di Provenzano (quasi si trattasse di un’eventuale visita di controllo prima del ricovero); poi ci sono le assenze del 15 e del 16 luglio, nel pieno periodo in cui Provenzano era a Marsiglia. Poi ancora il 20 e il 23 di quello stesso mese: giorni nei quali il boss era certamente a Marsiglia; e infine dal 24 luglio ai giorni successivi, giornate nelle quali quasi certamente Provenzano si era ancora fermato a Marsiglia”. “Non è affatto vero – ha spiegato Ingroia – che Provenzano sia arrivato a Marsiglia soltanto il 22 ottobre come la Squadra Mobile scriveva nell’informativa. Persino in un articolo di stampa emergevano altre date in quanto era di dominio pubblico che Provenzano non era a Marsiglia il 22 ottobre bensì 20 giorni prima: dal 3 ottobre per quasi tutto il mese. In quel lasso di tempo il boss aveva subito ben due operazioni diverse, di cui una il 31 ottobre, giorno in cui Attilio Manca era lontano da Viterbo. Il dott. Manca era risultato assente dall’ospedale dal 2 al 5 ottobre e poi dal 25 al 26 ottobre. Persino nell’informativa della Squadra Mobile di Viterbo c’era scritto che in quei giorni Provenzano era ricoverato a Marsiglia”. “Ho convintamente chiesto al dott. Petroselli quali fossero le ragioni della mia convocazione a fronte di questa mostruosità giuridica – ha concluso l’ex pm –. Petroselli non ha risposto alla mia domanda adducendo al fatto che si trattava di polemiche che lui non accettava, per poi definire la mia convocazione una ‘formalità necessaria’. Insieme all’avv. Repici chiederemo copia dell’interrogatorio. Ho ribadito al pm di Viterbo che non ero venuto per difendermi, ma per attaccare come denunciante. A microfono acceso ho detto: ‘io la denuncerò’. Ovviamente mi rivolgerò al Csm, ma ritengo che lo farò anche in altre sedi. C’è poco da aggiungere, se non che questo è davvero un Paese alla rovescia”.

Foto © Giorgio Barbagallo

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