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firma-protocollo-antimafia-web00di Francesca Mondin - 19 novembre 2014
Nessuna assunzione, ancora attese per chi ha denunciato la mafia affidandosi allo Stato. Il forte segnale che era stato dato quest’estate con l’approvazione della norma sull'assunzione dei testimoni di giustizia o dei famigliari all'interno dell’amministrazione pubblica regionale siciliana rischia di perdersi nel labirinto della burocrazia. L'Associazione Nazionale Testimoni di Giustizia ha lanciato questa mattina un appello al viceministro degli Interni, Filippo Bubbico, chiedendo a gran voce che venga firmato quanto prima il protocollo d’intesa con la Regione Sicilia.
“Da settimane assistiamo a continui e ingiustificabili rinvii, da parte del Viminale, spiegabili forse solamente in una reale mancanza di volontà” dicono i protagonisti vittime di questi continui rallentamenti. “Da oltre un anno sono in vigore le nuove norme che prevedono l'assunzione nella pubblica amministrazione dei testimoni di giustizia” ha spiegato Davide Mattiello componente della Commissione Antimafia e della Commissione Giustizia, che ha raccolto l’appello dei testimoni di giustizia.

Queste “norme per diventare operative hanno bisogno di un decreto attuativo nazionale e di un protocollo specifico in relazione alla Regione Sicilia, che ha nel frattempo legiferato a sua volta. Entrambi i testi risultano pronti. Ma c'è sempre qualche motivo che all'ultimo ne blocca la pubblicazione". Infatti dopo più di due mesi di continui rimbalzi, approvazioni e rinvii due settimane fa circa, lo stesso viceministro Bubbico aveva affermato che: “Il decreto attuativo PA è pronto. Il Consiglio di Stato ha, infatti, espresso ieri parere favorevole sullo schema di regolamento”. Da allora però nessun’altra notizia. “Basta con i ritardi! – dice Ignazio Cutrò presidente dell’Associazione nazionale testimoni di giustizia - Siamo stufi di continui rinvii e di parole inutili, chiediamo che si proceda subito alla firma del protocollo di intesa e alla firma dei contratti di assunzione dei testimoni.”
Non è la prima volta che le promesse fatte ai testimoni di giustizia da parte delle Istituzioni e del viceministro dell’Interno cadono nel vuoto o subiscono eccessivi ritardi. Esemplare è il fatto avvenuto in pubblico durante la trasmissione di “La vita in diretta” ad aprile di quest’anno dove Bubbico aveva promesso che nel giro di alcune settimane avrebbe cercato di risolvere la situazione di Ignazio Cutrò. Il quale, dopo i vari tentativi falliti di ottenere le agevolazioni economiche spettanti ai testimoni di giustizia per legge, non riuscendo a mantenere la famiglia (non riceveva dallo stato nessun aiuto né per ricominciare a lavorare né per garantire beni di prima necessità, ndr), aveva deciso di lasciare l’Italia. Eppure sono passati oltre cinque mesi prima di assegnarli degli ausili economici. Altri due casi di lunghi ritardi da parte dello Stato sono il malfunzionamento del sistema di videosorveglianza, denunciato quasi un anno fa da Ignazio Cutrò e ancora inefficiente, e l’aumento della protezione di Valeria Grasso, concessa dopo oltre un mese dalle ultime pesanti intimidazioni subite. Ritardi che possono compromettere la vita di questi uomini e donne che hanno scelto di stare dalla parte della giustizia e denunciare la mafia.
A novembre scade anche il termine che si era dato Bubbico per la definizione della famosa Carta dei diritti. Documento creato dal lavoro della commissione ideata ad hoc dal viceministro con l’obiettivo di aggiornare e rendere eque le normative anche per i testimoni di giustizia che decidono di rimanere in loco.
Scadenze che troppo spesso non vengono rispettate, e intanto la situazione dei testimoni di giustizia rimane immobile e come spiega Mattiello che ha raccolto il grido dei testimoni di giustizia: “passano i mesi e crescono tensione e frustrazione”.

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